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La targa dedicata a Sanua, a cui è intitolato il mercato comunale di Lavello

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LAVELLO – «Nelle giornate del 20 e 21 marzo abbiamo deciso di illuminare la targa dedicata al nostro concittadino Pietro Sanua, vittima innocente di mafia, a cui è stato intitolato il mercato comunale coperto, un luogo di memoria e riflessione».
Lo ha comunicato via social il Comune di Lavello, che ha aderito alla ventiseiesima giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie: un’iniziativa di Libera, a cui l’amministrazione comunale ha inteso partecipare appunto «per promuovere iniziative di riflessione, approfondimento e di incontro, di relazioni vive e di testimonianze attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, persone che hanno subito una grande lacerazione che noi tutti possiamo contribuire a ricucire, costruendo insieme una memoria comune». Nella post viene anche ricostruita con dovizia di particolari la storia di Pietro Sanua, venditore ambulante e sindacalista originario proprio di Lavello ma emigrato da solo in Lombardia – nemmeno adolescente – dove venne assassinato nel 1995, a soli 46 anni, in un agguato mafioso di cui ancora non si conoscono i colpevoli, né il movente.

Il procedimento per l’omicidio venne archiviato pochi mesi dopo, ad agosto dello stesso anno, su richiesta del pubblico ministero in quanto: «nonostante le indagini esperite, condotte con l’acquisizione di sommarie informazioni testimoniali, intercettazioni telefoniche e individuazioni di più possibili moventi del gesto omicida collegate alle mansioni svolte dalla persona offesa nell’ambito del commercio ambulante, non sono emersi elementi utili per l’identificazione dei responsabili o comunque per l’ulteriore prosecuzione nelle indagini preliminari».

Sanua ha 12 anni quando parte da solo dalla Basilicata, dove era nato il 13 giugno del 1948, a Lavello alla volta di Milano. Una storia di immigrazione uguale a tante altre. Sanua vuole lavorare onestamente e comincia a farlo subito, appena arrivato in Lombardia, dove si dà da fare come panettiere, come addetto in un supermercato e poi come aiutante di un ortolano nei mercati. Poco più che ventenne, nel 1972, decide di lanciarsi in una nuova avventura, convinto che possa aprirgli nuove prospettive di vita. Acquista così una licenza di ambulante, grazie alla quale apre un banco di frutta e verdura con cui comincia a girare nei mercati della zona. Entra man mano nei meccanismi alla base del funzionamento dei mercati: sorteggi, graduatorie, licenze, postazioni.

Comprende poco alla volta che è un settore delicato, dove gli interessi economici rischiano seriamente di condizionare il rispetto delle regole e la tutela del lavoro. Lo scopre nel suo difficile lavoro di fiduciario dei mercati di Buccinasco, Corsico e Quarto Oggiaro, un territorio caldo, già da tempo oggetto delle attenzioni delle cosche di ‘ndrangheta.
Così, comincia a interessarsi non più solo del suo lavoro, ma anche di quello di tanti suoi colleghi che a lui si rivolgono per ottenere consigli, assistenza, riconoscimento dei propri diritti. Diventa così un sindacalista a tutti gli effetti.

Diventa prima segretario e poi presidente provinciale dell’Associazione nazionale venditori ambulanti (Anva) di Milano, affiliata a Confesercenti. Denuncia le irregolarità, in particolare legate al cosiddetto racket dei fiori, che governa l’assegnazione delle postazioni per la vendita dei fiori all’esterno dei cimiteri. Si avvicina all’esperienza di Sos Impresa e lavora alla nascita di una realtà simile anche nel suo territorio. Il 4 febbraio del 1995, alle 5.30 del mattino, Sanua è a bordo del suo furgone lungo via Lorenteggio a Corsico, diretto, insieme a suo figlio Lorenzo, al mercato di via Di Vittorio.

Una Fiat Punto di colore marrone, targata Genova, improvvisamente fa una brusca manovra e inverte il senso di marcia, affiancandosi al furgone. Padre e figlio non hanno il tempo di accorgersi di quanto sta accadendo e del resto mai lo immaginerebbero: dopo una strana e azzardata manovra, alla Punto viene esploso un colpo di lupara, un fucile a pallettoni, che colpisce il sindacalista in pieno volto. L’uomo si accascia tra le braccia del figlio, che fortunatamente viene investito solo da alcune schegge. Per suo padre, invece, non c’è niente da fare.

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