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C’È un fenomeno inquietante, nel turbine di dati che viaggia, di notte, da un capo all’altro del globo e che sta cambiando la nostra rappresentazione degli adolescenti. Provate, dopo mezzanotte, a digitare su Twitter o Instagram la parola #vamping. Vi appariranno centinaia di messaggi e foto di adolescenti che popolano la rete fino all’alba. Flâneur digitali che chattano, guardano video su youtube, postano selfie dalla penombra della propria stanza ed altro ancora. 
La moda del vamping, le condotte dei “vampiri digitali” riuniti in rete, arriva dagli Stati Uniti. Niente di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire. Da sempre, agli adolescenti di ogni generazione, piace fare le ore piccole. Più o meno tutti ci siamo ribellati al coprifuoco dei nostri genitori. Una volta, però, era più facile controllare che telefono fisso e tv non venissero usati dopo una certa ora. 

Oggi, invece, smartphone, pc e internet consentono una connessione illimitata, anche sotto le coperte. Da un lato, l’atmosfera di intimità della notte è una condizione ottimale per entrare in contatto con altre persone (soprattutto se fuori dal controllo dei genitori). Dall’altro, c’è il desiderio di creare un proprio spazio, di appartenere ad un gruppo esclusivo. Una comunità in cui a discorsi, sguardi e abbracci si sostituiscono “condivisioni”, “like”, “tweet”. Sui social, poi, si può essere ciò che non si è. Forti, sicuri di sé, intelligenti, disinibiti. Il web favorisce la moltiplicazione delle identità rallentandone il normale processo di maturazione, fondamentale durante l’adolescenza. Spinti dal bisogno di appartenenza sociale, di sicurezza e, insieme, di trasgressione, l’adolescente può restare invischiato nel rapporto con la rete e assecondarne logiche che non favoriscono la conquista di una propria identità. 

È vero, il vamping può essere un gioco. Ma anche un rischio. Perché se da un lato la tecnologia è un formidabile strumento di conoscenza, dall’altro può alterare la percezione della realtà e favorire comportamenti di dipendenza. Non dimentichiamo, poi, che spesso è la stessa famiglia a chiedere ai figli di essere sempre raggiungibili. Non è raro, ormai, vedere lo smartphone nelle tasche dei grembiulini. E si preferisce che i figli siano nella “piazza virtuale” della loro stanza piuttosto che fuori, per strada o in discoteca.

 
Ma quali sono le conseguenze del vamping? Problemi alla vista (la luce di monitor, smartphone e tablet affatica gli occhi, specie al buio), poche ore di sonno, irritabilità, emicranie e abuso di analgesici, mancanza di concentrazione e, conseguentemente, scarso rendimento scolastico. Un altro aspetto critico è l’“analfabetismo emotivo” cioè la mancanza di consapevolezza e di controllo delle proprie emozioni che mina la capacità di riconoscere le emozioni altrui, le sfumature della comunicazione non verbale. Insomma, i social network facilitano l’espressione di sé e abbattono il timore del giudizio degli altri. Ma la vita si impara esponendosi al rischio, al fallimento. Ecco perché occorre spingere i ragazzi a uscire, confrontarsi, a competere e soprattutto a sognare.

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