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LA foto – ma solo al momento – è di archivio, di quelle che girano in rete, ma non racconta un pezzo di storia locale. «Accidenti, che peccato, è che ancora non ne abbiamo sotto mano», racconta Antonietta. Ma presto, ne sono sicure, fotografie, manifesti, giornali, potrebbero ammassarsi in bottega, a Potenza, e piano piano far tornare i racconti di una storia recente, quella del collettivo femminista potentino, che di battaglie ne ha fatte a decine.
Per non perdere la storia, per recuperare la memoria e anche il gusto della consapevolezza, Antonietta, Anna e le altre amiche della Bottega Equomondo di via Angilla Vecchia hanno deciso di lanciare una campagna di raccolta.
«Parliamo degli anni Settanta», dicono lanciando una call su Facebook (la pagina della Bottega Equomondo è aggiornata costantemente con le iniziativa del gruppo).
«Riappropriamoci della storia e facciamo conoscere le esperienze dei vari movimenti che in quegli anni ci sono stati nella nostra città». L’idea è quella di far conoscere a chi non c’era la storia del «mitico» collettivo femminista di Potenza. La sede era in vicolo Fratelli Assisi, in pieno centro storico. Spazio in affitto, presto diventato una struttura larga, accogliente, organizzata. Decine di ragazze, studentesse la maggior parte, lavoratrici altre. Dall’aborto ai servizi di assistenza, tantissime le campagne organizzate.
«Chiediamo a tutte quelle persone che hanno fatto parte del collettivo o semplicemente lo hanno conosciuto, hanno partecipato a iniziative, cortei, manifestazioni varie, di cercare nei propri cassetti dei ricordi e tirare fuori fotografie, volantini, giornali, testi teatrali».
L’obiettivo è provare ad allestire in bottega una mostra, magari in occasione del prossimo 8 marzo.
Per adesso alla Bottega Equomondo sono pronte a raccogliere ogni piccolo ricordo. Basta recarsi in sede, in via Angilla Vecchia, tutti i giorni dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 18 alle 20.30.
«Abbiamo vissuto alcuni dei momenti più emozionanti della storia ribelle, la storia del movimento femminista e pensiamo che sia nostro dovere e anche nostro diritto – aggiungono – far conoscere alle nuove generazioni quello che avveniva in quegli anni e far conoscere le tante esperienze collettive ed individuali che hanno cercato di trasformare il corso degli eventi e che comunque molto hanno ottenuto».

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