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Uno dei primi atti del neo governatore è stato quello di eliminare il quotidiano istituzionale Basilicata mezzogiorno che comprava pagine dai quotidiani che sono sul mercato lucano. La scelta ha ricevuto notevole consenso. Spesa inutile, hanno sostenuto in molti. 

In maniera più o meno diretta la discussione è stata accompagnata da un pensiero sottinteso: era un modo per finanziare (e dunque comprare) i giornali. Uno dei primi annunci che Pittella ha fatto all’indomani della sua nomina, l’impegno per una legge sull’editoria, viene commentato come una nuova forma di acquisizione di consenso da parte dei giornali.

 

La considerazione che fanno in molti è quella sintetizzata da questo tweet dell’ex consigliere Navazio.

 

Questo assunto si unisce alla diffusione convinzione che l’Italia sprechi soldi per finanziare i giornali e che, un sistema di sostegno all’industria editoriale finisca con limitare l’autonomia professionale di chi in quell’industria lavora. In pratica sostenere i giornali significa comprarsi i giornalisti.

 

 

Due spunti di discussione. Quest’interessante post di Matteo Bertocci che spiega la situazione in Europa.

Ma è utile partire dalla relazione del sottosegretario all’editoria Giovanni Legnini. La sintetizzo in alcuni punti per facilitare la lettura integrale che trovi qui 

1)Si riducono le vendite ma non si riducono i lettori; anzi, la propensione alla lettura sembra accrescersi. Semmai, vi è una tendenza sempre più diffusa, non so quanto indotta anche dalla crisi – anche un euro ha il suo peso nella vita di molte persone – al fatto che vi siano più lettori per lo stesso quotidiano o per lo stesso periodico, in altre parole la tendenza al passaggio di mano del prodotto editoriale.

2) Una delle cose che dovremmo sforzarci di fare tutti è tentare di superare qualche convincimento errato, qualche luogo comune fortemente radicato. Per esempio, i cittadini italiani sono convinti che tutti i giornali, tutti i quotidiani, tutti i periodici usufruiscono di denaro pubblico. Questo non è vero.

3) Altro luogo comune è che l’Italia sia molto generosa con la stampa e con l’editoria. Non è vero nemmeno questo. Negli altri Paesi europei la contribuzione pubblica in favore dell’editoria è, in taluni casi, di molto superiore a quella italiana.

4) Giornali di carta: c’è il problema molto serio del segmento della distribuzione, che in molti territori agisce in un regime di sostanziale monopolio: il distributore decide dove consegnare i quotidiani e a che ora. Ciò ha determinato e sta determinando, nei piccoli comuni, la chiusura di molte edicole, anche per effetto di un eccesso di costi per la distribuzione. Rischiamo che in centinaia o migliaia di piccoli comuni non arrivino più i quotidiani se non individuiamo una soluzione a questo problema.

5) L’innovazione digitale: non esiste un sistema normativo di accompagnamento alla trasformazione del sistema industriale. Le aziende editoriali chiedono un intervento al pari di qualunque altra azienda.

Infine l’autonomia intellettuale di un professionista. Questo è il tema più delicato che parte dagli editori.

Si potrebbe partire anche in Basilciata dalla posizione antitrust di Franco Abruzzo: chi ha interessi imprenditoriali in altri settori non può possedere giornali. È il vero male italiano. Il conflitto d’interessi. Ne discuteremo.

Sull’autonomia intellettuale utile leggere il post di Luca de Biase che segnala Sara Lorusso.

 


Su queste basi sono pronta a una discussione su una necessaria legge per l’editoria anche in Basilicata.

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