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POTENZA – I gemelli a forma di teschio la dicono lunga sul clima che Michele Somma sapeva di trovare nella sede di via dell’Edilizia, ma alla fine il quorum è raggiunto (17) e l’elezione a presidente della Camera di Commercio è salva. Eletto all’unanimità dopo oltre un’ora e mezza di ping-pong su presunti vizi procedurali, il terrore di un “congelamento” della seduta in attesa di un parere del Mise sulla sua stessa legittimità, la minaccia di un ricorso al Tar da parte della minoranza (in totale abbandoneranno l’aula in 10), persino l’ombra del commissariamento. E, infine, una gaffe che stempera i toni, dopo la fumata bianca delle 20: «Con 17 voti su 17, dichiaro Michele Somma nuovo presidente di Confindustria!», esclama solennemente Biagio Mancusi, che presiede la seduta in qualità di consigliere anziano. Risate nella saletta ovale ma il peggio è passato. Il primo atto del neopresidente, ovvero il secondo punto all’ordine del giorno, ovvero «l’unico motivo per cui non abbiamo voluto rimandare l’elezione», è l’approvazione del bilancio di esercizio 2014, cui è collegato quello dell’azienda speciale Forim: anche qui, votazione all’unanimità per alzata di mano (17 sui 17 rimasti).
Toni concilianti, quelli di Somma, nella prima dichiarazione da presidente: «Faccio gli auguri di buon lavoro ai dieci che hanno deciso di abbandonare l’aula, ricordando loro che i miei interessi sono uguali ai loro interessi, cioè difendere le imprese. La diversità è ricchezza, l’unanimismo non mi piace e anzi ricordo che anche in passato Confindustria non ha condiviso molte scelte eppure ha fatto sempre il bene della Camera di commercio. A chi mi ha votato, grazie per la fiducia». Scongiurato il rischio di un rinvio del voto sul bilancio (scadenza il 30 aprile), nel cronoprogramma di Somma adesso c’è l’elezione dei componenti della Giunta – la legge prevede che passino almeno 15 giorni, dunque se ne parla dopo il 1° maggio – e il nodo Unioncamere, perché «dobbiamo risolvere un problema a quelle famiglie». Somma chiarisce anche che «la mia non è un’autocandidatura, ho tentato il dialogo con chi oggi ha lasciato l’aula presentando a gennaio il mio programma e sottoponendolo a tutte le componenti perché facessero le loro integrazioni. Continuerò a cercarlo, il dialogo». I lavori erano iniziati con un po’ di ritardo rispetto alle 18 pattuite causa incidenti che avevano rallentato l’arrivo della delegazione di Coldiretti. In apertura, Fausto De Mare aveva subito sollevato «perplessità» sulla convocazione stessa della seduta nonché sulla presidenza e sull’odg; a corredo, nel suo documento che diceva essere «condiviso da molti colleghi» (e lì già partivano i primi conteggi al pallottoliere con una cifra, 15, come totem) riportava un parere del segretario generale Suglia e chiudeva proponendo di riconvocare la seduta altrimenti avrebbe abbandonato l’aula. Prime schermaglie e prima definizione dei due blocchi in campo ma nulla di fatto: al paventarsi del paradosso di un consiglio che deve votare sulla sua stessa illegittimità, De Mare si alza e se ne va. Il consigliere Miele propone un’astensione finalizzata a «riaprire un percorso di dialogo ispirato al buon senso, in linea con le direttive di Unioncamere nazionale oltre che del governo e del Senato, trovare un candidato condiviso e seguire l’esempio di Matera». Mancusi ribadisce intanto di essere sicuro di «agire nella legalità» eppure si dice disponibile a un eventuale voto. «Evidentemente ha una maggioranza in testa, ma le maggioranze si formano in Consiglio»: con questa frase di Prospero Cassino si apre l’ora più tesa. Il rappresentante di Rete Imprese Italia rivendica le 20mila associate e sottopone un secondo documento che chiede alla vicina Loredana Postiglione di distribuire – il che fa subito ripartire il febbrile conteggio del “chi sta contro chi” – citando un parere di segretario generale e collegio sindacale: qual è la proposta? Sospendere la seduta lasciandola aperta in modo da non compromettere la scadenza-bilancio di fine mese e aspettare un altro parere di un ufficio legale terzo. «Si può interpellare via mail il ministero dello Sviluppo economico, sappiamo che risponde entro 24-48 ore, ma se facciamo una telefonata riusciamo anche entro stasera…». Poi l’attacco a Somma: «Non è mai venuto in Consiglio e ora si candida. Per carità, lo rispetto» (e lui ribatte a mezza voce «non è ricambiato»)… È qui che Mancusi solleva il pericolo commissariamento: dilatare troppo le procedure per eleggere il nuovo presidente della Cciaa mette a rischio l’ente stesso, e persino l’arrivo di un commissario non è un’ipotesi peregrina. Gli fa eco Somma: «Non cadiamo nelle strumentalità, abbiamo un dovere essenziale che è l’approvazione del bilancio d’esercizio, senza il quale la Camera di commercio è monca. La convocazione urgente di oggi è legata proprio a questo, non alla mia elezione. Non è consentito anteporre beghe interne all’interesse dell’ente». Il documento di Cassino, però, inizia a raccogliere consensi e quando sembra che l’assise stia per orientarsi a mettere ai voti la sua proposta, viene interpellato il collegio sindacale in nome della sua terzietà dovuta all’emanazione ministeriale dell’organismo: i dubbi sollevati da De Mare vengono definitivamente fugati. Ma il “lodo Cassino” passa finalmente ai voti: i favorevoli alla sospensione saranno 8 (lo stesso proponente si astiene), i contrari 17 e dunque Somma ha, di fatto, dato un numero alla maggioranza che lo eleggerà. Come noto, il numero legale era sceso a 15 dopo la prima votazione della settimana scorsa in via XVIII Agosto, dunque è fatta.
Ma il pomeriggio di melina – condito da qualche tono che si alza in più di un’occasione – fa sbottonare il compito Mancusi, una volta diradatesi le nubi: «Posso dire una cosa? Così è peggio della politica».

e.furia@luedi.it

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