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REGGIO CALABRIA – Claudio Scajola, l’ex ministro coinvolto e poi scagionato nello scandalo della compravendita della casa con vista sul Colosseo, è di nuovo nei guai con la giustizia. Ma stavolta l’accusa che lo ha portato all’arresto è stata formulata sulla base delle indagini condotte dalla Dia, la Direzione investigativa antimafia, di Reggio Calabria e alla quale hannopartecipato anche i  Centri operativi e Sezioni Dia di Roma, Genova, Milano, Torino, Catania, Bologna Messina e Catanzaro.

Tra gli ordini d’arresto, oltre all’ex ministro, figurano quelli di personaggi legati al noto imprenditore reggino ed ex parlamentare Amedeo Matacena, pure colpito da un provvedimento restrittivo unitamente alla moglie Chiara Rizzo e alla madre Raffaella De Carolis. Matacena è latitante, a seguito di condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. E proprio l’aiuto che Scajola avrebbe offerto all’ex collega deputato durante la latitanza sarebbe al centro dell’inchiesta che ha fatto scattare gli arresti. Matacena è a Dubai e, secondo gli inquirenti, tentava di trasferirsi in Libano con il supporto dell’ex ministro. 

LEGGI IL PROFILO: MATACENA, L’UOMO CHE HA INGUAIATO SCAJOLA

La ricostruzione emersa dalle indagini svela che l’ex deputato di Forza Italia tentava di salvaguardare il suo patrimonio, sottoposto a sequestro, facendolo confluire in società fittizie, a cui capo c’erano suoi factotum. L’inchiesta è scaturita dal fascicolo che riguarda i fondi neri della Lega Nord. Da lì è stato possibile ricostruire la rete di contatti allestita dalla moglie di Matacena (LEGGI).

Sono state eseguite numerose perquisizioni in Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Lazio, Calabria e Sicilia, oltre a sequestri di società commerciali italiane, collegate a società estere, per un valore di circa 50 milioni di euro. 

ASSERVITO ALLA MOGLIE DI MATACENA – Secondo quanto scrive il giudice nell’ordinanza d’arresto, l’ex ministro era completamente «asservito» alle necessità di Chiara Rizzo, ex modella e moglie di Amedeo Matacena. Il 12 dicembre del 2013 Scajola chiama la Rizzo e la «conversazione riguarda lo spostamento – sostiene il Gip – di denaro da un conto corrente all’altro. Si denota l’asservimento totale dello Scajola alle necessità della Rizzo». Le foto allegate all’ordinanza documentano poi una serie di incontri tra i due in luoghi pubblici. E Scajola ha incontrato e parlato a lungo al telefono anche con Vincenzo Speziali jr, nipote e omonimo dell’ex presidente Sacal, che ha numerosi contatti in Libano e che risulta indagato nell’inchiesta (LEGGI L’ARTICOLO).

GUARDA LE FOTO: GLI INCONTRI CON CHIARA RIZZO E SPEZIALI

«Dal quadro  è emerso come ripetutamente Scajola sia in rapporto strettissimo con Matacena e la moglie per sostenerne la latitanza», ha spiegato in conferenza stampa De Raho. Claudio Scajola, ha aggiunto «era in contatto con un ministro o persona di vertice dello stato libanese». De Raho, sempre riferendosi a Scajola, ha espresso rammarico per il ruolo svolto nella vicenda «da una personalità che ha – ha detto – ricoperto incarichi così importanti a favore di una persona condannata per reati gravissimi». 

OTTO LE ORDINANZE D’ARRESTO – Scajola è stato arrestato a Roma, in un albergo. Otto in tutto i provvedimenti restrittivi, emessi dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, Olga Tarzia, su richiesta dei magistrati reggini guidati dal procuratore Federico Cafiero De Raho. Due arresti sono stati effettuati in Liguria dove sono state sottoposte al regime degli arresti domiciliari la segretaria dello stesso Scajola, Roberta Sacco, e quella di Matacena, Maria Grazia Fiordalisi. Arresti domiciliari anche per Raffaella De Carolis, suocera dell’imprenditore calabrese. Gli altri arrestati sono Martino Politi e Antonio Chillemi, accusati a vario titolo di essere dei prestanome di Matacena. 

Anche Giorgio e Cecilia Fanfani, figli di Amintore Fanfani, figurano tra le persone sottoposte a perquisizione nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arresto di Claudio Scajola. I due non sono indagati e vengono definiti, nel provvedimento della Dda, «soggetti di interesse investigativo risultati in contatto ed in rapporti anche di affari con gli indagati», insieme ad altre sette persone pure perquisite senza essere indagate. 

L’ASSOCIAZIONE SEGRETA – Scajola, le altre sette persone arrestate e Vincenzo Speziali sono indagate dalla Dda di Reggio Calabria anche per associazione per delinquere e associazione mafiosa. E’ quanto si evince dal decreto di perquisizione nel quale si afferma che in concorso «con ulteriori soggetti il cui ruolo è in corso di compiuta ricostruzione, prendono parte ad un’associazione per delinquere segreta collegata alla ‘ndrangheta dal rapporto di interrelazione biunivoca al fine di estendere le potenzialità operative del sodalizio mafioso in campo nazionale ed internazionale».

BERLUSCONI “ADDOLORATO” – «Non so per quali motivi sia stato arrestato, me ne spiaccio e ne sono addolorato», ha affermato Silvio Berlusconi di prima mattina nel corso di un’intervista a radio Capital (ASCOLTA), precisando che Scajola non è stato candidato in lista non perchè si avesse sentore di un arresto ma perché «avevamo commissionato un sondaggio su di lui che ci diceva che avremmo perso globalmente voti se lo avessimo candidato».

UN PASSATO AL VIMINALE E AL COPASIR – Scajola, ligure di Imperia, ha 66 anni ed è stato deputato del Pdl fino al 2013. Ora gravita nell’area di Forza Italia. Più volte esponente dei governi che vedevano Silvio Berlusconi come premier, è stato alla guida del Viminale, oltre a guidare il Copasir, l’organo di controllo dei servizi segreti, dal 2006 al 2008. Appena 4 giorni fa Claudio Toti, coordinatore politico di Forza Italia, aveva annunciato: «Scajola è un dirigente importante in Forza Italia, avrà un ruolo importante in futuro». Ma l’inchiesta di Regio Calabria, ora, ha scritto una storia diversa.

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