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L’Azienda sanitaria di Matera

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Il segretario Spi Cgil di Matera, Eustachio Nicoletti non fa sconti al direttore dell’Asm di Matera, Sabrina Pulvirenti: denuncia declino «inesorabile» e «degrado organizzativo»

LA sanità pubblica materana resta malata di un’«estrema precarietà» che va aggravandosi « di fronte al perseverare dell’immobilismo della Regione Basilicata e dell’Azienda sanitaria di Matera».

E’ quanto denunciato, ieri, dal segretario Spi Cgil di Matera, Eustachio Nicoletti, parlando di un declino «inesorabile» e del «degrado organizzativo» soprattutto dell’ospedale “Madonna delle Grazie”, nella città dei Sassi. .

«Gli annunci roboanti da parte della Regione che preannunciavano interventi importanti che avrebbero migliorato le carenze e i ritardi nell’erogazione delle prestazioni e dei servizi ai cittadini-utenti, sono rimasti pura teoria». Prosegue il sindacalista. «Un atteggiamento politico inaccettabile perché i cittadini materani ed in particolare le categorie sociali più vulnerabili come gli anziani, di fronte al muro di gomma, rischiano di passare dalla denuncia ed il malcontento, all’assuefazione e alla rinuncia delle cure mediche.

Un fenomeno pericoloso che in Italia hanno portato circa 2,5 milioni (3,8%) di cittadini italiani di cui 1,7 milioni con una o più patologie croniche che non si sono potuti curare per colpa delle liste d’attesa. Nel mentre è cresciuto dal 37 al 42% il numero di pazienti che pagano integralmente le spese per le visite e dal 23 % al 27,6% la diagnostica. Una spesa cosiddetta “out of pocket” esplosa a punto tale che ogni anno, a carico del cittadino, si è raggiunta la somma di 140.000 miliardi».

«In pratica – prosegue Nicoletti – un euro su quattro spesi per la sanità nel nostro Paese li aggiunge il cittadino dopo aver pagato le tasse per sostenere il servizio sanitario nazionale, utilizzando la scorciatoia dell’intramoenia, prestazione all’interno dell’ospedale ma pagata dal cittadino, che rischia di superare di gran lunga l’attività ordinaria. Un meccanismo perverso che accentua la discriminazione dei cittadini deboli non in condizione reddituale per sopportare le spese sanitarie come si evince dalle continue e pressanti segnalazioni che continuano a pervenire dai nostri iscritti e dai cittadini».

Segue un elenco di inadempienze della Regione, che di fronte ai problemi dell’Asm avrebbe dovuto innanzitutto «risolvere o attenuare la carenza di personale sanitario in servizio che continua a diminuire perché, a fronte di pensionamenti e di trasferimenti, le nuove assunzioni risultano pochissime rispetto alle notevoli vacanze tanto da rendere impossibile un’organizzazione in grado di garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie ospedaliere e distrettuali previste dai livelli essenziali di assistenza».

Sempre sul tema del personale, Nicoletti lamenta le lungaggini attuative del Piano triennale dei fabbisogni 2023-2025, che «a fronte di 111 cessazioni dal servizio previste nel 2023, programma l’assunzione nel 2023 complessivamente di 387 unità di personale (355 a tempo indeterminato e 32 a tempo determinato); (…) 223 per il comparto e 164 per la dirigenza».

«E’ evidente – sottolinea il sindacalista nel comunicato diffuso, ieri – che si tratta di un numero di assunzioni programmate che è al di sotto della metà delle carenze storiche di personale (al netto delle cessazioni previste), che porterà alla reale copertura dei posti solo dopo la conclusione dei concorsi pubblici, che hanno tempi lunghi (circa due anni) e che il meccanismo dei concorsi unici regionali ha contribuito ad allungare ulteriormente».

Poi c’è il tema delle ferie estive del personale già assunto che determinano «ulteriori vuoti di operatori e erogazione di servizi, tali da rasentare una vera e propria paralisi degli stessi». Quindi, ancora, della riorganizzazione delle «prestazioni sanitarie ritardate e/o non erogate che determinano l’ulteriore allungamento delle liste di attesa, generando disagi e danni irreparabili a tutti i cittadini bisognosi di assistenza sanitaria e non in condizioni economiche di ricorrere alle prestazioni sanitarie erogate a pagamento».

Al riguardo Nicoletti critica le linee guida per l’abbattimento delle liste d’attesa diramate dalla Regione, parlando di «un tentativo discutibile e scarsamente realistico perché si intende risolvere un problema acuto qual è quello delle liste d’attesa senza intervenire a livello strutturale (personale e finanziamenti) e della governance (competenza ed eliminazione delle concomitanza di ruoli della dirigenza)».

«Governare una situazione di tale gravità e complessità – insiste il segretario Spi Matera – necessiterebbe, oltre che di azioni e decisioni reali e tempestive per affrontare e risolvere i problemi, anche della presenza costante e assidua della direzione generale, assicurando, in primis, il presidio fisico del ruolo e della funzione che oggettivamente sembrerebbe essere impossibilitata dal concomitante incarico all’Irccs Crob di Rionero in Vulture.

Un direttore generale che in questo quadro di difficoltà, dove tutti i giorni si verificano disfunzioni e allungamento delle liste di attesa, proprio per effetto della carenza di personale ed in particolar modo di medici, si è permessa di non trattenere in servizio, prima un dirigente medico (peraltro direttore di unità operativa complessa) e poi la primaria del reparto di Neurologia che, entrambi, pur in possesso dei requisiti per andare in pensione, avevano richiesto di poter continuare a lavorare, per poi essere smentita categoricamente dalle sentenze del giudice del lavoro».

Di qui l’appello di Spi Cgil Matera, per la rimozione del dg in carica, la romana Sabrina Pulvirenti. «La Regione Basilicata dovrebbe assumersi la piena responsabilità politica creando le possibilità al direttore generale – conclude Nicoletti – di rientrare a svolgere l’incarico nella Regione di provenienza non essendo stata performante nell’Asm di Matera come si evince dalle persistenti condizioni di estrema precarietà e criticità in cui versa la sanità materana che sta determinando ripercussioni sui cittadini e le cittadine ed in particolare su quelli appartenenti a categorie fragili e socialmente in difficoltà che sempre più non si curano».

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