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VENOSA – La cosa certa è che il fascicolo di indagine è stato consegnato all’autorità giudiziaria. E molto presto potrebbero esserci degli sviluppi. Gli indagati sarebbero 8 (il condizionale in questi casi è d’obbligo), come 8 sarebbero le vittime. Prima una denuncia e poi un’attività investigativa da cui è  emerso un quadro a tinte assai fosche per un territorio come l’Alto Bradano. E dopo la presa di posizione forte del vicepresidente di Libera don Marcello Cozzi che parla senza mezzi termini di una città “divorata” dall’usura, la questione ritorna in tutta la sua drammaticità. Dunque l’operazione del luglio scorso dei militari della compagnia di Venosa guidata dal capitano Vincenzo Varriale, potrebbe avere presto dei risvolti. Dall’indagine dei carabinieri sarebbero emerse situazioni in cui soggetti (già individuati) prestavano denaro a tassi altissimi e, nel caso di mancato pagamento, potevano arrivare a intimidazioni anche violente nei confronti degli usurati. E il quadro da “cancro sociale” che ne viene fuori, è impietoso: un sottobosco che con operazioni di usura ha messo e sta mettendo in ginocchio diverse persone tra commercianti e titolari di aziende.  Non solo. La città di Orazio sarebbe una sorta di centrale operative con ramificazioni a Melfi, Lavello e nel cerignolano. Dall’attività di indagine, oltre ai “classici” cravattari, sarebbero emerse delle “anomalie” in alcuni istituti di credito della zona. Non è ancora chiaro il “grado” del loro coinvolgimento nella vicenda. Quello che è certo è che alcune banche sono state “attenzionate” dalle forze dell’ordine attraverso capillari perquisizioni nei mesi scorsi. Certo quello scoperto dai carabinieri potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Gli investigatori temono che il fenomeno sia molto più ampio di quanto emerso e che – forse – la paura di denunciare lo strozzino giochi ancora un ruolo predominante. Don Marcello Cozzi, sulla questione è intervenuto a gamba tesa. «Cosa succede a Venosa e dintorni? Quante altre persone subiscono in silenzio l’aggressione di questi criminali? Fortunatamente nell’ultimo anno l’azione repressiva dei carabinieri del posto è intervenuta in modo decisivo, ma quante zone d’ombra ancora ci sono? Ci rivolgiamo a chi subisce in silenzio e a quanti sanno ma non parlano: l’unico modo per ritrovare la libertà perduta è la denuncia. Non ci sono altre vie».  Speriamo che il suo appello venga recepito.
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VENOSA – La cosa certa è che il fascicolo di indagine è stato consegnato all’autorità giudiziaria. E molto presto potrebbero esserci degli sviluppi. Gli indagati sarebbero 8 (il condizionale in questi casi è d’obbligo), come 8 sarebbero le vittime. 

Prima una denuncia e poi un’attività investigativa da cui è  emerso un quadro a tinte assai fosche per un territorio come l’Alto Bradano. E dopo la presa di posizione forte del vicepresidente di Libera don Marcello Cozzi che parla senza mezzi termini di una città “divorata” dall’usura, la questione ritorna in tutta la sua drammaticità. Dunque l’operazione del luglio scorso dei militari della compagnia di Venosa guidata dal capitano Vincenzo Varriale, potrebbe avere presto dei risvolti. 

Dall’indagine dei carabinieri sarebbero emerse situazioni in cui soggetti (già individuati) prestavano denaro a tassi altissimi e, nel caso di mancato pagamento, potevano arrivare a intimidazioni anche violente nei confronti degli usurati. E il quadro da “cancro sociale” che ne viene fuori, è impietoso: un sottobosco che con operazioni di usura ha messo e sta mettendo in ginocchio diverse persone tra commercianti e titolari di aziende.  Non solo. 

La città di Orazio sarebbe una sorta di centrale operative con ramificazioni a Melfi, Lavello e nel cerignolano. 

Dall’attività di indagine, oltre ai “classici” cravattari, sarebbero emerse delle “anomalie” in alcuni istituti di credito della zona. Non è ancora chiaro il “grado” del loro coinvolgimento nella vicenda. Quello che è certo è che alcune banche sono state “attenzionate” dalle forze dell’ordine attraverso capillari perquisizioni nei mesi scorsi. Certo quello scoperto dai carabinieri potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Gli investigatori temono che il fenomeno sia molto più ampio di quanto emerso e che – forse – la paura di denunciare lo strozzino giochi ancora un ruolo predominante. Don Marcello Cozzi, sulla questione è intervenuto a gamba tesa. 

«Cosa succede a Venosa e dintorni? Quante altre persone subiscono in silenzio l’aggressione di questi criminali? Fortunatamente nell’ultimo anno l’azione repressiva dei carabinieri del posto è intervenuta in modo decisivo, ma quante zone d’ombra ancora ci sono? Ci rivolgiamo a chi subisce in silenzio e a quanti sanno ma non parlano: l’unico modo per ritrovare la libertà perduta è la denuncia. Non ci sono altre vie».  Speriamo che il suo appello venga recepito.

g.rosa@luedi.it

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