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L’ultimo rapporto del Fondo monetario parla di Italia a due velocità ma nel Sud virtuoso inserisce solo Puglia e Campania. Ecco i motivi di una regressione

POTENZA – Le royalty precipitate (senza petrolio si perdono 300mila euro al giorno) dopo il ciclone giudiziario d’aprile (oggi la prima udienza del processo) e i primi segnali di flessione persino in Fca, già traino dell’export meridionale ma che in questo autunno più triste che caldo registra la cassa integrazione per mille operai della linea Punto: sono due dei motivi “contingenti” che non permettono di inserire l’ex isola felice del Sud – la Basilicata – tra le regioni in crescita. «Il Mezzogiorno cresce la metà del Nord ma anche al Sud ci sono punte di eccellenza, in Puglia e Campania», scrive oggi Repubblica citando l’ultimo rapporto del Fondo Monetario. Appunto: che fine ha fatto la Basilicata nell’Italia a due velocità?

Ecco alcune delle emergenze del (fu?) «Texas d’Italia»

SPOPOLAMENTO, SCUOLA E POVERTÀ
L’Anci ha dedicato al tema i suoi ultimi stati generali, registrando una flessione inesorabile nel numero degli abitanti: al primo gennaio del 2015 erano registrati 576.619 residenti; al primo gennaio di quest’anno 573.694 (provincia di Potenza 372.835; provincia di Matera 200.512) ed in cinque mesi, al 31 maggio, c’è stata un’ulteriore riduzione a 572.066 (provincia di Potenza 371.999; provincia di Matera 200.067, a poche decine dalla soglia dei 200mila).
Le ripercussioni – annotava l’associazione che riunisce i Comuni lucani, guidata da Salvatore Adduce – sono quotidiane: gli uffici postali chiudono definitivamente oppure gli sportelli aprono a giorni alterni nelle frazioni o nei centri più piccole. Chiudono le edicole dei giornali, non si aprono altre farmacie. I servizi tendono a concentrarsi in pochi Comuni mentre spariscono nella galassia dei piccoli centri. Sono decine in Basilicata quelli con popolazione inferiore a mille abitanti». Un fenomeno che si riverbera anche nelle scuole, sia tra gli studenti che tra insegnanti e personale Ata.  
Come se non bastasse, anche un recente studio di Termometro Politico quantificava la “fuga dalla Basilicata” con toni abbastanza allarmanti, tanto che c’è chi – come il ricercatore Giuseppe Melillo – pensa che solo l’arrivo di migranti potrà far rinascere la Basilicata desertificata (che comunque a qualcuno piace…).
Uno scenario drammatico anche se si incrociano questi dati con quelli sulla povertà: un’emergenza che riguarda 35mila famiglie lucane.

LAVORO
L’ultima polemica riguarda il reddito minimo: possibile che nella regione del petrolio e della multinazionale di Detroit crescano le sacche di inoccupati e disoccupati, ex lavoratori troppo giovani per la pensione ma troppo anziani per re-immettersi nel mercato del lavoro? Mentre il Palazzo mostra la sua distanza dai reali problemi dei cittadini, 12mila lucani attendono risposte, proprio come «quelli dell’ex mobilità» che occupano da due anni un gazebo davanti all’ingresso della Regione.

COME USCIRNE?
La settimana scorsa una notizia finalmente positiva permetteva di leggere il mutato quadro economico della Regione sotto una diversa prospettiva: il boom dell’agroalimentare, con un export che nel primo trimestre 2016 vale 14 milioni di euro (incremento del 21% rispetto al 2015) e un interessante indicatore in base al quale si starebbe accorciando notevolmente il divario con il petrolio (fermo a 52 milioni di euro).
E poi non si può omettere la sfida delle sfide: Matera 2019. Anche qui, tra i ritardi nella gestione della Fondazione e un sistema trasporti che zavorra il territorio, può arrivare un caso limite a scuotere le coscienze e indicare la via. Come dire: programmiamo per tempo in modo da non doverci stracciare le vesti in futuro. E magari le classifiche non assegneranno alla Basilicata l’ennesima maglia nera.

 

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