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VENOSA – Nel Sud che fa da modello al Nord in fatto di archeologia industriale, la Basilicata cerca di adeguarsi ma per ora soffre il primato della vicina Puglia: la legge Cifarelli-Polese si prepara allo sprint finale («Acceleriamo l’iter in commissione per arrivare all’approvazione a inizio 2016» hanno assicurato ieri da Venosa i due consiglieri regionali del Pd) ma l’impressione è che, mentre qui siamo nella fase del censimento, i cugini pugliesi stanno già godendo – e monetizzando – i benefici del riutilizzo di vecchie fabbriche riconvertite e riconsegnate alla collettività.
Nel castello del centro del Vutlure si chiude la tre giorni del convegno nazionale promosso da Mensale (Mense storiche e artistiche lucane), Ibam-Cnr (Istituto per i Beni archeologici e monumentali) e Aipai (Associazione italiana patrimonio archeologico industriale) e tutta la mattinata è dedicata alle buone pratiche del Salento: in particolare, il sindaco di San Cesario di Lecce, Andrea Romano, e lo studioso Antonio Monte (Ibam-Aipai Puglia) raccontano il miracolo del Museo della Distilleria De Giorgi: 20mila metri quadri che nell’epoca d’oro (tra a fine ‘800 e la seconda guerra mondiale si produceva ed esportava in tutta Italia) rendevano unico un piccolissimo centro che vantava un totale di 4 distillerie e un liquorificio, il Cappello – ancora attivo. La parabola della crisi del secondo dopoguerra fa rischiare a De Giorgi lo stesso destino di molte altre industrie: l’abbandono ci porta direttamente al 2005, quando la struttura viene vincolata e «sottratta alle mire speculative» commenta il sindaco Romano. Poi arrivano i privati: la Fondazione Semeraro acquista e dona alla collettività il bene, dopodiché si procede alla riqualificazione: una prima area di 8mila mq diventa parco urbano e rivive come contenitore di eventi culturali estivi, mentre 300mila euro servono a bonificare l’area dall’amianto. È così che una bomba ecologica viene finalmente percepita dalla comunità come risorsa. Intanto, ecco un ulteriore finanziamento di un milione e 200mila euro e altri 250mila dalla Fondazione con il Sud (si è in corsa per un altro milione); i numeri premiano gli sforzi e parlano di 10mila presenze in un anno.
Il vicentino Giovanni Luigi Fontana dell’Università di Padova – presidente nazionale Aipai e direttore del master in conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale che da 10 anni si tiene proprio nell’ex distilleria De Giorgi – si entusiasma per iniziative che «in zone ben più ricche e dinamiche come quella da cui provengo io non esistono. Non abbiamo tutti questi finanziamenti»,
Poco prima Manuel Ramello (Aipai Piemonte) aveva illustrato il caso di scuola Eataly al Lingotto di Torino: anche qui, l’ex stabilimento di vermouth Càrpano è stato recuperato senza stravolgere il contesto anzi integrandosi in esso per rendere appetibili – e frequentatissime – aree dismesse e periferiche. Fontana propone una carta nazionale che racconti la biodiversità delle tante San Cesario e la patrimonializzazione-musealizzazione di una quindicina di casi virtuosi sparsi per l’Italia, magari da video-documentare e archiviare: la Basilicata attualmente, in attesa della legge Cifarelli-Polese, non potrebbe vantarne nessuno. Eppure, anche nella terra dell’Amaro Lucano esiste un passato di piccoli liquorifici (Laraia, Martoccia e Motta di Laurenzana), e Antonio Monte – che studia il fenomeno San Cesario da vent’anni esatti – disegna una mappa fatta di semisconosciuti giacimenti proto-industriali, magari da riconvertire, tutti nel Potentino: si va dalle filande di Bella, Laurenzana e Lagonegro ai frantoi di Montemurro. Spunti per una futuribile rete lucana in cui l’archeologia industriale faccia rima con turismo.
Salvatore Capone, ex sindaco di San Cesario e oggi deputato, spiega come trasformare un rudere in simbolo di buongoverno dei territori. Purtroppo manca proprio l’ideatrice della legge (Angela Barbanente del Politecnico di Bari, ex assessore alla Pianificazione territoriale), che ha reso la Puglia Regione capofila in materia, da poco seguita dall’Umbria. La Basilicata si candida a diventare la terza ad adottare un testo simile. Gongola Francesco Mollica, vicepresidente del consiglio regionale che gioca in casa. Mario Polese spera nell’accelerazione e cita i 100mila euro stanziati per un primo censimento e la fase di start-up cui seguiranno i canali di finanziamento Ue. Il collega Roberto Cifarelli afferma che un censimento di frantoi e cantine esiste già (datato 1999), poi elogia il caso del Molino Alvino ma critica «chi ha svuotato i molini per farne appartamenti venduti a prezzi esorbitanti affacciati sulla Murgia materana».
Il prof Fontana invece continua a essere entusiasta: «Puglia e Basilicata sono un laboratorio di buona amministrazione, un modello. Qui nel Sud c’è una qualità della politica che nel mio Veneto vedo molto meno. Si sono mobilitate le competenze migliori, una cosa che non accade quasi mai, e qui c’è meno scollamento tra società e politica: si sta aprendo un grande cantiere su una base già ottima. Intanto, porterò al presidente del consiglio regionale anche la legge lucana, l’ho già fatto con quelle pugliese e umbra». Verona tenta di replicare il modello Eataly con la Stazione del freddo pronta a rinascere grazie al genio di Mario Botta: partner proprio Farinetti ma anche Cariverona. E a quelli che possono storcere il naso per la collaborazione pubblico-privato, Fontana ricorda Palladio, che si faceva finanziare dai ricchi impresari della seta.

e.furia@luedi.it

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