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“UN buon 70% a Palazzo significa d’Errico”: così Mario Saluzzi sintetizza il peso della famiglia d’Errico e la grande valenza della Pinacoteca omonima, della quale è il Curatore a Palazzo San Gervasio, cittadina lucana di 5000 abitanti, posta a 500 metri di altezza e circondata da boschi una volta molto più fitti. Questa terra oggi, come tutta la Lucania, è pesantemente minacciata dalle tre p, petrolio, pannelli e pale,e quando ci arrivi sono proprio queste ultime che purtroppo si impongono alla tua attenzione. Ma per tornare a”una volta”, l’insediamento ebbe origine dal normanno-svevo Palatium Regium dell’XI° secolo,castello nel quale si allevarono, ad opera di Federico II e poi degli Angioini, pregiatissime razze di cavalli (pare che gli equini ,arabi e murgesi, venissero selezionati già allora praticando l’inseminazione artificiale!) .

Intorno alla fortificazione nacque l’originario borgo e fu edificata la chiesa dei Santi gemelli Gervasio e Protasio,che nel ‘500 era già diruta. Ma la notorietà che ha oggi il paese la deve alla lungimiranza di Camillo d’Errico,uomo colto ed illuminato, che nel 1897 lasciò ai suoi concittadini un immenso patrimonio culturale ed economico : 298 opere pittoriche di svariate scuole, dalla napoletana alla romana,dalla bolognese alla fiamminga ed alla spagnola.Oltre a 500 stampe degli stessi secoli,a ben 8000 volumi e a due palazzi di famiglia,tutti e due situati nel corso principale intitolato al re Manfredi. In  uno di questi ha sede la Pinacoteca ove si organizzano mostre, concerti e convegni; l’altro ha bisogno di urgenti interventi per essere recuperato e adibito a funzioni  complementari a quelle del primo,che ospita anche la mostra archeologica “ I Guerrieri di Palazzo”. Mi guida Eugenia d’Errico,che mi fa visitare la pinacoteca facendomi notare che solo in minima parte ed a turno le opere sono qui esposte a cura del MIBAC e dell’ente morale Camillo d’Errico,dato che la maggior parte di esse è custodita a Matera,per effetto di un Decreto Regio del 1940 disposto da Bottai. Mi colpiscono le zone d’ombra e gli squarci di luce delle tele,me ne spiega il significato,così come mi spiega il significato della quiete e della pace pastorale dei quadri del ‘700: era periodo di pestilenze e gli autori ritenevano così in un certo qual modo di rasserenare gli animi.

Altra curiosità,in taluni quadri su scene pastorali si sovrappongono colonne pompeiane del tutto sproporzionate e fuori contesto.

Il fatto è che i visitatori ,quelli dei gran tour, volevano portare a casa quante più immagini possibili di quello che vedevano, ed allora i negozianti commissionavano agli artisti delle opere che mostrassero un insieme eterogeneo delle bellezze napoletane. Passando nelle sale della mostra archeologica,Eugenia riprende a raccontarmi la storia della sua famiglia,i cui lontani antenati accompagnarono Federico II a Palermo;un ramo dei loro discendenti arrivò a Palazzo nel  1784 con Giuseppe Senior in qualità di Governatore,che fu incarcerato per aver partecipato al 1799 napoletano e poi assassinato nel 1802. Il sesto fra i suoi otto figli, Vincenzo, patriota esiliato in Francia ed in Piemonte, fu autore fra il 1850 ed il 1855 di un fitto carteggio la cui raccolta è stata presentata il 10 scorso a Palazzo. Nel 1806,all’epoca dell’eversione della feudalità, Agostino,suo fratello maggiore, consolida un importante patrimonio terriero gran parte del quale arriva al nostro Camillo,che con la sua donazione,al di là delle sue intenzioni,nei fatti ripara alla grande ingiustizia compiuta nel 1810 dall’ultimo feudatario Giovanni Andrea De Marinis,che con documenti falsificati si accaparrò moltissime terre affamando il popolo, che in seguito ribellandosi occupò con la violenza le terre del latifondo. Quelle terre che oggi hanno restituito splendide testimonianze del passato,resti di guerrieri,di donne e di bambini,con i loro arredi funerari  esposti in pinacoteca. Quando varchi  palazzo d’Errico,subito oltre il plastico del fabbricato,Graziella De Nigro della Soprintendenza archeologica e Ema,giovane serba che risiede qui dopo aver conseguito un master a Bari,ti accolgono con cortesia e competenza. Qui nell’estate scorsa Vittorio Sgarbi,per rendere omaggio alla Cultura, ha firmato il registro dei visitatori con  questo significativo commento:  “Felice di essere a casa”.

*Presidente sezione Vulture Alto Bradano di Italia Nostra

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