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POTENZA – Un uomo e una donna – Antonio Scavone, di 40 anni, di Ruoti e la sua compagna, Jimenez Milagros Mosquea, di 38, di origine dominicana – sono agli arresti domiciliari al termine di un’operazione della Polizia che, a Potenza, ha smantellato un «fiorente mercato» di prostitute e transessuali.

Un giro di prostituzione – donne e transessuali di origine straniera appena giunti nel capoluogo venivano alloggiati in alcuni appartamenti del centro storico (via Mazzini, vico Romaniello, viale Marconi, vico Pontolillo) – su cui la Polizia ha cominciato a indagare a partire dal 4 novembre del 2014.

Scavone e Mosquea sono accusati, in concorso, di aver agevolato, favorito e sfruttato la prostituzione. Denunciati per favoreggiamento i proprietari degli appartamenti dove le donne e i trans si prostituivano.

I due si preoccupavano di affittare gli appartamenti – soprattutto «in nero» – dove poi prostitute e trans (in totale, almeno una quindicina) avrebbero ricevuto i clienti, decine e decine di uomini che fissavano gli appuntamenti o rivolgendosi a Scavone, raggiunto attraverso il normale «passaparola», o contattando tre siti di incontri.

Sia Scavone che Mosquea fornivano anche informazioni a prostitute e trans (nella maggior parte dei casi provenienti dal Sud America) sui mezzi di trasporto per giungere a Potenza, sui prezzi medi di mercato delle prestazioni (50 euro), sulla pubblicazione degli annunci sui siti internet e sulle «propensioni sessuali dei potentini» (i trans giudicavano «molto favorevole» il mercato nel capoluogo lucano).
Scavone e Mosquea – quest’ultima si occupava anche di «sostituire» con nuovi arrivati le donne e i transessuali che lasciavano le case – ottenevano 50 euro al giorno da ciascuna delle donne o dei transessuali ospitati negli appartamenti (la donna si è vantata con una sua connazionale di riuscire a guadagnare oltre quattromila euro al mese).

Le indagini portate avanti dalla Squadra , diretta da Carlo Pagano, della Questura di Potenza hanno preso il via, come detto, nel novembre del 2013, quando alcuni agenti, in seguito alle segnalazioni di alcuni cittadini residenti in un condominio di via Mazzini che avevano capito che in uno degli appartamenti si praticava la prostituzione, hanno eseguito un controllo proprio nel condominio segnalato.
Gli agenti della Mobile durante quel controllo venivano a conoscenza, direttamente da alcune donne (tutte di origini dominicane) che ad essersi interessato a procurare loro i locali dove prostituirsi era stato proprio Antonio Scavone.

Scavone che veniva sorpreso nell’appartamento di via Mazzini il giorno del controllo e durante i successivi accertamenti si preoccupava (scrivendo a una delle tre donne su WhatsApp) di ottenere rassicurazioni sull’esito di quanto accaduto.
Gli investigatori sono risaliti così ad Antonio Scavone e ai «servizi» che offriva a prostitute e trans (una delle donne aveva registrato il suo nome nella rubrica telefonica sotto la voce «Casale Potensa», particolare che ha dato il nome all’operazione della Polizia), compreso un avvocato da contattare «in caso di problemi» proprio con la Polizia.

Dalle indagini della Squadra mobile sono emerse anche responsabilità nei riguardi dei proprietari di alcuni degli appartamenti affittati, che sono stati denunciati per favoreggiamento: secondo l’accusa, sapevano bene che nelle loro case si esercitava la prostituzione ma hanno taciuto per continuare a guadagnare alcune centinaia di euro al mese (in un caso, uno di loro ha tentato di «sviare le indagini» sulla persona che aveva effettivamente in affitto l’appartamento, cioè Scavone).

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