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Giuseppe Conte

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L’intervista all’ex premier Giuseppe Conte che non fa “sconti” al centrodestra lucano e parla di autonomia differenziata fatale per la Basilicata


POTENZA – L’autonomia differenziata potrebbe rivelarsi «la mazzata definitiva» per la Basilicata. Dopo 5 anni di un governo regionale inadempiente, che avrebbe tenuto «nascosti» i dati sul fabbisogno sanitario, e non sarebbe stato d’«impulso» ai necessari investimenti infrastrutturali.
Non fa «sconti» il Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, all’operato del centrodestra lucano. Ma nemmeno agli «alleati» del Pd, sulla cosiddetta «questione morale», rivendicando la battaglia per la candidatura di personalità in grado di incarnare un «rinnovamento» credibile.
Oggi (16 aprile) e domani l’ex premier sarà in Basilicata, in vista del voto di domenica e lunedì, per sostenere la lista M5s e la candidatura a governatore di Piero Marrese. Alla vigilia di questa due giorni lucana, quindi, ha accettato di rispondere ad alcune domande.

Presidente, in Basilicata la disputa per l’individuazione del candidato governatore del Movimento 5 stelle e dei suoi alleati, Pd in primis, ha catturato senz’altro molta attenzione ma ha sollevato più di qualche dubbio sulla solidità della proposta politica partorita. A Bari le premesse sembrano simili. Rimpianti?

«Nessun rimpianto, in Basilicata insieme alle altre forze progressiste abbiamo individuato – pur con qualche fatica in più – un candidato capace come Piero Marrese. Il Movimento Cinque Stelle si è dato un metodo e lo stiamo portando avanti in tutti i territori che andranno al voto: partiamo da progetti realizzabili e utili alla collettività e su questi costruiamo una proposta politica seria e condivisa, convinti che solo su questa base si possa poi individuare un candidato che interpreti questo programma. Al centro, prima dei nomi, mettiamo le nostre proposte e teniamo alta l’asticella della legalità e della “buona politica”.
Solo così possiamo riportare gli elettori a votare. Anche a Bari, alla luce delle inchieste emerse, abbiamo detto ai nostri alleati che sarebbe stato folle far finta di nulla e tenere le primarie in condizioni così compromesse. Abbiamo chiesto di convergere su Michele Laforgia, un candidato scelto dalla comunità civica e dalle componenti sane della città. Non accettiamo che ci venga rivolta l’accusa di opportunismo: la legalità, la trasparenza, la lotta contro i trasformismi e il voto clientelare fanno parte del dna del movimento sin dalla sua nascita e non siamo disposti su questi temi, e sulla più generale questione morale, a chiudere un occhio. Non facciamo sconti alla destra, totalmente indifferente alla questione, e non possiamo farne nemmeno ai nostri alleati».

Quindi perché i lucani dovrebbero sostenere il “nuovo”, rappresentato da Marrese e da questa inedita alleanza, a livello regionale, tra Pd e M5s, invece dell’“usato sicuro” rappresentato da Bardi e il centrodestra allargato all’ex terzo polo?

«Non voglio fare polemiche con chi ha scelto una direzione diversa dalla nostra, di questo i responsabili ne risponderanno davanti agli elettori. Sicuramente il M5s è lontano anni luce da logiche a geometria variabile come quelle a cui è tanto affezionata Azione. Per noi è il momento di voltare pagina e per farlo non possiamo affidarci a chi rispecchia politiche già sperimentate per decenni in questa Regione. Serve rinnovamento, serve un progetto serio e non proposte buone solo ad acchiappare voti».

Lei nei giorni scorsi ha spiegato che quando si dice “uno vale uno” si intende apertura alla partecipazione della cittadinanza alla vita politica e non affidare incarichi delicati a persone poco qualificate. Non teme che la dialettica tra partiti finisca per “bruciare” anche una classe dirigente capace e meritevole di fiducia presente sui territori?

«Non ci siamo confrontati per spartirci posti, ma per dare alla Basilicata un governo capace di fare gli interessi dei cittadini, capace di risollevare la sanità pubblica, di creare opportunità di lavoro, di tutelare le risorse del territorio. Il tema del rinnovamento della classe dirigente è cruciale, nel Movimento vige la regola che non si possono esercitare più di due mandati, come forma di garanzia affinché gli eletti possano dedicarsi al bene del Paese e non ai propri destini personali».

Come sono i rapporti con il suo ex ministro della Salute, Roberto Speranza, dopo le divergenze sulla candidatura a governatore, caldeggiata da Speranza, di Angelo Chiorazzo?

«Con Roberto abbiamo condiviso una pagina cruciale della storia del nostro Paese, quando insieme a Palazzo Chigi abbiamo gestito la pandemia. Abbiamo lavorato insieme, notte e giorno, senza risparmiarci. I nostri rapporti sono ottimi».

La Basilicata è afflitta da una serie di problemi complessi, dallo spopolamento a una sanità che non offre prestazioni adeguate sia a livello quantitativo che qualitativo, passando per la mancanza di lavoro e opportunità. Esiste una ricetta del Movimento 5 stelle per migliorare la situazione?

«Sicuramente la sanità è in cima all’agenda politica del Movimento 5 Stelle Basilicata. Purtroppo bisogna constatare che il centrodestra nella legislatura che si è appena conclusa non è stato in grado di disegnare un nuovo piano sanitario regionale basato su quelle che sono le linee esplicitate con il Pnrr. La sanità lucana purtroppo è imbrigliata nelle solite logiche di potere clientelare e campanilistiche. Occorrerebbe prendere atto anche delle indicazioni che Agenas ha dato in questi mesi per mettere a terra un piano sanitario regionale effettivamente commisurato alle esigenze del territorio, ma tutto ciò è quasi impossibile visto che Bardi continua a tenere nascosti i dati dei fabbisogni regionali.
Si parla di spopolamento, ma non si fa nulla, ad esempio, per rendere appetibile questa Regione per coloro che, dopo la pandemia, hanno deciso di abbandonare i grandi centri urbani favoriti anche dallo smartworking e spostarsi in località dove la qualità della vita dovrebbe essere più elevata.
Quale sarebbe l’incentivo rappresentato da una Regione che ha una rete di trasporti obsoleta, anch’essa ormai cristallizzata in decenni di interessi che non hanno nulla a che vedere con l’efficienza e lo sviluppo? C’è un servizio di trasporto pubblico locale bloccato al 2009 con i concessionari che dettano la linea politica alle varie maggioranze senza offrire servizi adeguati. I collegamenti su rotaia sono a dir poco inadeguati e le strade non sono consone ai tempi moderni. Bisognerebbe ripartire da questi per garantire un’alternativa di sviluppo serio a questa Regione».

Il suo governo, nel 2019, varò le zone economiche speciali ricomprendendo anche alcune aree delle Basilicata. L’attuale governo ne ha esteso il perimetro all’intero meridione e in Basilicata è scattato l’allarme perché a causa del divario infrastrutturale esistente si teme che le imprese localizzino i nuovi investimenti previsti in aree meglio servite delle regioni limitrofe. Un’altra occasione persa?

«Mi auguro di no, anche se il pericolo è concreto. La Zes voleva rappresentare una opportunità di rilancio per le aree industriali di questa terra. C’è da sottolineare che la Regione ha perso troppo tempo per definirne il perimetro e poi è arrivato il vero e proprio scippo da parte del Ministro Fitto».

Il Movimento 5 stelle è ancora per la chiusura dei pozzi di petrolio in Basilicata come ha ricordato di recente il leader di Azione, Calenda, giustificando l’intesa con il centrodestra con la necessità di salvare il bilancio pubblico da questa eventualità?

«La transizione ecologica non è uno slogan appannaggio del M5s. Il Green deal europeo punta a rendere l’Europa climaticamente neutra entro il 2050, rilanciare l’economia grazie alla tecnologia verde, creare industrie e trasporti sostenibili e ridurre l’inquinamento. Trasformare le sfide climatiche e ambientali in opportunità renderà la transizione giusta e inclusiva per tutti. Calenda fa il contabile a quanto pare, ma dovrebbe spiegare quali sarebbero i vantaggi per i lucani che si ritrovano una regione, definita “il Texas di Italia”, ma che risulta essere uno dei fanalini di coda in quanto a sviluppo e prospettive. Purtroppo i pozzi di petrolio e gas non si possono chiudere dalla sera alla mattina e bisognerà fare i conti con ciò che i governi passati hanno permesso che si insediasse in questo territorio.
Ciò, però, non significa subire passivamente le politiche delle multinazionali ma cercare di limitare i danni, da un lato rafforzando e dando autorevolezza all’Arpab, dall’altro pianificando una exit strategy dal fossile che vada a scandire i tempi della dismissione degli impianti e che chiarisca inequivocabilmente che tale operazione debba essere completamente a carico delle aziende che dalle attività di estrazione stanno traendo benefici ben più cospicui rispetto a quanto trasferito al bilancio pubblico».

Nei giorni scorsi il Quotidiano ha rivelato l’esistenza di un programma di lavori di Total e soci che prevede estrazioni di petrolio e gas dal giacimento di Tempa Rossa fino al 2068. Ai lucani non è ancora dato sapere, invece, né una data di “fine lavori” né l’ammontare delle riserve dell’altro giacimento in corso di sfruttamento, in Val d’Agri, eppure Eni continua a fare investimenti a lungo termine. Non pensa che occorra maggiore trasparenza al riguardo?

«E’ evidente che sia necessario fare chiarezza al riguardo e stabilire con certezza tempi e modi per abbandonare definitivamente il fossile, evitando di lasciare ai lucani i “cocci” e definendo puntualmente chi dovrà fare cosa al termine delle attività estrattive. Chi ha tratto vantaggi economici enormi dalle estrazioni dovrà occuparsi di ripristinare, con le cosiddette Bat (Best Available Techniques) disponibili, condizioni ambientali accettabili, consentendo una rigenerazione delle aree assoggettate a tale sfruttamento».

Fintanto che vanno avanti le estrazioni di petrolio e gas non sarebbe opportuno anche per il Movimento 5 stelle rompere il tabù e ragionare sull’utilizzo delle relative royalty, magari per un intervento straordinario a livello infrastrutturale?

«Già in questa legislatura il M5s, in Consiglio Regionale, ha provato a dare un proprio contributo, presentando emendamenti alla legge del bonus gas, sia per definire meglio la platea dei beneficiari, sia per far sì – ad esempio – che nella norma comparisse un articolo riportante (la cosiddetta “clausola valutativa”) che costringesse la maggioranza ad analizzare l’impatto della misura, in termini economici ed a livello più generale, per verificare se gli obiettivi cui la norma tenderebbe (transizione energetica e riduzione del fenomeno dello spopolamento) siano effettivamente raggiungibili o meno attraverso l’attuazione di una misura così concepita.
Per quanto invece riguarda le infrastrutture, occorrerebbe chiedersi se quanto trasferito alla regione in termini di royalties e di compensazioni ambientali possa mai bastare a riqualificare vie di comunicazione stradali e ferroviarie, posto che parliamo di decine di milioni di euro (peraltro impegnate già in diversi ambiti come forestazione, università, incentivi alle imprese, welfare regionale, etc.) a fronte di centinaia di milioni necessari allo scopo. Parliamo di ordini di grandezza differenti.
Degli investimenti per le infrastrutture deve essere lo Stato a farsi carico, chiaramente attraverso un impulso che non può che giungere dalle amministrazioni regionali. Se manca, come è mancato in questi cinque anni di governo di centrodestra, tale impulso, va da sé che i fondi verranno impiegati altrove e, spesso, nelle regioni del nord.
Se poi pensiamo che qualche settimana fa, la giunta lucana ha siglato un accordo con le compagnie petrolifere operanti in Val d’Agri per utilizzare i 50 milioni del quinquennio passato (che avrebbero dovuto generare occupazione ed economia attraverso progetti no-oil) per poter finanziare il bando per l’installazione di impianti di energia rinnovabile rivolto ai cittadini lucani, che inizialmente doveva essere finanziato con i ricavi delle compensazioni ambientali rivenienti dalle estrazioni di gas naturale, poi rivelatisi a dir poco sovrastimati (da 200 milioni si è arrivati a circa 80), ci si rende conto che la panacea di cui si parla, in realtà, è una goccia nel mare rispetto a ciò che realmente servirebbe alla Basilicata».

Sbaglia il centrodestra quando sostiene che per una regione come la Basilicata, ricca di risorse naturali e di entrate derivate dallo sfruttamento di queste risorse, l’autonomia differenziata potrebbe rivelarsi un’opportunità?

«Basterebbe guardarsi indietro e analizzare come sono state utilizzate le risorse di cui è ricca la Regione Basilicata. I giacimenti fossili hanno finito per arricchire pochi ed alimentare filiere circoscritte a qualche enclave locale eliminando di fatto pezzi di economia che col tempo si erano sviluppate in quei territori. Mi pare di capire che anche l’acqua non se la passi bene viste le ataviche criticità derivanti da una rete idrica spesso fatiscente e carente sul piano della manutenzione. Allo stato attuale l’autonomia differenziata potrebbe rappresentare la mazzata definitiva per territori come quello della regione Basilicata».

Domenica e lunedì si vota in Basilicata, poi ci saranno 15 giorni per presentare le liste e le candidature per le elezioni amministrative e le europee. In Basilicata si voterà in 52 comuni su 131 incluso Potenza. Ci sarà un candidato sindaco “giallo-rosso” per il capoluogo lucano?

«Ovviamente faremo le nostre valutazioni con quelli che sono stati i nostri compagni di viaggio in queste elezioni regionali, in un rapporto paritario. A noi interessa mettere in campo le nostre idee e farle camminare sulle gambe di gente che abbia come primo interesse quello del bene comune».

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