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POTENZA – L’inquinamento da diossina e idrocarburi rilevato tra il 15 e il 16 febbraio «in prossimità delle aperture del capannone poste sopra l’area di colata» dimostra che il sistema dei captazionie dei fumi dell’impianto va potenziato, che le stesse aperture vanno «chiuse mediate l’installazione e l’impiego di porte mobili».

E’ quanto sostiene il gip di Potenza Amerigo Palma che ieri mattina ha disposto il sequestro preventivo della Siderpotenza, lo storico stabilimento del capoluogo acquistato nel 2002 dal Ferriere Nord srpa, del gruppo friulano della famiglia Pittini.

Sequestro e spegnimento dell’impianto, incluso il forno elettrico ad arco che è il cuore pulsante della fabbrica: un’operazione complessa affidata a una squadra di tecnici per cui sono state necessarie diverse ore, e si è conclusa soltanto in serata.

A chiedere lo stop della produzione, fino a quando non verranno adottate alcune prescrizioni a tutela della sicurezza di lavoratori e ambiente circostante, è stato il pm Francesco Basentini che ha ereditato il fascicolo dal pm Sergio Marotta.

Sul registro degli indagati ci sono almeno due persone: Marco Minnini, responsabile dello stabilimento potentino e Federico Pittini, rappresentante legale della proprietà.

Per loro l’accusa è di «getto pericoloso di cose» e di violazione dei limiti di emissione autorizzati: due reati contravvenzionali puniti al massimo con l’arresto «fino a un anno».

Poi c’è la stessa Ferriere Nord spa, intesa come persona giuridica «poiché otteneva un vantaggi econimici o comunque vantaggi» dalla mancata adozione di alcune precauzioni per evitare la diffusione di veleni nell’aria.

L’inchiesta partita nel 2012 sulla base delle segnalazioni di alcuni cittadini è arrivata a una svolta il mese scorso quando è stata depositata la consulenza tecnica disposta dal pm per «accertare l’effettivo rispetto(…) delle prescrizioni contenute nella normativa e nel provvedimento autorizzativo regionale» e di riscontrare «l’eventuale diffusione di emissioni nocive per l’ambiente e/o per la salute umana in proporzioni e quantità non ammissibili».

Secondo i tre consulenti incaricati, tra cui un chimico che nel 2008 aveva già lavorato sul caso Ilva, sarebbe accertata la presenza di diossina e furani «nelle emissioni diffuse prodotte dallo stabilimento, ossia in quelle non convogliate (nei camini) ma prodotte ed appunto “diffuse” nell’ambiente interno ed esterno dalle attività e dai processi di lavorazione della fabbrica».

In più a febbraio, durante un’ispezione nell’impianto, sarebbe emersa la presenza di diossina nei fumi che fuoriscono «dalle aperture del capannone poste sopra l’area di colata» in quantità superiore del 74% alle soglie di emissioni consentite. «Oltre» a una discreta quantità di idrocarburi aromatici, temuti per il loro potere cancerogeno. E alla presenza di «inquinanti» vari, pericolosi per la salute umana, «sulle diverse matrici ambientali (aria, suolo e bioindicatori vegetali) prelevati nelle aree circostanti lo stabilimento».

Elementi che dimostrerebbero «l’insufficiente capacità di captazione degli inquinanti contenuti nelle emissioni diffuse dall’interno dei capannoni».

In sostanza la cappa da 6 milioni di euro installata la scorsa estate, se è riuscita a risolvere il problema delle emissioni dai camini  sarebbe ancora «assolutamente insufficiente e quindi da implementare» per «eliminare e/o minimizzare» la presenza di veleni in quelle “non convogliate”.

Ecco perché anche il gip considera «assolutamente necessario» che l’azienda «effettui uno studio di previsione sulla dispersione in atmosfera dei contaminanti e successivamente implementi adeguatamente le misure di contenimento adottate ovvero ne realizzi di nuove». In concreto: installi delle «porte mobili» a chiusura dei “lucernari” del sottotetto nel lato sud- sud ovest, direzione che coincide col quartiere di Bucaletto.

Fino ad allora per il gip non c’è altra soluzione che il sequestro e lo spegnimento del forno, dato che il fenomeno non è destinato a «sparire da solo in breve tempo» bensì «ad aumentare in maniera progressiva».      

l.amato@luedi.it

 

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