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SCANZANO JONICO – Il suo nome compariva nelle cronache già 16 anni fa, indissolubilmente legato ad azioni di polizia, quasi tutte coordinate dalla Direzione investigativa antimafia di Potenza.
Così, all’alba di ieri mattina, i carabinieri del Comando provinciale, con i colleghi della Compagnia di Policoro, hanno arrestato Francesco Carlomagno, noto come Franco, imprenditore 47enne di Scanzano Jonico, ritenuto figura di spicco nel panorama della criminalità organizzata del Metapontino; come il suo caro amico e presunto sodale Gerardo Schettino, ex carabiniere ritenuto a capo dell’omonimo clan recentemente falcidiato da diverse operazioni di polizia.

Con lui sono finiti in manette anche Carlo Fattorini, scanzanese arrestato a Parma, e Castolo Vincenzo Direnzo, residente a Roseto Capo Spulico, nella vicina provincia di Cosenza. Con Schettino si chiamavano affettuosamente “compà” e si ritiene che dalla fitta collaborazione criminale fra i due, siano scaturite diverse azioni criminali a cui era dedito il clan.

Carlomagno è titolare di imprese di servizi e movimento terra, ma il suo lavoro di facciata è anche (paradossalmente) quello di messo del Comune di Scanzano. Questo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato anche una sorta di collocamento strategico, per permettergli di orientare l’azione dell’ufficio tecnico comunale in favore degli interessi del clan. Per questa ragione, Carlomagno compare tra i nomi più insistenti persino nella relazione stilata dalla Commissione d’accesso, che un anno e mezzo fa indusse il presidente della Repubblica, su richiesta del ministro dell’Interno Lamorgese, a sciogliere il consiglio comunale di Scanzano, per infiltrazioni mafiose. Ieri mattina, dopo il sorvolo di un elicottero dei carabinieri, Carlomagno è stato prelevato dalla sua abitazione di Scanzano Jonico e portato in stato di arresto presso la sede della Compagnia di Policoro, dove pare sia stato sentito per diverse ore dal Sostituto procuratore della Dda di Potenza Anna Gloria Piccininni, che ha formulato le accuse nei suoi confronti, prima di essere trasferito nel carcere di Matera. Direnzo è stato condotto nel carcere di Castrovillari (Cs) e Fattorini a Parma.

Sui particolari dell’indagine, come pure sul coinvolgimento di altre persone, nulla è ancora trapelato da fonti ufficiali, ma parrebbe che le accuse siano piuttosto pesanti. Secondo gli inquirenti, Carlomagno sarebbe un componente di spicco del clan, al punto da trattare alla pari con Schettino. Il suo nome associato a pesanti fatti di cronaca, compare nel lontano 2005, quando a 33 anni fu arrestato in regime di domiciliari nell’ambito dell’indagine su presunti brogli elettorali e minacce, che vedeva come principale indagato l’allora discusso sindaco Mario Altieri, accusato di aver pilotato gli scrutini in alcune sezioni cittadine per favorire un suo candidato di Alleanza nazionale.

Arrivando ai giorni nostri, il nome di Carlomagno è ricomparso tra le carte della Commissione d’accesso come colui che, tra le altre cose, avrebbe oliato gli ingranaggi dell’ufficio tecnico per favorire gli interessi del clan. Quindi l’attuale indagine della Dda, che si presume sia una costola di quelle degli ultimi mesi. Insomma, l’arresto di Carlomagno e dei due presunti sodali, rappresenterebbe un’altra azione finalizzata a chiudere il cerchio sul clan, che da anni ha imperversato nel Metapontino e non solo, con importanti collegamenti alla criminalità organizzata calabrese e pugliese. Quest’ultima indagine si focalizzerebbe su un affare legato a prestanome, sempre finalizzato a favorire la criminalità locale.

L’ex sindaco di Scanzano Jonico, Mario Altieri, è stato assolto già in primo grado e con formula piena “perché il fatto non sussiste”, al processo per presunti brogli elettorali nella cittadina jonica, in occasione delle Regionali del 2005. Una precisazione doverosa, perché ieri il Quotidiano ha citato il caso come la prima comparsa di Francesco Carlomagno, arrestato su mandato della Distrettuale antimafia per fatti recenti, rispetto ai quali Altieri è completamente estraneo. Nel 2005 Carlomagno fu arrestato in regime di domiciliari, ma poi prosciolto in sede di preliminari, in un’inchiesta che nacque da presunti favoritismi per un candidato locale di Alleanza nazionale. Fatti che, però, non hanno retto in fase dibattimentale.

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