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Carlo Lermani nella sua pasticceria

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NOVA SIRI (MATERA) – «Nessuno sta dicendo la verità, perché è crudele: nelle prossime settimane salterà almeno il 60-70% delle attività di ristorazione, bar e pasticcerie».

È una previsione davvero allarmante, ma altrettanto realistica, perché a farla non è un politico o un dilettante allo sbaraglio, ma Carlo Lermani, storico pasticcere 60enne di Nova Siri, attivo nel settore da ben 41 anni. Lermani, in paese conosciuto come “Carlone” mentre in tutta la Basilicata è “Carletto”, rappresenta un vero punto di riferimento per il settore, e tante imprese del Metapontino che lui ha contribuito ad avviare, oggi gli chiedono come orientarsi. Carlone ha iniziato a lavorare quando era ancora minorenne, fondando lo storico “Bar Rosa” di Policoro; lui che nel 1960 è stato tra i primi cittadini iscritti all’Anagrafe della città jonica, nata nel maggio del 1959. Viene dalla storica pasticceria “Semm” di Taranto, punto di riferimento formativo per decine di giovani con 21 pasticceri in servizio, su di un locale di tre piani. Oggi Lermani è una sorta di tecnico e consulente per le imprese del settore; ha fondato a Roma l’Hangout Cafè in via Flavia (zona di Porta Pia, area Sallustiana), di cui da ottobre 2019 è amministratore unico. Un ristorante, bar, pasticceria con musica live e 28 dipendenti, in cui Carlone, con la moglie Giovanna Strammiello, ha saputo infondere la sua anima di artigiano ed esperto.

Il Quotidiano lo ha incontrato dopo due mesi di stop forzato, che per la prima volta lo hanno costretto a riflettere, cercando di andare a fondo sulle cause e gli scenari di questa crisi economica epocale.

Da dove nasce, secondo lei, la crisi profonda che stiamo vivendo e perchè rischia di mietere così tante vittime nel suo settore?
«Le piccole e medie imprese salteranno, non c’è alcun rimedio, perché anche se dovessero arrivare aiuti a fondo perduto, serviranno solo a prolungare un’inesorabile agonia. Nel 2019 il settore ha subìto una straordinaria accelerazione, grazie anche alle politiche clientelari del Governo, per cui alle attività storiche come la mia (il bar pasticceria “Carlone” in viale Siris a Nova Siri ndr), si sono affiancate quelle di tanti giovani avventurieri, che hanno indebolito gli utili degli storici, senza però farsi una solida base di sopravvivenza. Quindi, oggi queste saranno le prime attività a saltare, escluse solo quelle che fin dall’inizio hanno minimizzato le spese, con gestione familiare e locali di proprietà. Il fondo perduto è solo un contentino, non servirebbe a nulla».

Le garanzie dello Stato per il famigerato prestito bancario, non sono un provvedimento utile?
«Certo che no, perché chiunque oggi si affacciasse in una banca per ottenere quel denaro, si accorgerebbe che è tutto un bluff; se non hai una situazione realmente stabile, la banca non ti dà un centesimo, e se te lo dà domani sarai solo tu a rispondere di una eventuale mancata restituzione, non certo lo Stato. Ecco perché la maggior parte di coloro che hanno esperienza nel settore, non si sono proprio avvicinati a chiedere prestiti. Lo faranno giovani allo sbaraglio, che si auto infliggeranno il colpo di grazia».

Su che basi lei parla di tracollo annunciato per le attività del suo settore?
«È molto semplice, le spiego il calcolo che ho elaborato anche a beneficio di chi mi ha chiesto un consiglio sull’opportunità di riaprire subito. Prima della crisi Covid, il bar Carlone si era strutturato per vendere 300 caffè al giorno (considerando che il caffè è un prodotto di richiamo per vendere altro e fare altri utili); quindi aveva acquistato i mezzi per soddisfare questa clientela, coprendo i costi fissi con la vendita del caffè tra 80 centesimi e un euro. Da domani, quei 300 caffè diventeranno 100, o nella migliore delle ipotesi 150, a parità di costi di struttura (personale, consumi, mezzi acquistati ecc.), a cui occorre aggiungere i costi Covid, tra sanificazione e materiale usa-getta. Quindi, o inizio a vendere il caffè a 1,40 euro, o le mie perdite saranno esponenziali. Considerando il reddito pro capite medio di un cittadino lucano, il prezzo del caffè o della pasticceria, non potrà mai essere aumentato più di tanto, quindi oggi non conviene proprio riaprire un’attività. Se hai acquistato un forno da 100 cornetti e poi nello stesso forno ne cuoci 30-40, le spese ti resteranno inalterate ma il guadagno sarà di due terzi inferiore».

Allora cosa consiglia agli operatori del settore che si rivolgono a lei?
«Di non riaprire almeno per i prossimi sei mesi, in modo da minimizzare le perdite, seguendo l’evoluzione della situazione. Se si riapre, si è destinati inevitabilmente a produrre ulteriori perdite e fallire; anche perchè la gente, ancora per qualche tempo, non avrà soldi per andare a mangiare fuori, o fare colazione al bar tutti i giorni. Se si continua di questo passo, fallirà quello per cui l’Italia, la Basilicata ed i singoli paesi sono famosi nel mondo, ovvero la creatività, l’ospitalità, la capacità di coccolare il cliente a cui oggi non possiamo più neanche avvicinarci, tra mascherine e barriere di plexiglass; e poi ancora, la tipicità della nostra cucina, sarà inevitabilmente fagocitata dalle grandi catene di ristorazione, che faranno asso pigliatutto sulle piccole e medie imprese del settore. Questo è lo scenario drammatico che si prospetta oggi davanti a noi: il nostro marchio di qualità è destinato a sparire».

Secondo lei, come è stata gestita questa emergenza rispetto alle categorie produttive?
«Nel peggiore dei modi, perchè il Governo prima ha urlato “al lupo al lupo”, inducendo tutti a serrare le fila, poi oggi ci vorrebbe far credere che il lupo non c’è più. Così spariranno nel nulla migliaia di partite Iva, che quindi non verseranno più un centesimo di tasse, e presto il Governo potrebbe non avere più neanche la liquidità per pagare gli stipendi ai propri dipendenti. Quindi, a mio avviso, il Coronavirus è stata una disgrazia gestita malissimo dal Governo». Anche a livello locale, i Comuni azzerano la Tosap ed offrono maggiori spazi esterni, per mettere tavolini e altro, ma in molti non sanno che per avere una pedana esterna occorre pagare un’assicurazione, che il Comune non sovvenziona.

Abbiamo saputo di una sua provocazione, qual è?
«Certo! A questo punto propongo allo Stato, anche a nome dei miei colleghi, di rilevare la mia attività e corrispondermi uno stipendio di 1.200 euro mensili, con contributi e ferie pagate. Vediamo se lo Stato è più bravo di me a ripartire; nel frattempo io faccio quello che non sono riuscito a fare per tutta la vita, ovvero ferie e maggiore tempo trascorso con la mia famiglia. La situazione è drammatica, ce ne accorgeremo nei prossimi mesi, quando vedremo il made in Italy della ristorazione spegnersi inesorabilmente».

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