X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

NELLA chiesa Madre, mentre veniva celebrata la messa ieri mattina, gli occhi di molti dei presenti erano teneramente puntati sui due figli del cantautore: Filippo il più grande, che era con lui sul palco l’altra sera a Policoro per presentare un concerto di beneficenza, e la più piccola Angelina, che aspettava il suo papà dietro le quinte del PalaErcole insieme alla mamma Laura Valente, cantante dei Matia Bazar. Entrambi erano comprensibilmente e visibilmente straziati, e i loro volti segnati dallo sconcerto rappresentavano la cifra della tristezza e dello sgomento che ha colpito un’intera comunità, privata del suo figlio più illustre, di un’anima gentile, di una voce melodiosa e inconfondibile. Irripetibile. Eppure la compostezza mostrata durante tutta la cerimonia e accompagnando la bara all’uscita, stretti tra le braccia della madre, ha commosso tutti più delle loro lacrime, quasi celate agli sguardi altrui. Al termine dell’omelia Filippo è riuscito a dire soltanto «mio padre era una grande persona» e poi è scoppiato in un pianto singhiozzante che provocava una stretta al cuore, mentre Angelina con una forza d’animo sorprendente per la sua giovanissima età ha promesso di voler «continuare i tanti progetti che avevamo immaginato e sognato di fare insieme con papà». Le parole della moglie Laura invece hanno riecheggiato nelle volte della concattedrale come un colpo secco di grancassa: «Pino era un uomo libero – ha detto – e questa era sicuramente la sua qualità più grande; devo chiedergli scusa se qualche volta, sbagliando, l’ho coinvolto in esperienze che non gli appartenevano e che non sono finite bene, come schierarsi in politica. Era religioso sì, ma viveva anche questo sentimento in maniera particolare, emancipata: la sua canzone preferita, quella che, contrariamente alle gerarchie ecclesiastiche avrebbe voluto si suonasse anche in chiesa, era “Imagine” di John Lennon. Grazie a tutti, perché con l’affetto che ci state dimostrando, ci state dando la forza di rimanere in piedi». Quella forza che viene dalla convinzione che “non moriremo mai” come cantava il marito, che Laura – la compagna di una vita – ha accompagnato nel corteo funebre con una fierezza in volto che rimandava alla mente quella della madre di Cecilia, immortalata da Alessandro Manzoni nelle celebri pagine de “I promessi sposi”.

f.f

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE