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“FUORI LA CULTURA dalla politica”. Un titolo così, in prima pagina sul Quotidiano dello scorso 20 marzo, non poteva che lasciare basiti e far pensare piuttosto ad un refuso, ad una involontaria inversione di parole in una frase che magari, assai più opportunamente, sarebbe stata “fuori la politica dalla cultura”.
E invece, a leggere la benevolentissima intervista di Saro Zappacosta all’assessore De Francesco ( ma le interviste non dovrebbero servire anche a far emergere le contraddizioni?), si evidenzia che in quel “fuori la cultura” ci sta esattamente la summa del pensiero politico di chi finora non può contare altro che “duecento bambini delle scuole primarie e secondarie” più un “famoso” matrimonio privato nella Sala degli Specchi come numeri della propria azione in favore della cultura cittadina.
Il che non può meravigliare più di tanto dal momento che in questa giunta di altissimo profilo, che era nei sogni mai sognati del Sindaco De Luca, non si capisce bene cosa ci faccia la De Francesco, spada di Damocle più che spina nel fianco del più celebrato “uomo per bene” degli ultimi dieci mesi che, se veramente è tale (e non lo mettiamo in dubbio) almeno in cuor suo sarà pur costretto a riconoscere che il “ricatto” politico spesso fa fare gli incubi anche a chi preferirebbe non essersi addormentato mai.
Ciò che afferma la De Francesco è esattamente agli antipodi con quanto sottoscritto nella Dichiarazione di Firenze del 4 ottobre 2014 durante il Forum Mondiale Unesco per la Cultura all’interno del quale si rifletteva “su strategie efficaci di cambiamento affinché la cultura sia posta al centro delle future politiche per lo sviluppo sostenibile”.
In detta dichiarazione si evidenzia la necessità di trasformare la cultura in una priorità dell’agenda politica e si fa riferimento a strumenti normativi internazionali e ad incontri e dichiarazioni di alto profilo mondiale e si sottoscrivono una serie di principi guida tra cui spicca al primo posto “La piena integrazione della cultura nelle politiche e strategie di sviluppo sostenibile a livello internazionale, regionale, nazionale e locale”.
E invece la De Francesco è convinta più che mai che la cultura non debba avere niente a che fare con le istituzioni e che sono i cittadini a decidere “cosa è cultura e cosa non lo è”, sdoganando in sostanza un parametro ( anche questo di altissimo profilo!!!) che premierebbe le barzellette di Totti più che la Divina Commedia, “Uomini e donne” più del teatro d’autore, la sagra del pisello giallo di chissà dove più che un museo di scienze naturali.
Ma tant’è; ognuno ha i suoi parametri e ognuno ha i suoi recinti, il che è assai evidente dalla menzione speciale riservata dall’Assessore ad associazioni marcatamente destrogire che a suo dire sembrano in questi anni aver salvato identità, tradizione e festa di questa città, magari partecipando a quella che oggi si insinua (mentre sarebbe bene dare dati, numeri e fatti, sempre che ci siano davvero) sia stata una sfilata di “scandali” turchi.
D’altro canto, se non ci fosse un recinto privato anche per lei, la De Francesco non avrebbe smantellato materialmente e moralmente quanto fatto dalle precedenti amministrazioni (alle quali una benché minima onestà intellettuale tributerebbe un riconoscimento almeno per quanto realizzato per la crescita culturale della comunità) preferendo trasformare Galleria civica e Cappella dei Celestini, gioielli della città, in fungaie e cucine di corte in cui far spadellare ( ma la politica non doveva essere fuori?) sindaci e consiglieri in toque blanche.
Insomma, sarà pure “la donna delle due civiltà storiche”, ma in rapporto alle politiche culturali l’assessore non pare andare oltre la preistoria; avventurosa –dicono- ed impegnata certo; impegnata più a distruggere il passato che a costruire il futuro. E allora “fuori la cultura”, con tutto l’assessore però!

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