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Roberto Cifarelli

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L’intervista, il capogruppo regionale Pd Roberto Cifarelli: «Il governatore Bardi applaudito solo da chi non lo conosce»

POTENZA – C’è un bilancio regionale in via di approvazione, nonostante i ritardi, da quanto resta della maggioranza che sostiene l’amministrazione di via Verrastro. E c’è un bilancio degli ultimi 5 anni di storia lucana pieno di buchi. Dal piano sanitario mai tradotto in qualcosa di concreto alla programmazione e le politiche industriali assenti, mentre nell’indotto dello stabilimento Stellantis di San Nicola di Melfi ormai si contano «morti e feriti».
Assomiglia a un primo giudizio “storico” quello del capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Roberto Cifarelli, all’operato del governatore Vito Bardi e della sua maggioranza. Nonostante i toni celebrativi delle sue ultime uscite pubbliche. Anche su palcoscenici di livello nazionale.

Consigliere, ha visto che applausi per il governatore Bardi a Milano, al convegno di Forza Italia?
«Bardi è un presidente che viene applaudito solo dove non e’ conosciuto. E’ la seconda volta nella storia della Basilicata la nostra Regione è passata dall’esercizio provvisorio alla gestione provvisoria: questo significa i servizi ordinari della Basilicata sono stati erogati in dodicesimi e le imprese che operano con Regione, per quest’anno, potranno contare nei pagamenti da luglio 2023 in poi. Da ottobre siamo in assenza di assessore all’agricoltura anche grazie al colpevole silenzio delle associazioni di categoria mentre Bardi va in giro per l’Italia nel tentativo di accreditarsi per una ricandidatura già bocciata dalla sua stessa maggioranza. È assurdo che in una Regione dove l’agricoltura vale più di ogni altro settore economico sia ancora bloccata per i ricatti politici provocati dallo tsunami della magistratura in seno alla maggioranza di centrodestra di Basilicata».

Dice che manca una reale programmazione economica?
«La risposta è nei numeri ed è chiarissima: nessun merito, perché la programmazione non c’è. In pratica la Regione ha portato avanti una “spesa facile”, senza bandi e senza progetti, funzionale solo a scongiurare il disimpegno e, quanto al Pnrr, prendendosi meriti che non sono suoi per i finanziamenti che stanno arrivando in Basilicata. Una riprova ulteriore sta nel fatto che sul Fondo sociale europeo, basti guardare al programma Gol (Garanzia occupabilità lavoratori, ndr), sui pagamenti monitorati, l’avanzamento vero di spesa ci consegna una regione fortemente in ritardo. In sostanza, anche qui l’attività della Regione è stata nulla. Non si comprende quali siano i veri assi di sviluppo e le azioni che si intendono intraprendere per dare impulso all’economia della Basilicata. Non si comprende se la programmazione sia corrispondente all’evanescente piano strategico e non sappiamo con chi e dove le proposte che tardivamente il governo regionale sta mettendo in campo siano state condivise. Se la programmazione economica non è stata condivisa con tutti i soggetti sociali che rappresentano la carne viva della Basilicata di cosa parliamo? E’ la dimostrazione di un governo regionale etero diretto da fuori regione che lascerà in eredità il nulla costruito in questi anni. Ma di questo Bardi che ne sa?»

Sulle infrastrutture, però, qualcosa passo in avanti concreto c’è, oppure no?
«L’alta velocità o l’alta capacità come quella del tratto da Grassano a Taranto sono infrastrutture che si ottengono grazie ad una scelta nazionale e soprattutto all’ex sottosegretario Margiotta, non certo per impulso della Regione Basilicata; così come accade per la ferrovia Ferrandina-Matera dove dalla Regione non viene nessun impulso a volere proseguire la tratta sino all’adriatico. Altra storia l’infrastruttura Murgia-Pollino, dunque il raddoppio della statale 7, che pure darebbe nuovo sviluppo alla Val Basento. Si è arenato tutto nel chiacchiericcio e nelle schermaglie con sindacati e istituzioni locali. E le politiche industriali? Se ci fossero, ci sarebbero anche dei bandi, ma non ne vedo».

Ma sul bilancio non si sta andando a definizione proprio nei prossimi giorni col voto in Consiglio?
«Vedremo, intanto come Pd abbiamo presentato alcuni emendamenti, uno dei quali condiviso col collega del Movimento 5 stelle, Perrino. Non si può dimenticare le famiglie oggetto di ordinanze di sgombero in quei comuni, come Pomarico, segnati da drammatici eventi franosi. A questo proposito abbiamo proposto un contributo complessivo per i per il biennio 2023 – 2024 di 1.000.000,00 euro che i comuni dovrebbero mettere a disposizione delle famiglie costrette a trovarsi una autonoma sistemazione alternativa. Per le amministrazioni comunali, invece, proponiamo di sostenere maggiormente il Fondo unico autonomie locali istituito con la Legge regionale numero 23 del 2018 con una dotazione economica proposta di 10.500.000,00 di euro per il 2023 e di euro 7.500.000,00 per l’anno 2024».

Che sta succedendo all’Azienda sanitaria di Matera? Come si spiega che l’Asm, 5 anni dopo il terremoto giudiziario sui concorsi e 2 anni dopo l’arrivo dell’attuale dg Sabrina Pulvirenti, resti ancora il fronte più caldo di tutta la gestione del sistema sanitario regionale, assieme ai rapporti con le strutture private?
«Non credo che il problema riguardi solo l’Asm. Magari sull’Asm io sono un po’ più attento. Credo invece che il problema riguardi l’approccio che Bardi e la sua amministrazione hanno avuto rispetto al tema della sanità. L’impressione che abbiamo avuto fin dal primo momento, e la vicenda dell’ex direttore generale del San Carlo Massimo Barresi e dell’ex direttore generale dell’Asp Lorenzo Bochicchio ne sono un esempio, è che c’è stato un tentativo di mettere le mani sulla sanità più che di occuparsi di sanità, nel senso di risolvere i problemi. Quindi sull’Asm, anche dopo gli scossoni degli anni precedenti, non si è compreso che bisognava ripiegarsi per capire i problemi della sanità, per tentare di risolverli. Invece ha prevalso la volontà di occupare semplicemente i posti. Anche sui rapporti con le strutture private c’è una questione di ordine un po’ più generale. È chiaro che la pandemia ha accentuato alcuni problemi che già esistevano e che adesso sono emersi in tutta la loro drammaticità. Mi riferisco al fatto di non avere un piano sanitario regionale che potesse completare il processo di riforma del sistema sanitario regionale avviato nel 2017 dalla precedente amministrazione di centrosinistra per rispetto del mutato quadro normativo nazionale. Una riforma complessa, per una regione di 10.000 chilometri quadrati con 131 comuni e appena 500mila abitanti. Tanto più che i tetti di spesa per il personale erano stati fissati senza tener conto del 118 e del Crob di Rionero. Per questo andava approvato un piano sanitario per tener conto di tutti questi fattori e verificare il fabbisogno di prestazioni da affidare alle strutture private, con il relativo budget. Questo non è stato fatto per tempo dall’attuale amministrazione, entrata in carica nel 2019, e il problema è esploso. Noi del Pd siamo per una sanità che preveda a coloro che sono nati a Calciano come coloro che sono nati a Savoia di Lucania (due esempi a caso) gli stessi diritti che hanno coloro che vivono a Potenza: da qui la richiesta di concertazione e del nuovo piano sanitario regionale che Bardi tiene nascosto in un cassetto del suo ufficio. Sempre a seguito della riorganizzazione del sistema sanitario regionale negli anni passati sono stati riclassificati gli ospedali minori (Tricarico, Tinchi e Stigliano in provincia di Matera), che garantivano servizi sanitari essenziali di base (medicina, chirurgia, ostetricia e pediatria). La riclassificazione ad ospedali territoriali ha determinato che queste strutture perdessero lo status di ospedali per acuti e, quindi, attualmente non è più possibile che eroghino prestazioni ospedaliere per acuti. Questo modello organizzativo e lo spostamento del baricentro della sanità a Potenza, ha scaricato le conseguenze peggiori su Matera e la sua provincia. Negli anni, quindi, progressivamente è iniziata e aumentata la debacle dell’Ospedale “Madonna delle Grazie”, che da punto di riferito di tutto il territorio provinciale, oramai è ridotto a poco più di un poliambulatorio. La situazione è così compromessa che ha come conseguenza la fuga, sia dei cittadini/utenti, sia del personale sanitario; i primi si rivolgono altrove (fuori regione e/o verso la sanità privata) in cerca di cure; il personale sanitario si sposta altrove in cerca di migliori condizioni di lavoro, di carriera e di remunerazione economica; il punto di caduta di questa fuga dei cittadini materani alla ricerca della salute è stato fino ad ora il vicino Ospedale “Miulli”, sito ad Acquaviva delle Fonti, nella vicina Puglia, che ha garantito ricoveri e cure adeguate. L’Ospedale Miulli è una struttura sanitaria privata e, per il complesso meccanismo dei tetti di spesa oramai raggiunti, non può più dare risposte ai cittadini materani, per i quali non possono più essere rimborsati i costi delle prestazioni sanitarie erogate da una struttura sanitaria privata convenzionate com’è il Miulli».

Lei allo scorso congresso nazionale del Pd ha sostenuto Stefano Bonaccini. Come valuta i primi passi della neo-segretaria Elly Schlein?
«Io sostenuto Bonaccini, è vero. Ma i congressi si fanno per rinnovare la linea politica e non sono delle guerre. Finito il congresso c’è un segretario, che in questo caso è la Schlein, e noi siamo tutti quanti con lei. Non c’è più un problema di chi ha sostenuto l’uno, e chi ha sostenuto l’altro. Credo che la Schlein abbia fatto bene in questi primi mesi perché ha ridato smalto, entusiasmo al Partito democratico e i sondaggi lo lo dimostrano. E’ chiaro che vedremo nel tempo e collaboreremo con lei, ovviamente, affinché questa linea politica si affermi e sia vincente in occasione delle prossime elezioni europee dell’anno prossimo».

Pensa che l’abbigliamento armocromatico della neo – segretaria sia in grado di ricollegare il Pd all’elettorato più della camicia aperta del governatore emiliano?
«Io credo che l’elettorato sia più maturo di quanto noi possiamo pensare, e che in finale l’abito non fa il monaco. Intendo che non sono questi i temi che possono far avvicinare o allontanare l’elettorato di questo di quell’altro partito a uno a un altro leader. Non credo che sia questo il problema». Dopo di ché quando ho incontrato Bonaccini, prima del congresso, ovviamente gli dissi che forse la camicia aperta se la poteva pure risparmiare, insomma (ride, ndr)».
E il neo segretario regionale Giovanni Lettieri? Come giudica i suoi primi passi?
«Sta improntando la sua azione sul confronto e sull’ascolto, con il giusto spirito e l’umiltà per mettere insieme le forze politiche ed i movimenti, anche civici, di ispirazione progressista e riformista».

Regionali 2024: che deve fare il centrosinistra per non condannarsi a una competizione a perdere?
«Deve fare due cose più una terza. Le due cose sono, innanzitutto, andare uniti. Bisogna trovare le ragioni per stare insieme, dal Movimento 5 Stelle fino alle forze più centriste o riformiste che dir si voglia. E il Partito democratico vene svolgere la sua funzione baricentrica per fare in modo tale che tutto questo avvenga. La seconda cosa è il progetto politico. Non è sufficiente la formula del “campo largo”, o del “campo democratico”, come lo vogliamo chiamare . C’è il tema di un progetto, di quale visione abbiamo di rilancio della Basilicata. Quali progetti bandiera e quindi cosa dire agli elettori per convincerli che questa proposta politica è sicuramente più idonea per il futuro della Basilicata rispetto a quella dei nostri competitor».

Non c’era anche una terza cosa?
«La terza cosa è quella che riguarda gli uomini. Ognuno di noi, del gruppo dirigente del centrosinistra deve lavorare in maniera generosa per perché questo si realizzi. Quindi bisogna mettere da parte, diciamo, anche le ambizioni personali, i protagonismi, perché credo che sia più importante far vincere la Basilicata da questo punto di vista e non i singoli».
Si vede come candidato governatore, o ha un altro profilo in mente?
«In questo momento mi sento molto come Gianni Morandi a Sanremo dopo l’esibizione di quel cantante, Blanco, che ha sfasciato tutto sul palco. Con la scopa in mano a ripulire. Io sono rimasto l’unico consigliere regionale del Partito democratico e mi sento un po’ così. Cerco di tenere alta la bandiera del Partito democratico e sono proiettato a lavorare con lo spirito che serve per la costruzione del centrosinistra e per vincere le elezioni».

Quindi ha in mente un profilo “altro”?
«Il profilo giusto è quello che unisce e che ci fa vincere».

Stellantis, la situazione è talmente complessa che immaginare un’unica strategia da mettere utilmente sul tavolo per evitare il declino della fabbrica lucana per antonomasia sarebbe riduttivo. Quale sarebbe, al contrario, un errore davvero imperdonabile da parte dell’amministrazione regionale?
«Quello che è accaduto finora, cioè l’assenza. Questo è imperdonabile. È da tempo che stiamo dicendo: guardate che lì c’è un problema, c’è un problema, c’è un problema che è diverso da quello che denunciavamo fino all’altro ieri. Fino a quando i motori erano endotermici il tema era: come facciamo a mantenere la produzione dei 400.000 veicoli? Quindi avevamo bisogno di chiedere a Fiat prima, Fca dopo, e Stellantis dopo ancora, la dico in maniera banale e anche un po’ impropria: dateci un’altra linea, dateci un altro modello, no? Questo era quello che si diceva all’epoca. Poi l’Unione europea ha deciso di chiuderla con le motorizzazioni endotermiche entro il 2035. Allora da un attimo dopo bisognava preoccuparsi di capire cosa accadeva. E non solo su Stellantis, che è obiettivamente un problema soprattutto nazionale. Mi riferisco all’indotto di San Nicola di Melfi, dove hai tante imprese, grandi, medie, piccole, rispetto alle quali una tua politica industriale regionale può ancora essere messa in campo. L’unica cosa fatta in questi anni, è che abbiamo fatto noi quando io ero assessore alle Attività produttive, sono state le Zone economiche speciali. Io mi trovai lì in quel momento e ne allargammo le potenzialità oltre al retro porto di Taranto, che è la Valbasento, ricomprendendo altre aree industriali, tra le quali proprio quella di Melfi. Lì un’attenzione particolare andava messa senza aspettare che la crisi venga conclamata col riconoscimento di area di crisi complessa. Va bene, ma una tua politica industriale, tu Regione vuoi metterla in campo? Soprattutto rispetto all’indotto. Perché altrimenti succede quello che sta accadendo. Ovvero che Stellantis in qualche maniera accompagna la fuoriuscita di 2000 lavoratori. Mentre nell’indotto si fanno morti e feriti: non ci sono persone che decidono spontaneamente di prendere un incentivo per andare a casa, per fare un altro lavoro, insomma. Per questo è importante anche il tema dell’energia. Sarebbe stato fondamentale, e lo è ancora oggi. Invece il governo regionale, pur di non ascoltare le minoranze, le opposizioni, ha perso un anno dietro a questa cosa».

Di recente il progetto di stoccaggio in Valbasento della Geogastock è stato rilevato da un fondo di investimento americano. Tortorelli si è già espresso positivamente al riguardo, anche rispetto alla trasformazione della Basilicata in un “hub” energetico a servizio del Paese. Lei che giudizio dà del progetto?
«È una cosa di cui si parla da 15 anni. Io dico che siamo in una fase di transizione energetica, quindi occorre mettere in campo delle politiche che ci facciano uscire definitivamente dal fossile di qui ai prossimi 20 anni, 25 anni, quello che è due. Quindi, diciamo, ci può stare il fatto che in una fase di transizione si possano attuare anche politiche del genere di questo hub energetico. Ma quanti posti di lavoro mi crea? Quindi quali sono le prospettive occupazionali? Perché noi sul piatto della bilancia dobbiamo mettere sempre le varie cose. Il tema ambientale, il tema occupazionale e il tema della salute. Quindi faremo senz’altro un approfondimento prima di esprimere un giudizio rispetto a questa ipotesi di hub energetico».

La Regione Basilicata è da quasi 7 mesi senza assessore all’Agricoltura. È la prova definitiva che se ne può fare a meno, eliminando l’ennesima poltrona inutile, oppure c’è da attendersi un conto da pagare per aver lasciato gli uffici senza una guida politica?
«Questa vicenda dell’assessore all’Agricoltura è la prova regina del fatto che questo governo regionale, cioè il centrodestra, è in crisi perenne dal proprio insediamento. Non c’è stato un giorno in cui il centrodestra non sia stato in fibrillazione e il fatto che non ci sia un assessore all’Agricoltura non è certo perché ne dobbiamo fare a meno o ne possiamo fare a meno. E’ perché non c’è un’intesa, altrimenti Bardi l’avrebbe già nominato, e il fatto che Fratelli d’Italia lo reclami e un pezzo di Forza Italia annunci una conferenza stampa di qui a qualche giorno è la controprova del fatto che la crisi c’è e continuerà probabilmente fino alla fine della legislatura. Ma l’agricoltura è ancora importante, molto importante per la Basilicata, perché vale quasi il 10% del pil della regione, due volte quanto vale a livello nazionale. Questo vuol dire che è un settore strategico, perciò non credo proprio che non serva un assessore dedicato, e spero che non dovremo pagare un conto per il fatto che questi uffici siano stati lasciati senza guida politica».

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