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Il tribunale di Potenza

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Cinque misure cautelari in Basilicata, arrestati funzionari della Regione che seconda l’accusa avrebbero favorito degli imprenditori

POTENZA – I Carabinieri Forestali di Potenza hanno eseguito cinque misure cautelari personali (tre arresti domiciliari e due divieti di dimora in Basilicata) a carico di funzionari dell’ufficio Difesa del Suolo, Geologia ed Attività Estrattive della Regione Basilicata. Coinvolti anche alcuni imprenditori del settore, indiziati dei reati di tentata concussione, corruzione e falso ideologico.

La Procura della Repubblica di Potenza ha coordinato l’indagine che ha portato all’emissione da parte del gip delle ordinanze cautelari.

L’inchiesta, iniziata nel 2021, secondo la Procura ha portato alla scoperta di «un allarmante e pervasivo sistema di vero e proprio addomesticamento delle funzioni pubbliche di controllo, proprie dei funzionari regionali». Sistema che, grazie a «regalie e vantaggi economici», agevolavano alcuni imprenditori dediti alla coltivazione mineraria di cave situate in Basilicata.

Ciò consentiva loro di evitare le attività di ripristino ambientale a valle dell’attività estrattiva. Ma contemporaneamente di evitare che la Regione Basilicata escutesse le fideiussioni bancarie che i titolari di cave sono tenuti ad apprestare a garanzia del corretto adempimento delle attività di ripristino. Dalle indagini è emerso dunque una violazione sostanziale e reiterata delle normative volte alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, che ha danneggiato il territorio lucano.

ARRESTATI FUNZIONARI DELLA REGIONE BASILICATA, UN IMPRENDITORE HA COLLABORATO CON LA PROCURA

Gli investigatori hanno “tracciato” gli incontri fra i funzionari pubblici indagati e “rappresentanti delle ditte ‘amiche'”. Incontri che avvenivano sempre lontano dagli uffici. E hanno accertato «danni al paesaggio lucano, deturpato da voragini la cui eventuale eliminazione e messa in sicurezza richiederà uno sforzo economico notevolissimo da parte della Regione».

Nell’inchiesta, un imprenditore al quale, secondo l’accusa, avrebbero chiesto soldi «per lo svolgimento di attività di ufficio», ha collaborato con gli investigatori, «denunciando i ricatti che gli erano stati rivolti».

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