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“IL nome del figlio”, oggi in uscita nelle sale cinematografiche, è un film attesissimo: un po’ perché rappresenta il grande ritorno dietro la cinepresa di Francesca Archibugi, un po’ perché a mettere parte di sé in questo lavoro è uno come Paolo Virzì (come produttore) e poi c’è un cast stellare tra cui Luigi Lo Cascio, Alessandro Gassman, Michaela Ramazzotti, Valeria Golino e il lucanissimo Rocco Papaleo nella parte di Claudio. Quest’ultimo prima dell’uscita de “Il nome del figlio” nelle sale – con la sua consueta gentilezza- risponde ad alcune domande per il Quotidiano del sud.

Rocco, questo è il film del ritorno alla cinepresa di Francesca Archibugi dopo circa sei anni. Che tipo di regista è e quale è stato il suo rapporto con voi attori?

«E’ una regista che ha un tono. La sua capacità negli anni è stata proprio quella di riuscire a coniugare la leggerezza con la profondità. La grande forza di questo film è la capacità di Francesca di portare gli attori ad una performance alta. Ognuno al suo meglio. Abbiamo fatto tre settimane di prove nel posto dove si andava a girare, cosa che non succede mai nel cinema quindi eravamo tutti molto preparati per affrontarlo».

Nel film sei Claudio, è un musicista, quindi- immagino- si avvicina molto al tuo modo di vivere. Che sfaccettatura di te vedremo nel film?

«E’ un personaggio non da commedia spinta, ma più trattenuto e credibile, senza i toni della commedia più farsesca. Un personaggio che mi ha interessato molto fare senza togliere alle cose più pirotecniche degli altri film, questo è un personaggio minimale, sempre divertente, con umanità e tenerezza».

A rendere da giovane il tuo personaggio sono due ragazzi lucani – Michele e Domenico -selezionati proprio in Basilicata. E’ stato un nuovo tuo omaggio alla Basilicata?

«Non sono io che faccio omaggi. Fa parte di una simpatia che la Basilicata continua ad emanare: è un posto che continua ad essere originale, quindi anche i registi che mi usano non si lasciano scappare questa possibilità, quella di inserire una nota così particolare nelle loro opere. Me la chiedono proprio un po’ di lucanità o nell’accento o nelle storie che il personaggio ha. Francesca ha deciso di fare i casting in Basilicata. Ovviamente non ho fatto scene insieme ai due ragazzi, ma li ho conosciuti nelle prove. Mi sembra che siano stati molto bravi».

Quelli del film sono personaggi che hanno un po’ rinnegato il loro passato e i sogni che avevano da bambini. Quanto ti senti cambiato nei sogni e nelle ambizioni da quando eri un giovane di Lauria? Nelle cene tra vecchi amici come è in realtà Rocco Papaleo?

«Io nella vita nelle cene sono uno che ascolta, non sono uno showman nella vita. Ho avuto la fortuna di restare molto ancorato, sia dal punto di vista formale- il modo in cui parlo non l’ho mai pulito completamente- sia come carattere. Sono rimasto un po’ il ragazzo lucano che arriva nella città, con il suo punto di vista, la sua timidezza e una buona dose di ingenuità».

Rocco quasi in conclusione , che consiglio ti senti di dare ad Arisa visto che presenterà Sanremo? Ci sarà -la prima sera – anche l’omaggio a Mango. Come secondo te andrebbe omaggiato?

«Arisa arriva a Sanremo dopo averlo vinto, con una credenziale molto più alta della mia. Lei è arrivata dove è arrivata esprimendo la sua particolarità, non posso che consigliarle di essere se stessa e sarà grande. Arisa, per quello che ho percepito, io è molto legata alla Basilicata, credo sia la sua componente nascosta più efficace. Mango va tributato con gli onori che merita. Quando un artista ha fatto le cose che ha fatto lui, non ti lascia mai, le sue canzoni e la sua musica continueranno a vivere e insieme a queste vivrà anche lui».

Concludiamo. Cosa è per te la Bellezza?

«La Bellezza è una sensazione che ti riempie e ti pacifica».

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