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POTENZA – Ancora tre morti tra i contagiati lucani (residenti e non). Mentre l’Istituto superiore di sanità segnala la Basilicata tra le 11 regioni italiane «a rischio elevato di una trasmissione non controllata di sars cov 2», e accantona il criterio dell’indice di trasmissione del contagio (rt). D’altronde per calcolarlo vengono presi in considerazione soltanto i pazienti sintomatici. Ma se va in tilt il tracciamento e l’inserimento dei dati di ognuno dei contagiati (sintomatici e non) nel sistema informatico, come si è avuto modo di constatare nelle scorse settimane, allora c’è ben poco da fidarsi. Quindi la classifica che vede la stessa Basilicata dietro a tutte le altre regioni, con un indice dell’1,04 contro una media italiana dell’1,7, rischia soltanto di creare false speranze.

E’ un nuovo campanello d’allarme quello suonato ieri durante la presentazione del report settimanale sull’andamento della pandemia realizzato da ministero della Salute e Iss.

L’accensione dei riflettori nazionali sul caso Basilicata è arrivata nel giorno in cui il numero dei contagiati lucani, residenti e non, ha superato quota 2mila dall’inizio della pandemia, quasi 1.300 dei risultano tuttora positivi.

Resta da chiarire, invece, se verranno registrati come morti “per” covid, o soltanto “con” il covid, due dei tre pazienti deceduti nelle scorse ore: il secondo deceduto al San Carlo e un altro a Montalbano (annunciato dal sindaco Piero Marrese).

La giornata di ieri, ha fatto comunque segnare oltre 90 nuovi contagi a fronte di 15 guarigioni e dei 3 decessi, che porterebbero il numero complessivo delle vittime della pandemia a 50. Ma è sulla gestione complessiva della crisi che anche ieri si sono addensate nubi pesanti, con l’annuncio, causa esaurimento dei reagenti, dello stop per una settimana, da lunedì 2 a lunedì 9, dei tamponi effettuati nel principale laboratorio privato di Potenza. Una battuta d’arresto destinata a privare centinaia di cittadini, che ogni giorno si mettevano in fila in via Mazzini per sottoporsi al test, dell’unica valida alternativa ai ritardi di un sistema sanitario regionale sopraffatto dalla crescita esponenziale dei casi nelle ultime settimane. Stesso discorso per i clienti anche di altre strutture private lucane, che conferivano i tamponi per il processamento al laboratorio potentino.

Sull’accaduto ieri sono tornati a farsi sentire i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil

Angelo Summa, Enrico Gambardella e Vincenzo Tortorelli hanno parlato del segnale inequivocabile di una sanità lucana «sempre più allo sbando», all’indomani dell’annuncio del governatore Vito Bardi di un prossimo aumento da 1.000 a 3.000 dei tamponi processati giornalmente.

«Ormai è giunto il tempo – hanno aggiunto i tre segretari confederali – di prendere atto che occorre dotarsi di una gestione coordinata dell’emergenza pandemica, che non può essere trattata così come si è fatto fino ad ora: a rischio c’è la salute di tutti i lucani. Si istituisca una cabina di regia con un coordinatore unico per la gestione dell’emergenza a cui affidare tale responsabilità».

La chiusura del Santuario della Madonna di Picciano

Ieri un’ultima testimonianza del livello di penetrazione della pandemia sul territorio lucano è arrivata, infine, dall’arcivescovo di Matera, Antonio Caiazzo, che ha annunciato la chiusura per due settimane, da sabato 31 ottobre, del Santuario della Madonna di Picciano. Una decisione assunta «a seguito del riscontro di alcuni casi di positività al covid tra i monaci della comunità monastica benedettina olivetana».

Caiazzo ha assicurato che al momento nessuno dei positivi avrebbe bisogno di ricovero ospedaliero e sarebbero già stati tutti isolati e intervistati dal personale dell’Azienda sanitaria di Matera per rintracciare quanti hanno avuto contatti con loro negli ultimi giorni.

«Preghiamo la Madonna di Picciano – ha esortato l’arcivescovo – perché continui a proteggere con il suo cuore di madre la comunità monastica di Picciano e tutti i fedeli che a lei guardano con filiale devozione».

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