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Vito De Filippo, ex presidente della giunta regionale della Basilicata

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POTENZA – Tutti assolti per il “buco” da 51 milioni di euro nelle casse della Regione Basilicata che sarebbe stato provocato dagli strumenti finanziari derivati, ad alto rischio, sottoscritti nel 2006.

Lo ha deciso la Corte dei Conti  respingendo le richieste di condanna a risarcire poco meno di due milioni e mezzo di euro, che erano state formulate nei confronti dell’ex governatore Vito De Filippo; gli assessori Rocco Colangelo, Carlo Chiurazzi, Gianni Rondinone, Franco Mollica e Gaetano Fierro; e due funzionarie della Regione: Maria Grazia Delleani e Maria Teresa Lavieri.

Il collegio presieduto da Vincenzo Maria Pergola, e completato da Giuseppe Tagliamonte e Federico Pepe, ha respinto anche le richieste di condanna,avanzate dal vice procuratore regionale Giulio Stolfi,  per i restanti 48 milioni di euro, nei confronti degli istituti di credito che nel 2006 emisero quegli strumenti finanziari: Ubs Europe, con sede in Germania, e Dexia Crediop, con sede a Roma. Secondo i giudici, infatti, le contestazioni nei confronti di questi ultimi si presenterebbero «quali mere allegazioni, non sostenute da apprezzabile supporto probatorio». Né vi sarebbero elementi per sostenere qualsiasi forma di “abdicazione dell’ente pubblico territoriale alle proprie funzioni”, in favore dei due istituti di credito. Cosa che sarebbe dimostrata anche da una serie di operazioni proposte in precedenza alla Regione, ma mai andate in porto. Su tutte la possibile emissione «di bond sulle royalties Eni».

«Non emerge, quindi – proseguono i magistrati – un atteggiamento della Regione quale passivo ricettore delle iniziative delle banche, bensì un ruolo di decisore autonomo rispetto alle proposte degli istituti di credito». Sgombrato il campo dalla responsabilità delle due banche, quindi, la Corte si è concentrata proprio sul ruolo degli amministratori regionali, evidenziando che la loro sarebbe stata: «una condotta rispondente a criteri di sufficiente ponderazione e razionalità, rilevabili dalla comune esperienza amministrativa, ampiamente illustrati nelle comparse, ribaditi dai difensori in occasione della pubblica udienza e tutti sostenuti dall’esame complessivo, coordinato e congiunto degli atti e dei documenti di causa».

«I convenuti – è scritto in sentenza – contrariamente all’ipotesi adombrata (e non dimostrata) dal requirente, non sono semplici sprovveduti e non possono essere considerati inadeguati. Al contrario, stando alla lettura degli atti e dei documenti di causa, emerge una evidente capacità della compagine regionale nell’assolvere funzioni di rilievo, adottando opportune e numerose cautele».

I giudici, sulla base degli interessi applicati su altre operazioni simili nello stesso periodo, hanno ridimensionato anche il presunto squilibrio contrattuale contenuto nelle clausole dei contratti sottoscritti dalla Regione Basilicata, per la rinegoziazione di mutui risalenti al 2000, escludendo che De Filippo e gli altri «abbiano concorso alla conclusione di contratti irragionevoli e diseconomici».

«La struttura del contratto di mutuo stipulato nel 2000 a tasso variabile per gli interventi connessi al sisma del 1998 – spiegano ancora i magistrati contabili – con la crescita dei tassi di interesse che si manifestò a partire dal 2005, esponeva indubbiamente la Regione non solo al cosiddetto rischio tassi , ma anche a quello derivante dall’erosione del capitale da destinare alla ricostruzione, che si prospettava insufficiente sulla base della spesa già programmata;   (…) appariva (ex ante) pertanto razionale sterilizzare detti rischi, ed i due contratti posti in essere nel 2006 appaiono idonei ad assicurare la funzione di copertura del rischio tassi, sostituendo un debito a tasso variabile di entità incerta e con ragionevoli prospettive di ulteriore crescita, con un debito a tasso fisso che permetteva un’adeguata programmazione in bilancio del debito, ed inoltre assicurava alla Regione attraverso lo “swap di capitale” – di modesta entità, pari al 1,85% dell’importo complessivo – un extrafinanziamento necessario a completare gli interventi per il sisma già programmati».

Quanto ai «consistenti differenziali negativi» effettivamente maturati a carico della Regione «al momento della chiusura dei contratti», infine, la Corte sostiene che siano stati la «conseguenza  della sensibile e marcata riduzione dei tassi di interesse, lungamente protrattasi nel tempo, che, dalla seconda metà del 2008, fu provocata prima dalla crisi del mercato immobiliare statunitense (con il noto fallimento della Banca Lehman Brothers), e poi dai timori sulla solvibilità del debito di alcuni stati europei, a partire dalla seconda metà del 2011, (…)». Niente a che vedere, insomma, con  la  presunta «irrazionalità e diseconomicità ex ante dei contratti, come sostenuto nel libello accusatorio, senza fornire adeguato riscontro probatorio».

La Corte ha disposto anche la liquidazione di oltre 23mila euro di compensi ai difensori degli ex assessori e dei dirigenti regionali convenuti.

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