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L'ex sindaco di Matera Raffaello De Ruggieri, 87 anni

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POTENZA – No all’arresto dell’87enne ex sindaco di Matera Raffaello De Ruggieri e altri 33 indagati nell’ambito dell’inchiesta soprannominata “Allattamento”, sugli incarichi di progettazione pilotati al Comune di Matera, per cui la procura della città dei Sassi aveva reiterato la richiesta di una misura restrittiva.

Lo ha deciso nei giorni scorsi il Tribunale del riesame di Potenza respingendo l’appello presentato a fine luglio dall’ormai ex procuratore capo della città dei Sassi, Pietro Argentino. Il collegio presieduto da Maria Stante ha giudicato inammissibile l’impugnazione dell’ordinanza con cui, sempre a luglio, il gip di Matera, Valerio Sasso, aveva concesso soltanto gli arresti domiciliari, in luogo del carcere, per 3 degli indagati, e l’interdizione dai pubblici uffici in luogo dei domiciliari per altri 3. Respingendo tout court la richiesta di arresti domiciliari anche nei confronti ulteriori 31 indagati a piede libero. Incluso il sindaco di Matera capitale europea della cultura 2019, De Ruggieri, e l’ex consigliere comunale Giovanni Scarola, che è anche primo dei non eletti in Consiglio regionale, nel 2018, nella lista Bardi presidente. Di qui la richiesta al Riesame di aggravamento delle restrizioni, per i tre ai domiciliari, che sarebbero dovuti andare in carcere, e i 3 interdetti, che sarebbero dovuti finire ai domiciliari, e i 31 scampati all’ordinanza del gip Sasso.

Le motivazioni della decisione dei giudici potentini verranno depositate nelle prossime settimane. A evidenziare l’inammissibilità dell’appello, ad ogni modo, erano state le difese di diversi degli indagati, durante l’udienza del 13 dicembre. A loro avviso, infatti, l’ex procuratore, che intanto si è congedato per raggiunti limiti d’età, non avrebbe affrontato in maniera puntuale quanto affermato dal gip sull’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per una serie di reati. Sia nei confronti degli indagati comunque raggiunti da misure cautelari meno afflittive di quelle richieste, che nei confronti dei 31 rimasti a piede libero. Nel suo appello, in altri termini, Argentino si sarebbe limitato a riproporre in maniera alquanto assertiva la lettura accusatoria degli elementi raccolti dagli investigatori. La possibilità di un epilogo “assolutorio” del procedimento avviato al Tribunale del riesame era apparsa evidente già a dicembre, quando i pm materani che hanno ereditato il fascicolo, Angela Continisio e Maria Christina De Tommaso, hanno scelto di disertare l’udienza, lasciando campo libero alle difese.

A breve, quindi, toccherà a loro decidere se procedere con una chiusura delle indagini e una richiesta di rinvio a giudizio, oppure con una richiesta di archiviazione, che parrebbe l’ipotesi più probabile, per i 31 indagati a piede libero scagionati ulteriormente dal Riesame, più altri 53 indagati ancora, sempre a piede libero, per i quali non era stata richiesta alcuna misura cautelare. Inclusi diversi “vip” come il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale, Piergiorgio Quarto, l’ex sindaco ed ex senatore Nicola Buccico e suo figlio, l’ex consigliere comunale Rocco Buccico, e l’ex segretario cittadino del Pd, Cosimo Muscaridola. Il mutato orientamento dei pm materani, che dopo il pensionamento di Argentino sono guidati dal procuratore facente funzioni Annunziata Cazzetta, era già emerso a settembre col parere favorevole espresso alla revoca della misure cautelari ancora in essere nei confronti dei tre indagati principali dell’inchiesta, inizialmente sottoposti agli arresti domiciliari: l’ex dirigente dell’ufficio Opere pubbliche del Comune di Matera, Franco Gravina; l’ex capo dell’ufficio tecnico ed ex responsabile della Stazione unica appaltante (Sua) della Provincia di Matera, Domenico Pietrocola; e l’ingegnere materano Tommaso Di Bari.

Le accuse ipotizzate dai pm di Matera ai 90 finiti sul registro degli indagati vanno dall’associazione a delinquere alla truffa aggravata passando dall’abuso d’ufficio, la corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio, la concussione, l’induzione indebita a dare o promettere utilità, la rivelazione e l’utilizzazione di segreti di ufficio, la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, la turbata libertà degli incanti, il traffico di influenze illecite, e il falso ideologico. Diverse le opere pubbliche materane attorno alle quali si sarebbero mossi gli interessi gli indagati come la tangenziale ovest, la riqualificazione di piazza della Visitazione con annesso parcheggio interrato, la costruzione della nuova scuola Torraca, la realizzazione della Casa e Giardino delle Tecnologie emergenti, la realizzazione del nuovo tratto stradale denominato “delle cave” o “delle rondinelle”, la riqualificazione del teatro “Duni” e la realizzazione di una nuova sala consiliare contigua al palazzo di città.

I militari della Guardia di finanza hanno ricostruito il funzionamento di un sistema in cui Di Bari avrebbe materialmente redatto i progetti preliminari sottoscritti dai funzionari del Comune. Lo stesso Di Bari poi, con la complicità di Gravina e Pietrocola, avrebbe pilotato l’affidamento di incarichi collegati agli interventi in questione a studi professionali esterni, da lui stesso individuati, che lo avrebbero ricompensato per l’attività di intermediazione svolta. Un altro capitolo dell’inchiesta, invece, riguarda «l’allattamento», questa l’espressione utilizzata in un’intercettazione, di una serie di esponenti politici in carica nel Comune, «al fine di comprare il loro consenso, in consiglio comunale ed in commissione, affinché fossero approvate le progettualità, mediante l’affidamento o la promessa di incarichi pubblici a soggetti segnalati dai consiglieri stessi».

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