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La Procura di Potenza

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POTENZA – La vera storia dell’inchiesta di polizia e carabinieri sulla “malapolitica lucana” non è soltanto quella dei traffici elettorali della sindaca di Lagonegro Maria Di Lascio e dell’ormai ex capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro, dei presunti condizionamenti sull’operato del direttore generale del San Carlo, dei tamponi “vip” e degli interessi collegati al progetto del nuovo ospedale di Lagonegro.

Nelle carte depositate nei giorni scorsi tra gli allegati dell’ordinanza di misure cautelari eseguita venerdì scorso, infatti, non è difficile leggere una storia molto diversa. Basta cambiare il punto di osservazione della materia grezza costituita perlopiù da intercettazioni, denunce e dichiarazioni di persone informate sui fatti.

Nell’informativa finale della sezione “colletti bianchi” della squadra mobile di Potenza, ad esempio, si parla del fatto che all’interno dell’amministrazione regionale guidata dal governatore Vito Bardi sarebbero esistite due «cordate» in lotta: la prima composta dagli assessori Rocco Leone e Francesco Cupparo; e la seconda guidata dall’ex capo della segreteria del governatore, Mario Araneo.

Nell’autunno del 2019 gli investigatori della mobile avevano già messo nel mirino Araneo e l’allora responsabile della sezione di “intelligence” del comando regionale della Guardia di finanza, Paolo D’Apolito, poi arrestato nell’ambito dell’inchiesta sull’avvocato Raffaele De Bonis.

Dalle chat recuperate nel telefonino del finanziere sarebbe emerso che Araneo «ha fornito informazioni riservate concernenti l’attività politico-istituzionale della Regione Basilicata al militare, mentre quest’ultimo ha chiesto al suo interlocutore l’interessamento presso un quotidiano locale per ottenere la pubblicazione di un articolo riguardante la questione delle pale eoliche adiacenti la propria abitazione». Araneo sarebbe rimasto sotto controllo degli investigatori per tutti i mesi successivi. Così è stato registrato mentre lavorava a un dossier contro uno dei suoi rivali in Regione, l’allora capo ufficio stampa Massimo Calenda, che poi sarebbe stato pubblicato da una testata giornalistica “amica”, Cronache lucane. Come pure quando ha ammesso con l’assessore alle Infrastrutture, Donatella Merra (Lega), di aver spronato uno dei suoi presunti sodali, ovvero direttore generale del San Carlo Massimo Barresi a presentarsi dai carabinieri e denunciare le presunte pressioni ricevute da Leone.

Ai vari magistrati che si sono avvicendati nella gestione del fascicolo, quindi, è toccato scegliere da che parte stare, e con l’arrivo del pm Vincenzo Montemurro hanno ritenuto di farlo una volte per tutte sposando la causa dei secondi ed eleggendoli a supertestimoni dell’accusa. Nelle carte dell’inchiesta, però, sono rimaste nero su bianco le gravi e circostanziate segnalazioni dei militari su altre pressioni ricevute da Barresi, che il dg aveva negato anche di fronte a una loro esplicita domanda, venendo sconfessato da una serie di intercettazioni. Pressioni da parte di Araneo, per la nomina come portavoce del San Carlo di Ida Tortorelli, madre dell’editore della testata giornalistica “amica”, che il dg, dopo che gli era stato rinfacciato l’inquietante curriculum giudiziario dell’editore in questione, Giuseppe Postiglione, avrebbe avuto timore a licenziare per evitare che la vicenda finisse «ancora più tragicamente», che si aprisse «un altro fronte» e si rompessero «certi equilibri» non meglio precisati. Riferendolo in almeno un paio di occasioni allo stesso Leone, poco lontano dalla microspia piazzata nella stampante del suo ufficio.

È anche questa la vera storia dell’inchiesta sulla “mala politica lucana”. «Tortorelli – si legge nel verbale con una delle deposizioni di Barresi ai carabinieri – l’ho assunta io personalmente, perché sapevo chi fosse, ed anche perché viene da una testata giornalistica, che è il giornale Le Cronache Lucane. Tale testata ha condiviso la linea aziendale e non ha mai pretestuosamente attaccato l’azienda ospedaliera (…) Non ho mai avuto pressioni dalla compagine politica regionale, anzi, proprio l’assessore mi riferì che la “politica non era contenta di questa scelta” e mi diceva che non era stata una scelta condivisa con loro».

La microspia piazzata nella stampante dell’ufficio di Leone, però, avrebbe registrato ragionamenti di tutt’altro tipo esternati dal dg mentre l’assessore lo incalzava per sapere da dove era arrivato il suggerimento per la nomina. «Barresi – si legge nel brogliaccio della conversazione – gli spiega che di tale nomine se ne è parlato dall’estate scorsa in quanto si parlava di fare la nomina dei portavoce del San Carlo e quella della Regione. In tale circostanza si disse di nominare alla Regione il direttore della (…) e qui (al San Carlo, ndr) questa persona». Ai pm, chi fosse il «direttore» individuato per l’incarico di portavoce in Regione lo avrebbe spiegato la viva voce di Araneo, che col direttore editoriale della Nuova del Sud, Donato Pace, ma anche con l’editore e da poco patron del Potenza calcio Donato Macchia, parlava apertamente dell’incarico da affidare a Pace, già capo ufficio stampa di via Verrastro. D’altronde era anche questo il motivo del dossier su Calenda.

I carabinieri, ad ogni modo, annotano che «la determina di nomina della Tortorelli arrivava all’indomani dell’ultimo entusiastico resoconto sull’operato del Barresi (criticato fino a quel momento, con articoli apertamente in disaccordo con la sua gestione ma in generale con l’attuale Giunta del Presidente Bardi) pubblicato sulla testata Cronache Lucane edita da Postiglione Giuseppe, figlio della Tortorelli. L’ennesima dichiarazione di sostegno veniva “strillata” in prima pagina (“Barresi ha i numeri: promosso”), dopo la conferenza stampa in cui il governatore Bardi e il capo del dipartimento Salute della Regione, Ernesto Esposito, prendevano le sue difese minimizzando il calo di produzione dell’azienda ospedaliera».

A riprova della provenienza dell’indicazione di Tortorelli agli atti c’è anche un’annotazione del responsabile della sezione “colletti bianchi” della squadra mobile, Pasquale Di Tolla, che il giorno prima della nomina della portavoce, avvenuta il 30 gennaio 2020: «durante una cena con familiari, ha notato all’interno del Ristorante-Pizzeria “Il Gazebo” di Pignola la presenza ad un tavolo di Araneo Mario, Barresi Massimo, Postiglione Giuseppe e con molta probabilità il dg della Sanità Esposito Ernesto».

Gli investigatori hanno ricordato anche le inchieste che hanno preso di mira Postiglione, che è tuttora a processo per un presunto porno-ricatto a un assessore del Comune di Potenza. Postiglione negli ultimi due anni e mezzo è riuscito ad allargare non poco le sue attività editoriali, il suo sistema di relazioni, e i suoi «entusiastici resoconti», che in più occasioni hanno esaltato anche le inchieste condotte dalla procura di Potenza e dal pm Montemurro in particolare. 

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