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POTENZA – «Ci saremo aspettati – e ci aspettiamo ancora – una spinta straordinaria, una voglia di dire, fare, dimostrare». E invece da Palazzo di Città, al momento, dice Francesco Romagnano, ancora nessun segnale. «Peccato, perché a San Gerardo manca poco». Presidente di Io Potentino, una delle associazioni che animano da tempo la festa patronale, Romagnano interviene sul conto alla rovescia in attesa del Patrono. E su quello che significa.
Così, dopo l’appello di Gennaro Favale, presidente dei Portatori del Santo, nuove voci rilanciano il bisogno di fare del Santo Patrono il momento su cui unificare, e un po’ far sorridere, la città.

La strada sembra in salita.

«Dopo l’organizzazione di Natale, dove abbiamo registrato ritardi e tempistiche inadeguate, ci saremmo aspettati una spinta diversa dell’amministrazione. La festa patronale dovrebbe essere un momento per una dimostrazione collettiva di forza, di volontà».

San Gerardo, quindi, come punto di svolta?

«In un momento così difficile per la città, è l’occasione giusta per testare il polso della potentinità, per chiamare a raccolta i cittadini, unificare sforzi e desiderio di ripartenza».

Possibile farcela senza risorse economiche a disposizione?

«Capisco il tema, ma davvero quello economico non può essere un ostacolo, né diventare una scusa. Certo, bisognava cominciare prima. Perché non una lotteria popolare? Raccolte fondi nei quartieri? Chiamando a raccolta le associazioni, tante avrebbero risposto vendendo biglietti ai propri associati».

Che prospettiva ora?

«Sembra tardi soprattutto per la Parata dei Turchi, ma non credo sia tutto perduto. Soprattutto se il Comune ha il programma pronto».

Quindi è tutto pronto?

«Così dicono. Ci aspettiamo un coinvolgimento da parte dell’assessore alla Cultura: solo con la condivisione quel pezzo di festa patronale, la parte tradizionale, può essere festa della città. E sono tante le associazioni e i professionisti che vogliono ancora dare un contributo, proporre idee, migliorare progetti».

Io Potentino replicherà le inziative degli anni passati, al di là della Parata?

«Cercheremo, anzi, di migliorarle. Resta identica la filosofia: massimo coinvolgimento, solidarietà e costi contenuti, tutto autofinanziato».

Il cartellone di Io Potentino 2015, allora, come sarà?

«Vogliamo replicare l’evento “Benvenuto mi fra”, per raccogliere fondi destinati all’accoglienza dei migranti. La raccolta alimentare sarà “sponsorizzata” dalla vendita della maglietta I love Pz e gestita con la piattaforma dei magazzinisociali.com (con tracciabilità digitale delle donazioni, ndr). Il 31 maggio, poi, replicheremo l’esecuzione pubblica del “provolone appicato”».

Con l’associazione avete recuperato la tradizione dei cinti. La riproporrete?

«Speriamo di poter essere parte della Parata. Nel frattempo noi organizzeremo laboratori di realizzazione dei cinti nel centro storico e aspetteremo la processione religiosa del 30 maggio davanti al Tempietto, per accompagnare poi il Santo in Cattedrale».

La scommessa organizzativa è attorno alla Parata dei Turchi.

«Negli anni passati c’è stato un percorso di grande condivisione con associazioni, singoli, volontari. Sarebbe bello poter migliorare ancora di più con il contributo di tanti. Parto dal presupposto che c’è un disciplinare votato dal consiglio comunale: dovrebbe far fede quel documento».

Proprio la Parata è stata oggetto di polemica sulla scarsa trasparenza della rendicontazione, dopo la denuncia di alcuni consiglieri comunali.

«Personalmente avevo chiesto di rendere pubblico il rendiconto della festa già del 2012, senza alcun intento inquisitorio, ma per un maggiore coinvolgimento e così da non avere scuse. Anche per raccogliere suggerimenti su come spendere meglio».

Ora che cosa cambierà?

«Credo che sarebbe un errore ricominciare di nuovo da zero. La Parata non è una cosa politica, personale, di gruppi. L’operazione trasparenza è importante, va condivisa, la condivido. Ma deve essere un metodo generale, non uno strumento per cambiare le cose».

Che cosa sarà San Gerardo per un capoluogo in dissesto?

«So quello che dovrebbe essere. Un momento per recuperare e dimostrare l’attaccamento alla città, la voglia di ripartire. E non possiamo davvero sprecare questa occasione. Dovremmo esserci tutti, noi cittadini dico, per dire che no, Potenza non è una città finita».

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