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Lunedì nel pomeriggio due ragazzini di 15 anni sono stati soccorsi dai passanti. In pochi mesi è la seconda volta. Ci sono altri casi? E’ in crescita il fenomeno in città?

«Io non ho contezza statistica del fenomeno – risponde Assunta Basentini, psicologa del Tribunale dei minori -, ma tutti gli osservatori indicano che c’è un aumento dell’assunzione di droga, che si accompagna anche a una precocità di chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di esperienza. Fino a 10 anni fa il fenomeno non era frequente in una fascia d’età così bassa. Ora sembra aver preso piede. Nonostante ciò il fenomeno è prevalentemente sommerso».

Perché resta sommerso? E’ un problema anche sociale…

«Resta sommerso per una serie di variabili. Intanto perchè tutta una serie di esperienze giovanili viene considerata una forma di trasgressione che rientra poi nella normalità. E questo è, evidentemente, un grave errore di valutazione. Non si tratta mai di un fenomeno episodico, sganciato dalla propria condizione esistenziale. Noi poi magari veniamo a conoscenza di un episodio più eclatante, come è accaduto questa volta perchè i ragazzi sono stati soccorsi per strada. Ma generalmente ci sono casi che non sono visibili. Comunque mai si tratta di un episodio singolo, sganciato dalla sua esistenza».

Ma un genitore può accorgersi del problema? Ci sono degli indizi chiari di questo problema?

«Se ne può accorgere sicuramente, così come se ne può accorgere la scuola. Perchè ci sono tutta una serie di segnali, che noi chiamiamo “indicatori sentinella”, che danno il segno di un disagio che sta prendendo forma. Ed è difficile non vederli. Il ragazzino che assume sostanze, specie in giovanissima età, è difficile che non abbia poi dei comportamenti che possano mettere in allarme un adulto. Sia nel contesto scolastico che in quello familiare».

Certo l’adolescenza è sempre stato considerato un momento di enorme difficoltà nel dialogo tra ragazzi e genitori…

«Indubbiamente sì, l’adolescenza è sempre un periodo molto complesso e parlare con i ragazzi non è davvero facile in questa fase. Però bisogna entrare nell’ottica dell’accudimento in senso lato, del prendersi cura del ragazzo che sta crescendo. E ovviamente non è la stessa cosa che dialogare con un bimbo da zero a 8 anni. Purtroppo, tra l’altro, la tendenza della nostra società è anche quella di “adultizzare” il bambino. E questo poi è il prezzo che paghiamo, perchè si saltano delle fasi evolutive e capita così che il sentimento tipico dell’adolescenza, che è quello di onnipotenza, lo si riscontri sempre prima».

Un sentimento di onnipotenza che li porta a sentirsi abbastanza grandi per gli abusi. Che spesso però non reggono…

«Tutti gli adolescenti hanno un sentimento di onnipotenza davanti alle esperienze della vita: “Io posso fare tutto”, “A me è consentito tutto”. Tutto questo trasferito in una personalità che è ancora in formazione, che è ancora disarmonica, ha degli effetti devastanti. Cercano delle esperienze che li fanno sentire grandi, ma purtroppo spesso non sono attrezzati, sono estremamente fragili».

L’uso e l’abuso di alcol e di sostanze stupefacenti non è più però collegato solo agli ambienti che potremmo definire a rischio. I ragazzini ormai fanno uso di droghe in luoghi pubblici, in pieno centro storico, sulle scale dove in tanti passano. E’ come se volessero farsi vedere…

«Non sono rari episodi di ragazzi che nel corso della mattinata escono da scuola e se ne vanno in centro, dove poi o si rendono protagonisti di una rissa o vengono soccorsi per crisi etiliche. Tutto questo in pieno giorno. Ed è anche per questo che dico che non è possibile che poi nessuno a casa o a scuola si accorga di nulla. Questi episodi, ripeto, non possono essere fatti isolati e sganciati dall’esistenza di questi ragazzi. Sono un segnale che non possiamo ignorare, perchè indica una sofferenza: a livello affettivo, educativo o di adattamento. Ed entrano in gioco, evidentemente, la componente familiare e quella scolastica».

Ci sono degli evidenti limiti nel rapporto che gli adulti hanno con questi ragazzi, a tutti i livelli. E ci sono molte responsabilità…

«Nell’adolescenza scatta questa sfida continua e quotidiana contro l’adulto. Ma se c’è nel ragazzino un percorso di maturazione educativo, se sono stati messi dei paletti, un contenimento, allora le risposte possono essere diverse. Altrimenti il ragazzo lancia dei segnali, di sofferenza, di disagio».

Può contribuire a questa situazione anche una situazione di assenza di prospettive future?

«Sicuramente c’è una situazione di abbandono, che caratterizza tutte le nostre città. Certo, l’assenza di servizi e istituzioni può contribuire. Proprio i centri storici andrebbero monitorati con servizi di controllo continuo. Ma ovviamente questo non è possibile per lo scarso personale, per l’assenza di tutto. Diverso sarebbe se nei nostri centri storici non si vivesse una situazione di fallimento, di abbandono. Servirebbe un’attenzione capillare. E ciò che sconcerta è l’assenza di programmazione. Perchè non pensare a un progetto sperimentale, tanto per fare un esempio, che coinvolga le scuole e il centro storico? E poi questi ragazzi andrebbero tallonati, guardati a vista. Perchè loro da soli difficilmente riescono a prendere visione del loro problema. Accade invece che anche la scuola sia spaventata: sì e no si riescono a organizzare delle campagne di sensibilizzazione, mentre i genitori si dichiarano impotenti».

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