X
<
>

Carlo Carulli

Condividi:
6 minuti per la lettura

Intervista a Carlo Carulli (Confindustria Basilicata) sulla situazione dello stabilimento Stellantis di Melfi: «Calano Occupati e produzione, il futuro è un’incognita. La transizione ecologica è solo una parte del problema, bisogna arrivare a produrre almeno 300mila auto all’anno per evitare guai grossi»

MATERA – Il settore dell’auto è tra quelli più interessati alla transizione energetica, una fase che coinvolge in pieno la Basilicata. Dopo il convegno di Confindustria lucana dei giorni scorsi a Matera, facciamo il punto con Carlo Carulli, presidente della sezione Industrie meccaniche, elettriche ed elettroniche di Confindustria Basilicata.

AUTOMOTIVE LUCANO DAL FUTURO IN BILICO

A Matera, in occasione della vostra recente assemblea pubblica, il presidente Somma ha lanciato un forte allarme sul futuro dell’automotive lucano e in particolare dello stabilimento Stellantis e del suo indotto. Qual è la situazione?
«Meglio essere subito chiari: esiste un concreto rischio di deindustrializzazione. Negli ultimi tre anni abbiamo attraversato la cosiddetta tempesta perfetta. Pandemie – prima sanitaria e poi energetica – carenza di semi conduttori e strozzatura delle catene di fornitura hanno avuto ripercussioni molto gravi: i livelli produttivi di Melfi nel 2022 sono diminuiti di un terzo rispetto all’anno 2019. Nello stesso periodo, le attività delle imprese dell’indotto lucano hanno subito una riduzione di circa il 40 per cento rispetto al 2019. I 13.000 addetti di cinque anni fa si sono ridotti oggi a 10.000 unità. Ma a preoccupare maggiormente sono soprattutto le prospettive future».

IL NODO DELLO STOP AI MOTORI DIESEL E BENZINA

Confindustria e i Ministri presenti all’iniziativa hanno concordato sulla gravità delle conseguenze della decisione europea di mettere al bando i motori diesel e benzina a partire dal 2035. Proprio durante i lavori è arrivata la notizia del rinvio del voto a questo stop. Vi sentite più tranquilli?
«Il rinvio è sicuramente un primo risultato positivo, frutto anche della resistenza opposta dal nostro Governo. Il tema non è contrastare la transizione ecologica. La decarbonizzazione del settore dei trasporti è un percorso obbligato. Quello che contestiamo è la natura ideologica della tagliola comunitaria, che appare irrazionale e soprattutto molto pericolosa. Essa non tiene conto dell’esistenza di altre tecnologie che, al pari o più dell’elettrico, possono contribuire al raggiungimento della riduzione dell’impatto ambientale.
E soprattutto mette a rischio rilevanti pezzi della nostra filiera. Con prevedibili ricadute occupazionali molto pesanti. Ci auguriamo, quindi, che il rinvio induca a una riflessione più attenta e tenga conto di tutti aspetti connessi alla transizione. Abbiamo chiesto ai Ministri Urso e Pichetto Fratin un impegno forte dell’Italia per costruire una via d’uscita, ben prima della verifica di fattibilità della transizione fissata al 2026, per evitare che sia troppo tardi per ritarare azioni e strategie industriali. Altrimenti, avremo la sostenibilità ambientale ma perderemo quella economica e sociale. Ma questa non è l’unica questione che impatta su Melfi e nemmeno la più rilevante».

CARULLI E LO STATO DELLO STABILIMENTO STELLANTIS DI MELFI

Cosa intende dire?
«Come abbiamo dichiarato con molta franchezza, la transizione ecologica rappresenta solo una parte dei problemi che si prospettano per la tenuta futura dell’automotive lucano. E questo in virtù della specificità delle produzioni lucane: la riconversione riguarderà soprattutto i fornitori di componentistica per i motori e le trasmissioni, mentre qui da noi si producono per lo più componenti per la carrozzeria e gli interni. A Melfi, dunque, la vera questione è legata ai volumi produttivi previsti nei prossimi anni. Siamo molto preoccupati perché di questo si parla ancora troppo poco».

Eppure, a partire dal 2024, nello stabilimento di San Nicola sono previsti i nuovi modelli elettrici. Non basteranno?
Lo dicono i numeri che si possono desumere dalle informazioni fino a ora disponibili: la produzione annua dello stabilimento di Melfi a partire dal 2025 si dovrebbe attestare a meno della metà dei volumi storicamente prodotti. A questo si aggiunge una forte incertezza in merito al coinvolgimento di tutto l’indotto di Melfi per la produzione della componentistica dei nuovi modelli. Da tempo stiamo assistendo a un graduale processo di insourcing di alcune attività da parte dello stabilimento Stellantis, con seri contraccolpi sulle aziende e sui lavoratori dell’indotto.

Presidente Carulli, avete parlato di uno scenario da “figli di un Dio minore” per lo stabilimento Stellantis di Melfi. Cosa significa?
«Il Presidente Somma nel suo intervento ha fatto riferimento ad un ridimensionamento dell’attività industriale dello stabilimento lucano che si va prefigurando in maniera molto più grave rispetto ad altri stabilimenti italiani. Per questi ultimi, infatti, sembra non esserci una sostanziale differenza tra i volumi storici e quelli che si prevedono dal 2025. Agli esponenti di Governo, e in particolare al ministro Urso, abbiamo allora chiesto di capire cosa sta accadendo a Melfi. Perché uno stabilimento da sempre punta di eccellenza dovrebbe rassegnarsi a un ineluttabile depotenziamento? C’è bisogno di maggiori volumi: è questa la vera questione».

STELLANTIS MELFI, CARULLI ILLUSTRA LE PROPOSTE DI CONFINDUSTRIA

Cosa proponete, dunque?
«La Basilicata, unita e coesa, in un gioco si squadra con il Governo nazionale, deve chiedere a Stellantis un confronto che possa indurla a rivedere i propri piani, chiedendo la piena valorizzazione della fabbrica di Melfi. Non c’è altra via per scongiurare la desertificazione industriale dell’area di Melfi e i rischi sociali conseguenti, per evitare di disperdere il prezioso know how dell’industria dell’autoveicolo, con le competenze e le elevate professionalità che sono il fiore all’occhiello dell’industria lucana. Le imprese dell’indotto sono consapevoli delle complessità del momento e sono pronte a mettersi in gioco. Confindustria – così come ci siamo impegnati a fare venerdì scorso anche attraverso le parole dei Presidenti Somma e Bonomi – farà la propria parte fino in fondo».

Che ruolo dovrebbe giocare la Regione Basilicata?
«Innanzitutto, farsi promotrice di questa forte attività nei confronti di Stellantis, promuovendo un’alleanza per Melfi che veda coinvolti tutti i livelli istituzionali, le parti datoriali e sociali. Da tempo sollecitiamo una concreta progettualità tra Stellantis e il Governo, finalizzata a ridurre l’eventuale gap competitivo del territorio e conseguentemente riposizionare nuovi modelli e volumi. L’obiettivo deve essere portare la produzione ad almeno 300.000 veicoli all’anno.
Livello, questo, che non escluderebbe ma almeno mitigherebbe le conseguenze derivanti dal ridimensionamento del tessuto industriale. Va attivata, nel più breve tempo possibile, la procedura di area di crisi complessa, che la Regione, dietro nostra proposta, sta meritoriamente portando alla definizione. Ma è necessario fare presto. Non solo per traghettare la crisi in atto con strumenti adeguati ma soprattutto per la stipula di Accordi di programma e Progetti di Riconversione e Riqualificazione Industriale, elaborati da Invitalia e approvati dal Gruppo di Coordinamento e Controllo. Al contempo, va perseguita una forte e convinta azione di attrazione di nuove iniziative imprenditoriali, anche attraverso Sviluppo Basilicata. Infine, va definito un piano di interventi per sostenere la competitività delle imprese della componentistica attraverso il sostegno agli investimenti e consentire che tutte abbiano la possibilità di abbattere i costi energetici con impianti di energie rinnovabili».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE