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POTENZA – Incredibile ma vero: la scultura in bronzo raffigurante il Leone, simbolo della città di Potenza, è diventato un caso politico.
Incredibile, perché un’iniziativa congiunta di due collaboratori del nostro giornale – lo storico Lucio Tufano ed il giornalista Saro Zappacosta, decano dei colleghi potentini – condivisa, abbracciata e fatta propria da “Il Quotidiano”, improvvisamente perde di importanza, perde il suo profondo significato culturale ed, al tempo stesso, storico, diventa – cosa ancor più grave – motivo di contesa ed usurpazione politica e culturale.
Per far comprendere, ai potentini la gravità del caso, lasciamo la parola all’Ufficio Stampa del Comune di Potenza, che ha diramato, alcune settimane fa, un comunicato stampa ufficiale – quindi esprimeva il pensiero dell’ente nella sua verità storica – riportante al suo primo comma, questa indiscutibile, lineare e per il Comune di Potenza, storica comunicazione: “Ha raccolto il consenso della Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari e successivamente, quello del Sindaco Dario De Luca, la proposta del consigliere Michele Cannizzaro, con la quale si individua piazza Mario Pagano, come sito nel quale allocare la scultura in bronzo della città di Potenza”.
Come ben avranno compreso i nostri lettori, l’enunciazione è chiara come la luce del sole e da essa scaturiscono questi tre elementi: è la conferenza dei gruppi consiliari prima e del Sindaco dopo ad esprimere consenso alla proposta del Consigliere di “Liberiamo la città”, di spostare il “Leone rampante” da piazza del Sedile per localizzarlo dinanzi al Teatro Stabile. Un fatto positivo, questa triplice decisione che viene accolta con entusiasmo da tutta la stampa cartacea e quella dei siti web, tanto che “Il Quotidiano”, giustamente gonfiandosi il petto, sabato 28 febbraio, a tutta pagina 22 – titolo a sei colonne – annuncia: “Il Sindaco e la conferenza dei capigruppo hanno accolto la proposta di Cannizzaro” e come titolo esprime la sua soddisfazione, perché – secondo “Il Quotidiano” – il Leone deve “ruggire in piazza”.
Tanto, perché “il Consigliere ha fatto proprie anche le sollecitazioni giuntegli dalla società civile”. Ed in effetti, Michele Cannizzaro, ha basato la sua interrogazione agli organismi statutari del Municipio sulla battaglia comune portata avanti dal giornalista Saro Zappacosta e dallo storico Lucio Tufano, in virtù della quale il Teatro Stabile ed il Leone rampante, rappresentano un reale connubio che esprime l’identità del popolo potentino, pertanto il Leone rampante dev’essere collocato ai piedi dello Stabile, come vogliono migliaia di potentini.
Tutti contenti quindi, ma improvvisamente il consiglio comunale di Potenza si riunisce il 10 marzo per discutere varie interrogazioni e, come ormai è tradizione di questa giovane ed inesperta amministrazione, quello che si decide il giorno prima, non è più valido il giorno dopo.
Ciò è dimostrato nel verbale della seduta del Consiglio in data 10 marzo, dove, nella parte finale viene registrato tutto quello che è accaduto in consiglio sul problema del Leone rampante.
Tra l’altro, apprendiamo che, in assenza del Consigliere Cannizzaro, il Consigliere Falotico propone un ordine del giorno con il quale, “stante la non possibilità di collocare la struttura bronzea del Leone all’ingresso del Teatro Stabile, propone insieme ad alcuni consiglieri presenti, la sistemazione del Leone in largo Pignatari, dinanzi all’ingresso della Galleria Civica”; apprendiamo che il consigliere Giannizzari propone che il Leone sia situato in piazza XVIII Agosto; apprendiamo che il consigliere Guarente propone un sondaggio sul sito web del comune; infine abbiamo appreso che il consigliere del PD Carretta, si è dichiarato favorevole al rinvio per rispetto nei confronti di Cannizzaro, evidenziando “l’assenza del Consigliere Cannizzaro, che era tra coloro i quali avevano sollecitato questo dibattito all’interno della principale assise cittadina”. Di conseguenza la seduta di aggiornamento è stata fissata per il giorno 16 marzo.
Come si è ben compreso, ci troviamo dinanzi a due facce, della stessa medaglia, una differente dall’altra, su un problema di notevole importanza per la città di Potenza che lunedì andrà affrontato definitivamente con un dibattito che dovrà mettere in luce una discussione prioritaria su due principi fondamentali: il primo dovrà dire ai potentini che valore statutario ha la conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari; il secondo principio dovrà chiarire se il parere ufficiale del Sindaco di Potenza ha valore oppure no. In poche parole, ci aspettiamo che lunedì 16 marzo, prima di discutere dove “sbattere” il Leone “allocato oggi come un corpo estraneo alla spiritualità dell’ente, il Consiglio Comunale dovrà dirci se i capigruppo sono persone degne di rispetto e considerazione, per cui la conferenza dei capigruppo esprime una volontà di rispettare, oppure se gli attuali capigruppo del consiglio comunale di Potenza, sono semplicemente quattro quaqquaraqquà da quattro soldi, che non meritano di sedere neppure nei banchi consiliari, visto e considerato che la loro decisione già adottata, è stata messa sotto i piedi dal consigliere Roberto Falotico; quindi l’altro elemento da chiarire è quello relativo alla figura e funzione del Sindaco della città di Potenza, perché quello attuale ha già espresso il suo consenso – rispettando la volontà della conferenza dei capigruppo – a far allocare il Leone in piazza Prefettura (esprimendo così un perfetto connubio con il Teatro Stabile identificando l’identità storica dei potentini) come è stato chiarito – per fatto puramente culturale – dallo storico Tufano, dal giornalista editorialista Zappacosta e quindi da “Il Quotidiano”, il nostro giornale che sulle battaglie culturali – e non solo su quella – ha raggiunto il massimo della sua serietà e reputazione.
Appurato quindi che la decisione è stata già presa – come affermato dal comunicato stampa ufficiale dell’ente – non rimane al consiglio di passare ad altri argomenti.
Se poi, sotto sotto c’è dell’altro, ci pensi bene il Consiglio Comunale a quale decisione adottare: un consiglio da amici.
Ultima considerazione su Falotico: mente sapendo di mentire, quando afferma che c’è “la non possibilità di allocare la scultura bronzea del Leone all’ingresso del Teatro Stabile”.
Se per Falotico è un problema di spazio, gli diciamo che un geometra di nostra fiducia ha verificato larghezza e lunghezza del gradone antistante il prospetto principale del Teatro Stabile e della base metallica del Leone. Si evince che la base metallica è lunga 2 metri e larga 1 metro; un rettangolo perfetto, che sul gradone del teatro, largo 3,50 metri, si troverebbe alla perfezione, gioco adatto e perfetta posizione.
Ovviamente, su quanto accaduto, abbiamo chiesto il pensiero di Saro Zappacosta su Falotico, che ha dichiarato: “Conoscendo bene l’amico Roberto Falotico, la sua forza politica, la sua cultura e la sua personalità, sono rimasto amareggiato e meravigliato di come sia stato possibile scivolare ciecamente sulla classica buccia di banana. Mi auguro solo di sbagliarmi”.
Quanto a Lucio Tufano, telefonicamente da Roma, ci ha rilasciato questa dichiarazione, che sottoponiamo all’attenzione dei consiglieri comunali di Potenza e di tutta la cittadinanza:
PERCHÉ IL “LEONE RAMPANTE”

Un Sud dominato per secoli dai signori del latifondo e dai padroni del feudo, dal clero fazioso ed ignorante, dai baroni e da una borghesia agraria ingorda e retrograda, dai reali borbonici e dai loro emissari e funzionari tirannici, dai prefetti di stampo napoleonide, savoiardi, crispini e giolittiani, dal Fascismo importato e di temperamento, dagli egoismi imposti, da riti, consuetudini e leggi totalitarie e mai democratiche, bensì corporative.; una condizione più evoluta, più realmente democratica non ha potuto quasi mai formarsi e consolidarsi, se non con una sorta di finzione forzosa, una democrazia demagogica, dominata dalle utopie ideologiche, dai partiti e dalle cricche o gruppi di potere, senza mai una vera e sacrosanta riscossa.
Almeno nel simbolo, il “Leone rampante”, potranno i giovani e, noi medesimi, esprimere il nostro nuovo modo di riscatto, segnare la nostra storia di potere subito ed emanato, la nostra dignità di capitale amministrativa e culturale, di sudditi onesti e disciplinati, responsabili e degni della propria storia.
Quindi non alla base o al cospetto dell’antico palazzo dei conti padroni Loffredo e Guevara, non con il solito sussiego di sudditi pavidi e servizievoli ancora rispettosi del feudo, bensì dinanzi al “tempio della cultura”, il nostro “Teatro Francesco Stabile”, nella piazza che, più di altre nella città, ha fatto riscontrare ed ha testimoniato i nostri dissapori, il nostro modo di contestare, la nostra indole, il nostro talento, la nostra cultura e civiltà istituzionale.
Il “Leone rampante”, accostato, più o meno, alle mura del Palazzo Loffredo, diverrebbe un arredo del potere feudale, di un potere arcaico e brutale …

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