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Vincenzo Nola

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ROTONDELLA – In provincia di Matera, la tubercolosi bovina non c’è più. Come è stato annunciato nei giorni scorsi dall’ex direttore generale facente funzioni dell’Azienda sanitaria materana, Gaetano Annese, l’Unione europea ha conferito alla provincia di Matera lo status di provincia ufficialmente indenne da tubercolosi bovina (decisione di esecuzione Ue 2021/385 della Commissione del 2 marzo 2021).

È un risultato importante, almeno per due ragioni: in primo luogo sul piano socio-sanitario, poiché si tratta di una malattia trasmissibile all’uomo; in secondo luogo sul piano economico, poiché permetterà una più agevole commercializzazione degli animali e dei prodotti da parte dei produttori lucani.
Ne abbiamo parlato con chi ha gestito il coordinamento delle attività, il dottor Vincenzo Nola, direttore del dipartimento di Prevenzione sanità e Benessere animale. Dimostra orgoglio per l’obiettivo, segnalando che «attualmente sono poche le province del sud Italia ad averlo raggiunto».

Di cosa si tratta precisamente?
«La tubercolosi bovina è una zoonosi, cioè una malattia infettiva trasmissibile dagli animali all’uomo, e per questo è stata resa obbligatoria la sua eradicazione. La norma prevede che per poter conferire il latte, commercializzare gli animali, gli allevamenti debbano essere certificati ufficialmente indenni da Tbc e da altre malattie da parte dei Servizi veterinari delle Aziende sanitarie locali. Ora, ed è questa la bella notizia, tutta la provincia risulta ufficialmente indenne e ciò si traduce in una sostanziale semplificazione di una serie di procedure e di attività sanitarie, sia da parte dell’Asm che da parte degli allevatori».

Come si è arrivati a raggiungerlo?
«È stato raggiunto grazie alla capillarità dei controlli effettuati negli ultimi anni. Il dato è questo: in tutti gli allevamenti della provincia di Matera non è stato riscontrato, per sei anni consecutivi, alcun caso di tubercolosi. Devo dire che si tratta di un obiettivo di sistema, a cui hanno contribuito, oltre al dipartimento Veterinario, l’Asm e la Regione rendendo disponibili le risorse necessarie, i veterinari dirigenti e i veterinari specialisti ambulatoriali con il loro contributo tecnico e professionale; in particolare i veterinari specialisti che espletano quotidianamente la loro opera nell’ambito dei piani di eradicazione. Inoltre, è merito degli allevatori che si sono mostrati disponibili e sensibili alle problematiche. Di grande importanza strategica è stato anche il contributo dell’Ufficio veterinario regionale, diretto dal dottor Gerardo Salvatore, in particolare nelle fasi di pianificazione e di verifica delle attività».

Cosa implica questo riconoscimento?
«Innanzitutto ha ricadute positive nell’ambito della commercializzazione degli animali e dei prodotti di origine animale, nonché ha una grande valenza ai fini della sicurezza alimentare e della tutela della salute pubblica. Ma c’è di più: oltre a questi vantaggi, la qualifica sanitaria conseguita ci permetterà di poter ridurre il numero annuale dei controlli negli allevamenti, con conseguente risparmio di risorse finanziarie che saranno impiegate per conseguire ulteriori obiettivi».

A proposito, quali sono i prossimi obiettivi?
«Il prossimo obiettivo è il conseguimento della qualifica di territorio ufficialmente indenne da Brucellosi bovina, bufalina e ovicaprina: un’altra malattia che si trasmette all’uomo. Anche per questa malattia, la Regione Basilicata ha assegnato l’obiettivo del conseguimento della qualifica ai direttori generali delle Aziende sanitarie».

Anche se si occupa prevalentemente della questione sanitaria, si è fatto un’idea dello stato di salute del settore dell’allevamento in Basilicata, anche in relazione alla pandemia Covid?
«Pur non avendo dati certi, posso tuttavia affermare che non ci sono state gravi ripercussioni sulla commercializzazione degli animali e dei prodotti di origine animale. Tutti i veterinari e i tecnici della prevenzione hanno dato un contributo importante, garantendo sia i controlli sanitari che le certificazioni degli animali e dei prodotti da commercializzare. Anche nelle fasi più acute della pandemia, quando è stata necessaria la chiusura degli uffici, le certificazioni sanitarie sono state assicurate in modalità telematica».

Quali prodotti lucani più esportati?
«Di sicuro i prodotti lattiero-caseari rappresentano un importante punto di forza per l’esportazione: pensi che alcune nostre aziende commercializzano questi prodotti in modo continuativo addirittura in Canada, Stati Uniti d’America e Giappone. Ciò non si può affermare per la carne che, invece, importiamo.
In alcune zone del nostro territorio provinciale esistono, inoltre, delle realtà produttive molto importanti e innovative; mi riferisco a insediamenti produttivi come gli allevamenti avicoli, presenti soprattutto nel comune di Irsina, che rappresentano un settore di sviluppo e produttività di cui si parla raramente, ma che sta esprimendo, ultimamente, una forte potenzialità ed espansione».

Una bella soddisfazione per gli allevatori lucani, che oggi potranno contare su di una sicurezza in più, a garanzia della genuinità delle carni, già note in tutta Italia per le caratteristiche nutrizionali e qualitative di indiscutibile eccellenza.

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