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MATERA – Il nome scientifico è “Sclerodermia sistemica”, spesso accompagnata da fibrosi polmonare. Una malattia seria, ma soprattutto cronica, che richiede trattamenti periodici in strutture ospedaliere e sotto stretta sorveglianza medica.

Per queste ragioni chi ne è affetto, e sono purtroppo in tanti, ha bisogno di una cura con pesanti effetti collaterali, e persino la necessità di stendersi su di un lettino per un tempo variabile, oltre alla prossimità di servizi igienici.

Condizioni minime ed essenziali, che da qualche mese non hanno più i pazienti in cura presso la sede del Distretto sanitario Asm di via Montescaglioso a Matera. Cinque o sei pazienti al giorno, costretti in condizioni ai limiti della tollerabilità, con personale medico disponibile a comprendere le loro necessità, ma sostanzialmente inerme rispetto alle risposte che dovrebbe dare in tempi molto rapidi. A raccontarci la condizione di questi pazienti è la 75enne Vincenza Ferrarese, che due volte al mese parte da Gravina in Puglia, per la somministrazione della flebo che cura la sua Sclerosi sistemica. Con lei e suo marito 80enne, che attende paziente in auto anche 5 ore, c’è una concittadina di 85 anni, anche lei costretta ad immani sacrifici.

«Fino all’inizio di questa pandemia -ci racconta Ferrarese- venivamo curati all’ospedale “Madonna delle Grazie”, con i lettini e tutti i supporti necessari. Nel 2021, però, dopo una lunga sosta forzata durante la quale ho dovuto far ricorso al più lontano policlinico di Bari, il servizio è ripreso per un solo mese all’ospedale, quindi è stato nuovamente chiuso, per essere trasferito presso il Distretto sanitario, in condizioni decisamente intollerabili.

Il trattamento che noi facciamo, dura un tempo variabile da 3 a 5 ore, in base alla soggettiva tolleranza al farmaco, che è molto pesante ed invasivo. Il sintomo più grave è la vasodilatazione, che ci fa subito diventare rossi e gonfi. Quindi, al culmine di questo crescendo di effetti, sotto stretta osservazione medica, veniamo poi staccati con un periodo di compensazione durante il quale il supporto di un lettino è essenziale, per farci riprendere; qualcuno di noi ne ha bisogno persino durante il trattamento. Un altro bisogno importante è quello di urinare, per cui abbiamo la necessità di bagni disponibili.

Invece al Distretto manca tutto, persino le sedie, tanto che a volte utilizzano quelle a rotelle, e qualcuno dei miei “compagni di sventura” è stato costretto a fare il trattamento seduto a una sedia normale, con il braccio appoggiato sulla scrivania. Gli spazi sono stretti -rimarca Ferrarese- e non c’è più neanche la divisione tra uomini e donne come in ospedale, ma soprattutto non ci sono lettini per sdraiarci. Abbiamo segnalato al cardiologo Cardinale ed alla reumatologa Lascaro, che opera in una stanza vicina alla nostra e che ci sorvegliano durante il trattamento, ma nulla è cambiato. Io fortunatamente faccio il trattamento due volte al mese, ma c’è anche chi si reca lì 4 volte a settimana e così non si può proprio andare avanti», conclude Ferrarese.

Il Quotidiano ha “visitato” i luoghi in questione, constatando che di fatto non c’è neppure un bagno dedicato a questi pazienti, costretti ad utilizzare quelli destinati a tutti gli utenti del Distretto, con le conseguenze prevedibili in periodo di Covid. In sostanza i bagni sono tre, ma uno è guasto; forse basterebbe ripararlo e destinato ad uso esclusivo di questi pazienti delicati.

Abbiamo segnalato il caso al direttore sanitario Giuseppe Magno, che ha preso a cuore la segnalazione annunciando il suo impegno per la concreta soluzione del problema. Segnalazione girata anche alla presidente regionale di Cittadinanzattiva, Maria Antonietta Tarsia, che solleciterà l’azienda a provvedere, annunciando un’ispezione nei locali utilizzati al Distretto.

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