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Il procuratore capo di Potenza Francesco Curcio

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Funzionari della Regione Basilicata ed imprenditori, tutte le accuse legate al blitz che ha portato a tre arresti e due divieti di dimora

NOVE capi d’imputazione provvisoria per 5 indagati. Sono queste le cifre fondamentali dell’inchiesta per cui ieri mattina sono scattate le misure cautelari nei confronti di due imprenditori attivi nell’estrazione degli inerti, Luigi Grieco e Luigi Alianelli, e i funzionari dell’Ufficio suolo della Regione Basilicata: Nicola Cafarella, Donato Palma e Vito Antonio Nella.

Cafarella è indagato per un’ipotesi di tentata concussione per aver fatto pressioni, nel 2018, sui gestori della cava di Monte la Guardia di Acerenza, i fratelli De Bonis, perché affidassero una consulenza da 40mila euro, per la progettazione della riapertura della cava in questione a un geometra di sua indicazione. Dopo aver bocciato un precedente progetto presentato nel 2013. Il tutto condito di «velate richieste» di denaro mimate col gesto «di mettere qualcosa nella tasca della camicia».

Una seconda ipotesi di reato a carico dello stesso Cafarella e dei due imprenditori di Gorgoglione, Luigi Alianelli e Giuseppe Greco, interessati a una cava in località “Scarappata”, riguarda «mezzi e uomini» prestati al funzionario regionale per «lavori di aratura e raccolta delle olive» in un terreno di sua proprietà a Corleto Perticara. Mezzi e uomini che sarebbero serviti come ricompensa per il mancato censimento della cava di Scarappata «quale cava dismessa nella quale non era stato operato il recupero ambientale – con conseguente onere economico a carico dei due imprenditori».

Nei confronti sempre di Cafarella e del collega geologo dell’ufficio suolo della Regione, Donato Palma, vengono ipotizzate, due diverse ipotesi di falso col concorso morale di «istigatore/rafforzatore della volontà delittuosa altrui e beneficiario della condotta delittuosa» del gestore della cava “La Pedicara” di Balbano, Vincenzo Santagata (indagato a piede libero, ndr). Falsi relativi ad attestazioni dei due funzionari sull’assenza di «motivi ostativi» alla richiesta di inversione delle fasi di coltivazione di una cava di Balvano, nonostante avessero riscontrato «la coltivazione in totale difformità al progetto», e che «la fase due era stata già esaurita ed era iniziata anche la fase tre». Circostanze che avrebbero imposto, quindi, «il rilascio di parere negativo».

Un’altra ipotesi di falso per Cafarella e il collega Vito Antonio Nella, invece, riguarda la relazione su un sopralluogo effettuato nella cava di Vallecupa, a Montescaglioso, in cui avrebbero «la rispondenza degli elaborati progettuali allo stato dei luoghi, avendo invece rilevato la coltivazione in difformità del progetto e in particolare la realizzazione di pareti verticali». Il tutto concorso morale del gestore della cava, Giovanni Muscaridola della Cave e cantieri srl (indagato a piede libero).

Sulla base di quella relazione “aggiustata”, però, il dirigente dell’Ufficio difesa del suolo della Regione avrebbe prorogato l’autorizzazione della cava. Di qui un’altra imputazione provvisoria per falso ed “errore determinato dall’altrui inganno” sempre per Cafarella, Nella e Muscaridola. Stessa imputazione, quella di falso ed “errore determinato dall’altrui inganno”, che compare in un settimo capo d’accusa per Cafarella in concorso col gestore della cava Setilino di Venosa, Antonio Sassone della Melfese calcestruzzi srl (indagato a piede libero), per un nulla osta alla «variazione delle fasi di coltivazione» concesso dal dirigente dell’ufficio Difesa del suolo sulla base di un rapporto in cui «non si rilevavano motivi ostativi», pur «essendo stata accertata, invece, la coltivazione in totale difformità al progetto di cava, vale a dire la realizzazione di gradoni invece che di sezioni orizzontali».

Il solito Cafarella avrebbe falsificato anche il verbale di un sopralluogo nella cava della Ila Laterizi di località Venusio, a Matera, dando il nulla osta alla ripresa dei lavori «nonostante avesse accertato nel corso del sopralluogo la non conformità della coltivazione della cava al progetto presentato, essendovi fenomeni gravitativi e inclinazioni delle scarpate».

Un ultimo capo d’imputazione provvisoria per falso, quindi, riguarda un verbale di accertamento nei confronti dei gestori della cava di località Monte Poto di Genzano di Lucania, la Scianatico Laterizi. In questo verbale, infatti, Cafarella e Nella avrebbero «rilevato parzialmente la situazione di fatto rilevata, omettendo di evidenziare l’estrazione di materiale avvenuta in area esterna all’area di cava».

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