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MATERA – La via d’uscita si chiama Distretto della chimica verde. E’ questo, secondo i rappresentanti delle sigle di categoria di Cgil, Cisl e Uil, il grimaldello per evitare la morte della Valbasento e riprendere le fila di un’area in cui la reindustrializzazione deve  passare necessariamente dalla fase dalla bonifica.

Concentrarsi su un caso specifico con «Attacchi spropositati a Tecnoparco – come ha sostenuto il segretario generale della Uil, Franco Coppola, non serve a molto. Fondamentale, invece, è procedere ad un monitoraggio attento e preciso che tenga conto anche di esperienze fallimentari come la ex Materit o la Mythen le cui conseguenze sul territorio si pagano ancora oggi.

Angelo Vaccaro, Giuseppe Amatulli, Franco Coppola, Francesco Laviero hanno spiegato ieri in una conferenza stampa le ragioni dell’azione congiunta dei sindacati e chiesto al più presto un incontro con il presidente della Regione. Il rischio concreto è che i ritardi nel secondo cronoprogramma (il primo mai attuato  prevedeva l’affidamento degli appalti entro il 31  dicembre 2013 per l attuazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del SIN Valbasento) approvato il 7 marzo scorso, resti lettera morta. In ballo ci sono 42 milioni di euro messi a disposizione dal Cipe. Un treno che non si può perdere sia nella concezione più ampia della riqualificazione ambientale dell’area industriale della Valbasento che in quella, più concreta, delle opportunità di lavoro che queste attività garantirebbero.

Alle spalle ci sono 57 anni di storia, nata con l’arrivo dell’Eni di Enrico Mattei, la promessa dorata di un’area fino a quel momento sconosciuta al resto d’Italia. In mezzo, ci sono industrie che hanno attinto a piene mani, abbandonando il territorio dopo averne abusato.

Oggi la parola d’ordine è quella richiamata da Angelo Vaccaro: «Tutte le istituzioni devono parlare la stessa lingua». Nessuno può più permettersi percorsi autonomi, a cominciare da Regione e Consorzi industriali, chiamati ognuno a fare la propria parte. La strada è quella che passa dalla bonifica e messa in sicurezza. Solo così l’ipotesi di nuovi investimenti può diventare realtà. Bisogna, però, fare i conti col passato e, come spiega Angelo Amatulli, segretario generale della Cisl di Matera:«Bisogna individuare colpe e responsabilità. Bisogna riportare il tema della Valbasento agli impegni già presi della Regione con la conferenza di servizio che si svolse un paio di anni fa a Potenza. Tutti i soggetti imprenditoriali confermarono di voler investire». Un documento congiunto che porta la firma anche delle sigle di categoria, Filctem, Femca e Uiltec, individua in pochi punti le priorità, a cominciare da quelle ambientali, condicio sine qua non per procedere con progetti e operatività. «La Valbasento è un sito fra i più adeguati per investire – ha aggiunto Coppola – ma servono il monitoraggio e la bonifica ambientale». Francesco Laviero, infatti ha ricordato aree come quelle in cui sorgevano la ex Materit e la Mythem vere e proprie bombe inquinanti su cui  bisogna intervenire. Diventa, dunque, fondamentale che i dati epidemiologici su cittadini e lavoratori diventino la cartina di tornasole di un fenomeno a lungo ignorato eo sotovalutato.

«Il primo studio epidemiologico dei Sin  –  siti di interesse nazionale – (dati 1995-2002), è costituito dal Progetto Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), finanziato nell’ambito del Programma Strategico Ambiente e Salute e condotto in collaborazione, fra gli altri, con ’Istituto Superiore della Sanità, con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e con l’ Università “La Sapienza” di Roma.

Nelle conclusioni dello studio – si legge nel documento congiunto – si rileva che i 44 Sin rappresentano le zone a maggior rischio di contrazione di talune patologie tumorali  in Italia, tra questi la Valle del Basento. Ci mobiliteremo – si legge ancora – affinchè la realizzazione degli interventi di bonifica si traduca in immediate occasioni di lavoro qualificato e, al contempo, costituiscano le basi per promuovere quella “green economy”, che, da sola, tende a coniugare ambiente, salute, sviluppo industriale e buona occupazione». La palla passa alla Regione Basilicata.

a.ciervo@luedi.it

 

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