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VIBO VALENTIA – Il dipendente che timbra il cartellino e poi esce per motivi personali sarà licenziato in tronco: in questo caso, basta una sola assenza per chiudere il rapporto. Una volta accertato il fatto, l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari non ha alcun potere discrezionale, perché non si prevede nessuna circostanza “attentuante” in grado di ridurre la sanzione. 

Il codice disciplinare introdotto con la riforma del pubblico impiego dell’ex ministro Brunetta non si limita comunque al licenziamento dei dipendenti assenteisti, ma mette in campo una ricca serie di sanzioni di varia gravità a seconda dei fatti messi nel mirino.
E, alla luce di quanto recita la normativa, a rischiare adesso sono i 17 dipendenti in servizio presso l’Asp di Vibo accusati di truffa nei confronti dei quali il giudice per le indagini preliminari Fabio Regolo ha fissato il procedimento penale in accoglimento della richiesta di immediato presentata dal pubblico ministero, Vittorio Gallucci. Diciassette persone, tra dirigenti e dipendenti, in servizio presso la struttura sanitaria di Pizzo e sospesi 24 ore dopo l’operazione “Asp-etta” condotta dai carabinieri, dal dg dell’Asp Florindo Antoniozzi. Il procedimento penale, però, è stato fissato in una data non prossima. La prima udienza è prevista, infatti, per il 2 febbraio del prossimo anno davanti al Tribunale monocratico.
L’inchiesta, il cui blitz avvenne la mattina dello scorso 24 aprile, nasce da una serie di informazioni confidenziali ai carabinieri della Stazione di Pizzo che hanno così notiziato il pm Vittorio Gallucci il quale ha aperto un fascicolo d’indagine sulle presunte situazioni di assenteismo nel centro servizi “Santa Maria”, nella città di Murat. Era stata, dunque, avviata un’attività di monitoraggio con telecamere nascoste installate all’esterno e nei locali della struttura nonché sulla macchinetta marcatempo. E nel periodo di monitoraggio, dall’1 giugno al 3 ottobre 2012, i carabinieri «hanno rilevato due diverse tipologie di condotta penalmente rilevanti».
Da un lato, infatti, era emerso come un «considerevole numero di dipendenti, dopo aver regolarmente timbrato l’entrata, era solito allontanarsi temporaneamente dal luogo di lavoro senza timbrare il cartellino in uscita e senza, conseguentemente, registrare il rientro»; dall’altro lato un numero più limitato, «in diverse occasioni, si scambiava i i badge personali marcandoli vicendevolmente a seconda dell’esigenza, facendo così apparire come presenti dipendenti in realtà assenti dagli uffici».
Di questa inchiesta il gip Regolo commentava nella sua ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari: «Un’Asp la cui gestione è improntata alla navigazione a vista e i cui settori, quantomeno alcuni, si reggono solo grazie alla volontà dei singoli che cercano di fare fronte alle carenze di sistema».

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