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POTENZA – «A pochi chilometri dalle nostre case, quasi nascosti alla vista, sparsi nelle campagne. Centinaia di migranti costretti a condizioni di vita disumane: senza acqua, privi di servizi, senza energia elettrica, in casali diroccati e pericolanti dei primi anni del novecento, abbandonati da tutti e sfruttati sotto gli occhi di tutti per le coltivazioni agricole. Nell’indifferenza generale, trattati peggio degli animali, in una società sempre più ingiusta. Privi di diritti, costretti ad ogni umiliazione, consumati dalle violenze di ogni giorno, taglieggiati dai loro stessi conterranei. Occorre fare qualcosa, non possiamo girarci dall’altra parte. Se puoi, facci avere cibi a lunga conservazione ed indumenti maschili per l’estate: non hanno nulla e serve davvero tutto».

Partiamo da qui: dall’appello breve ma durissimo della parrocchia di Santa Maria del Sepolcro di Potenza su quanto accade ogni anno nelle campagne di Boreano, la città fantasma, dalle case svuotate e sventrate, dove vivono i migranti impegnati nella raccolta dei pomodori che arriveranno sulle nostre tavole. E arrivano in quelle campagne coltivando un desiderio: quello di lavorare. Ma il lavoro da queste parti vuol dire questo: vivere in condizioni disumane, essere pagato un pugno di monete e combattere con gli stessi connazionali che per qualche dollaro in più hanno scelto la strada dei carnefici e del caporalato. E ancora una volta la Caritas, il mondo dell’attivismo e del volontariato, chiama all’appello l’intera Basilicata affinché si possa quantomeno consegnare un barlume di dignità a chi nei campi ci lavora per mesi.

Lo scenario è oscuro e parla anche di prostituzione per pochi soldi, perché quelli che si raccolgono con il pomodoro non bastano a sopravvivere in una terra ostile come il nostro Paese. E la questione è la stessa ogni anno, una situazione che si può osservare con i propri occhi semplicemente recandosi lì. Perché Boreano è la coscienza sporca della Basilicata, quella parte di regione che ha scelto di voltarsi dall’altra parte, destinando a uomini e donne condizioni igieniche nulle e una vita di stenti. Non è un’esagerazione: questa è la piccola Rosarno della lucania. E Rosarno ha insegnato che anche i lavoratori al limite dello sfruttamento hanno una dignità da difendere dagli aguzzini fin troppo spesso legati a doppio filo con l’imprenditoria oscura della Calabria. Anche Boreano è una potenziale polveriera, perché in queste condizioni non è poi così lontana dalla realtà. D’altra parte è inutile giocare su aspetti para-xenofobi o completamente tali: molti di loro, così come testimoniato anche nel video creato per la “Campagna per i diritti, contro la xenofobia per le europee” creata dall’Associazione 21 luglio, Lunaria, Antigone e ASGI, in Italia ci vivono da anni. E i ragazzi del progetto Boreano, che da anni si occupa di corsi di alfabetizzazione e sostegno tout court, lo sanno bene. Ma c’è un altro video che da ieri sta circolando in rete: gli autori sono sempre quelli della parrocchia di Santa Maria del Sepolcro. Il video è una raccolta di fotografie (alcune pubblicate in questa pagina) che raccontano gli aspetti quotidiani della vita dei migranti tra le campagne dell’oro rosso di Basilicata. E in questa piccola Rosarno c’è chi per tutto il periodo di raccolta porta generi alimentari, indumenti, detersivi, saponi mentre si cuoce su piccoli fuochi di legna e tenuti sotto controllo da mucchi di pietre.

Ma mangiare spesso non è così facile, in alcuni casi si è arrivati anche a triturare le ossa dei maiali, l’unico modo per poter rispettare il precetto islamico che vieta di mangiare carne di maiale. E mentre la Regione sta per licenziare il nuovo Ddl sull’immigrazione la domanda sorge spontanea: tutto quello che si fa a sostegno dei migranti ha un costo? Certo. Il report del 2013 della Caritas diocesana di Melfi, Rapolla e Venosa lo dice nero su bianco: dal 5 giugno 2013 al 27 ottobre del 2013 sono stati consegnati 10mila 260 sacchetti di viveri del costo di otto euro l’uno. In totale parliamo di circa 82mila euro di spese. E poi c’è l’ospitalità: dei cittadini, delle parrocchie e dei volontari, la logistica, come la messa a punto delel cisterne d’acqua e delle docce da campo installate tra le campagne arse dal sole.

Anche questo ha un costo. Nel report della Caritas c’è scritto tutto, persino cosa c’è in quei sacchetti consegnati ai migranti, in quali giorni e in che quantità. Una spesa tutto sommato non ingente che fa sorgere automaticamente un’altra domanda: ma che cosa si è fatto con quel milione e ottocentomila euro che la Provincia di Potenza ha stanziato per l’accoglienza dei migranti?

Ne sono stati ospitati 35 su centinaia di migranti che continuano a popolare le terre del pomodoro. Praticamente il costo per ogni lavoratore era di 50mila euro circa. Una spesa enorme e alquanto irreale viste le cifre del volontariato rilasciate dalla Caritas nel suo report. Per giunta quei 35 fortunati non sono stati ospitate neanche per tutto l’anno, ma solo una manciata di mesi. E allora dov’è lo spreco? Dove vanno a finire quei soldi? Perché non vengono investiti per migliorare le condizioni e i controlli direttamente sul luogo? Ancora una volta, in questa estate 2014 alle porte c’è chi farà i conti con questa realtà e ancora una volta ci sarà bisogno di tutti per sostenere spese ed iniziative a sostegno dei migranti di Boreano. Perché questa non è solo una battaglia di civiltà, è anche uno dei poche possibilità per lavare almeno una parte di quella coscienza che da Rosarno a Boreano, passando per la Puglia e la Campania e attraversando le terre joniche delle arance di Corigliano, continua a soffocare le speranze e la voglia di vivere di centinaia di persone che rivendicano il diritto di essere tutelati, giorno per giorno, anche e soprattutto quando si tratta di smuovere la terra e consegnarci i suoi frutti.

v.panettieri@luedi.it

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