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ROMA – «Per me Nicò puoi diventà pure presidente della Repubblica, per me sei sempre il portiere mio». Parlava così Gennaro Mokbel al futuro senatore Nicola Di Girolamo. E giù insulti e minacce al candidato del Pdl alle elezioni del 2008, come da intercettazioni telefoniche.

Politica, affari, servizi segreti, estrema destra, mafia: Mokbel è una specie di crocevia degli ambienti più chiacchierati o pericolosi d’Italia. A capo di una banda, secondo diverse procure, di cui era parte come tesoriere di fiducia Silvio Fanella, ucciso oggi a Roma. Un gruppo che si è mosso per anni a tutti i livelli. 

Temuto per i suoi contatti con boss come Carmine Fasciani, signore del litorale romano, e superpregiudicati come Massimo Carminati, Mokbel è un imprenditore di 53 anni con un passato nell’estrema destra, anche se nega di essere stato fascista. Imputato o condannato per numerosi reati, l’ultima volta nell’ottobre 2013 a 15 anni in primo grado per la maxi-truffa da due miliardi di euro ai danni di Fastweb-Telecom Sparkle, della quale é stato considerato l’organizzatore.

Mokbel non è in carcere per gravi motivi di salute, ma ha l’obbligo di dimora. Nello stesso processo Fanella aveva avuto 9 anni. Mokbel è stato tirato in ballo nei mesi scorsi perfino come sospetto regista della fuga di Marcello Dell’Utri in Libano, ruolo da lui smentito in una delle sue rare interviste. E’ un faccendiere che avrebbe creato negli anni una rete capace di dialogare con istituzioni, grandi aziende, criminalità organizzata ed eversione nera.

Ora che uno degli uomini più vicini a Mokbel è stato freddato in casa in un quartiere bene di Roma, si torna a indagare negli affari della banda alla ricerca di un possibile movente.  Origini egiziane ma nato a Roma, al quartiere Nomentano, Mokbel e il suo gruppo sono finiti nelle cronache soprattutto per la truffa da due miliardi a Fastweb e Telecom Italia Sparkle. Processati assieme al fondatore e al top manager delle aziende, Silvio Scaglia e Stefano Mazzitelli, poi assolti dalle accuse di associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata finalizzata al riciclaggio. Fanella, guidato da Mokbel, ha «organizzato, diretto e controllato assieme ad altri il materiale trasferimento delle somme indebitamente sottratte all’erario – si legge nell’atto d’accusa – e il relativo reinvestimento in attività lecite ed illecite».

Immobili, preziosi, negozi e altri beni. La banda Mokbel avrebbe costituito società in Stati inseriti nelle liste nere internazionali, inviato propri emissari all’estero, dato  assistenza alle famiglie di chi espatriava. Quasi come un clan.  Mokbel e i suoi però erano venuti fuori anche nello scandalo dell’elezione all’estero del senatore Di Girolamo, secondo l’accusa grazie ai voti della ‘ndrangheta e con una falsa residenza a Bruxelles. All’epoca, nel 2008, si parlò anche di un suo ruolo nella campagna elettorale per il Campidoglio di Gianni Alemanno, attraverso uomini vicini al candidato come Stefano Andrini.

La politica è una passione di Mokbel. Dopo i contatti giovanili con il terrorista nero Giusva Fioravanti – che si vanterà poi di aver aiutato pagandone la difesa – e ancora più indietro una rivendicata militanza a sinistra, Mokbel ha anche fondato l’Alleanza federalista, sigla di destra senza fortuna. Ma il suo forte resta il business lecito e illecito. E in questo magma potrebbe essere scaturito l’omicidio del suo “pupillo”. 

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