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«Queste elezioni dicono con chiarezza che con il Renzi 2 non si vince. Devo tornare a fare il Renzi 1. Infischiarmene dei D’Attorre e dei Fassina e riprendere in mano il partito». Sorprende, nella lunga intervista che Matteo Renzi rilascia al vicedirettore della Stampa, Massimo Gramellini, il mancato riferimento del premier e uno dei suoi oppositori interni più determinati e inamovibli, quel Roberto Speranza che ha consumato la propria rottura sull’Italicum, marcando la differenza con la maggioranza del partito tanto da dimettersi dalla carica di capogruppo alla Camera. Renzi non può tralasciare tre casi limite come Venezia, Liguria e Arezzo, nella sua Toscana e con un ruolo non da poco del ministro Boschi: «Era scritto che Casson perdesse. A Venezia mi è venuto incontro un signore: “Salve, sono l’unico renziano della città…” Era Brugnaro, il candidato del centrodestra che ci ha battuto. Questo è un paese moderato, vince chi occupa il centro. Con personalità. Perché se invece degli originali corrono le copie, allora non funziona. In Liguria la Paita non ha perso perché il candidato di Civati le ha tolto dei voti che probabilmente non sarebbero andati comunque a lei. Ha perso perché nell’ultima settimana il 5 per cento degli elettori di centro si è spostato verso Toti. Storicamente ad Arezzo abbiamo vinto solo quando il candidato si chiamava Fanfani. L’ultimo è stato Fanfani Beppe… I miei giudizi sul voto di domenica non sono in bianco e nero. In alcuni casi, è vero, perdiamo per mancanza di organizzazione. In altri però, come a Mantova, vinciamo dove la Lega è forte. La verità è che ormai la gente vota come le pare, sulla base della persona». Un passaggio su Roma («tra un anno si vota nelle grandi città. Torino, Milano, Bologna, Napoli, forse Roma. Se torna Renzi 1, fossi in Marino non starei tranquillo»), poi le riforme, che, promette Renzi, «da oggi sono più vicine, non più lontane. Adesso dovrò aumentare i giri, non diminuirli». E mentre la fronda interna prepara una nuova accelerazione anti-riforme (soprattutto Italicum), tra base e vertici dem è destinato a prendere quota anche il dibattito su Primarie sì / Primarie no.  
Sul quotidiano torinese c’è anche Matera nel focus dedicato al voto amministrativo: «Nella terra dei “Pittellas”, i Kennedy di Lauria, di Gianni e Marcello che sono un po’ le controfigure lucane di Bob e John Fitzgerald – scrive Ilaria Lombardo –, nel giro di un anno il Pd perde due capoluoghi su due. La Basilicata è sempre meno di sinistra». Ironico anche il passaggio sulla Capitale della cultura 2019: «Se volete raggiungere Matera, patrimonio Unesco, gioiello amato dai registi di Hollywood e nostrani, attrezzatevi con una macchina o fatevi bastare un pullman. Poi dici che il Pd ha perso il treno…».
Sul Corriere della Sera il primo editoriale post-voto di Luciano Fontana da direttore, mentre Marco Demarco sul dorso campano-pugliese racconta i tre Comuni (Giugliano, Quarto e Bacoli) andati ai grillini parlando di “insofferenza al potere”. Interessante anche l’analisi del politologo Roberto d’Alimonte sul Sole24Ore e quella del collega Giovanni Orsina sulla Stampa ma anche l’editoriale del direttore di Repubblica, Ezio Mauro: «L’astensione che supera il 50 per cento anche in elezioni comunali – scrive Mauro – conferma che l’incantamento è rotto e il renzismo si deve guadagnare il pane nella lotta di tutti i giorni, senza rendite di posizione: diventa uguale agli altri. L’inseguimento del partito della nazione ha lasciato sguarnito il fianco di sinistra, e la disaffezione si vede e soprattutto si conta. La rincorsa al centro arranca perché il cambiamento ristagna. Il Pd è il luogo del conflitto e non delle idee, del risentimento e non del sentimento di una sinistra moderna». E sui migranti (tema che anche oggi ha ampio risalto, con il braccio di ferro Italia-Francia e Bruxelles che promette verifiche su eventuali violazioni di Schengen mentre prende corpo l’idea di permessi di 3 mesi per varcare le frontiere e circolare nell’Ue): «Com’è possibile che sui migranti non sia ancora nata una moderna cultura di sinistra, capace di coniugare la domanda di sicurezza con la civiltà italiana dei nostri padri e delle nostre madri, lasciando invece il campo libero al pensiero unico e feroce di Salvini?».
Lasciando la politica, fa discutere l’anticipazione, sul sito dell’Espresso, dell’enciclica “verde” che Papa Bergoglio pronuncerà dopodomani. Irritazione in Vaticano per la violazione dell’embargo, ma intanto massima visibilità sui maggiori quotidiani. Repubblica e Corsera dedicano al Pontefice un grande richiamo in prima pagina con tanto di foto e due pagine all’interno corredate da ampi stralci del documento tutto incentrato sui tempi dell’ambiente e dell’ecologismo.
Restando a Repubblica, nelle pagine economiche la notizia dei risultati delle elezioni dei rappresentanti sindacali della sicurezza in Fca: i numeri fanno esultare la Fiom di Landini (34,6% dei voti, esattamente il doppio di Fismic e quasi 20 punti sopra la Uilm) ma «la prova del nove – scrive Paolo Griseri – verrà nei prossimi mesi quando dovranno andare al voto realtà come Pomigliano e Melfi, dove i nuovi accordi che la Fiom non ha sottoscritto hanno prodotto risultati più concreti».
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LA NOTIZIA PIÙ CURIOSA | E’ finita 6.693 voti a 6.634: per appena 59 schede, Berlusconi ha perso Segrate, suo feudo per vent’anni. Il nuovo sindaco è il 40enne Paolo Micheli (Pd), che ha battuto la candidata di centrodestra Tecla Fraschini.

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