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La commozione di Raffaello De Ruggieri all'inaugurazione del 2019 di Matera Capitale europea della Cultura

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MATERA – In maggioranza o all’opposizione sarà lì a mettere a frutto le relazioni allacciate in questi cinque anni. Raffaello De Ruggieri racconta i suoi anni da sindaco. I motivi della ricandidatura come consigliere. Difende la propria idea di visione futura e progettuale della città senza considerare il quotidiano e l’ordinario direttamente. Parla degli scontri nel centrodestra, del ricorso al manuale Cencelli per le scelte in giunta. Ammette: «assessori come la Poli Bortone o Delicio non li avrei mai mandati via». Su Verri: «si era fatto terra bruciata attorno e Pittella rimase a guardare». Difende la collaborazione con il Pd: «l’Europa l’ha esaltata». E guarda ai risultati raggiunti soprattutto per quanto riguarda le Officine della cultura. Tra le sue priorità che vorrà continuare a perseguire e portare avanti.

Come mai ha scelto di candidarsi come consigliere?
«La risposta è elementare, possiamo bruciare tutti i rapporti che in questi cinque anni ho intessuto per la città? Questa città checchè ne dicano i denigratori o gli squadristi del social ha un potere territoriale acquisito. Matera ormai è un simbolo. Chi viene dopo di me come potrà recuperare un rapporto e una serie di relazioni da Passera a Bonomi, a Guzzetti, da Renzi a Gentiloni. Questi rapporti che devono essere capitalizzati chi li fa? Io lavorerò opposizione o maggioranza non mi interessa. Non starò ad abbaiare in Consiglio comunale. Io entrerò in un rapporto di collaborazione con la maggioranza o con la minoranza per capitalizzare il valore investito».

Bisogna mettere a frutto le relazioni di questi anni?
«Sono tante e incredibili, un elenco che non ha numeri».

Nella percezione della città, la pancia della città non ha apprezzato il lavoro svolto in questi cinque anni. Come mai? Perchè magari l’idea di non doversi “occupare di marciapiedi” come ha sempre ripetuto non è stata apprezzata?
«In un recente convegno all’Unitre ho ricevuto molte testimonianze e lamentele sulla situazione dai marciapiedi alle lampadine, alle buche. Ma queste sono cose che al sindaco non interessano, sono cose che le fanno gli assessori e i dirigenti. Io ho spiegato che un sindaco del Sud nel 2020 deve pensare solo ad una cosa: il lavoro. Io da vecchio repubblicano penso che bisogna educare il popolo come diceva Mazzini, e il popolo se vai dietro le spigolature quotidiane muore».

In questa città non si è finito per dimenticare le periferie ed accentrare risorse?
«Noi abbiamo fatto un piano da 13 milioni. Il problema che abbiamo una struttura comunale inadeguata. A Trento hanno 1500 dipendenti e 54 dirigenti, noi abbiamo 294 dipendenti e 7 dirigenti di cui uno inutile che è l’avvocatura. Come si fa a reggere una città così. Io ho trovato tra i dipendenti 50% di Lsu, Copes e ausiliari».

Ma sono arrivati anche nuovi dirigenti come quello dell’unità di missione di Matera 2019 che non sembra abbiano prodotto per quanto si attendeva?
«Siamo d’accordo, infatti l’ho cambiato. Pur avendo anche interrotto un rapporto personale di amicizia ma quando si governa questo non vale, ottimo professionista ma non idoneo a lavorare sul capitolo dell’attuale dirigenza».

Delle scelte fatte in questi 5 anni c’è qualcuna che oggi non rifarebbe?
«Assolutamente no, sono rammaricato di non aver potuto fare alcune cose come quello del progetto di finanza per l’energizzazione della città e la pubblica illuminazione. C’era un progetto di finanza con la Siemens il cui presidente Federico Golla era innamorato della città. Il progetto rifaceva la pubblica illuminazione e creava condizioni per produrre energia e abbattere costi che arrivano a 1,8 milioni l’anno. Ma questo progetto non è stato possibile farlo perchè non ha avuto gli elementi di base dagli uffici per poterlo fare».

Cinque anni fa l’avventura era iniziata con un’altra maggioranza e in un’altra maniera?
«Io avevo deciso di scendere in campo perchè pensavo che si brindava alla vittoria e non la si governava perchè intravedevo il rischio di una baldoria ludica. Doveva essere l’occasione per mettere in rete i valori della città. Oggi Matera è attraente ma è diventata anche attrattiva per gli investimenti. Subito dopo la vittoria è iniziata la pirateria, si sono creati lasciapassare da alcuni per rientrare nella casa madre del Pd. Già al primo Consiglio comunale abbiamo avuto le prime defezioni».

Anche la prima giunta ebbe qualche fibrillazione?
«Lì ci fu uno scontro tellurico dentro Forza Italia tra Casino e Latronico. Cominciammo subito ad avere queste frizioni che si trasformarono in una debolezza congenita. Io volevo utilizzare la bandiera conquistata dalla comunità partendo dall’associazione fondata nel 2008 da Francesco Salvatore».

La Fondazione Matera 2019 e il direttore Verri è stato uno dei motivi del contendere?
«All’epoca sì anche perchè lui fece terra bruciata attorno a sè, rispetto ad altri possibili esponenti di un gruppo di lavoro da Calbi a Iarossi. Verri ha la forza di diventare autoreferenziale. Però la convenienza era che non si poteva crollare di fronte al mondo».

Nel braccio di ferro tra il direttore della Fondazione e la maggioranza quale fu allora il ruolo del presidente della Regione che era Pittella?
«Pittella rimase a guardare. Poi anche lui convenne che non si poteva tagliare il nodo gordiano e si trovò una mediazione con la nomina della rettrice Sole per alleggerire la polemica in agguato e un braccio di ferro terribile».

Questo ha logorato la maggioranza ed ha portato al Governo di unità municipale?
«I problemi della maggioranza erano che dovevamo neutralizzare le spinte corrosive di queste frange che impedivano di andare avanti e si decise con i partiti di centrodestra di fare il governissimo. Tanto è vero che entrò in giunta la Poli Bortone».

Una presenza come quella della Poli Bortone ha certamente innalzato la qualità della sua giunta?
«Un personaggio di qualità assoluta che non pensava alla pancia ma pensava ai progetti. Aveva cominciato a mettere in moto incontri, confronti, cosa che non hanno fatto altri».

Quindi lei non l’avrebbe mai cacciata la Poli Bortone dalla sua giunta?
«Mai. Un giorno mi arriva questa lettera di dimissioni perchè all’interno della sua area si era fatta una valutazione che stare in un governo poteva creare problemi di contaminazione con il Pd. Così come mi sono arrivatepoi improvvisamente e senza motivazione le dimissioni di Montemurro».

Ma quella giunta allora era già sbilanciata sul Pd?
«No, c’erano sei assessori di centrodestra e tre del Pd. C’era ad esempio Enzo Acito il cui ingresso sollecitato a gran voce dall’Api e poi dopo un mese fu rottura totale. Cose che a raccontarle non ci si crede».

Ha sempre detto “non mi dimetterò mai”. Ma ha mai avuto un dubbio nel dover governare con chi aveva osteggiato in campagna elettorale?
«Noi siamo stati elogiati per questa scelta a Bruxelles. Io non sono una persona che si allinea all’ interesse. Se volevo truccarmi da democristiano, stavo in parlamento. Ho osteggiato Colombo sulle risorse per i Sassi. Non ho timori. Io ho un obiettivo di far diventare Matera centro di riferimento dell’innovazione tecnologica. La scelta di Di Maio e della Liuzzi di scegliere Matera va in questa direzione».

Le dimissioni di Schiuma non sono state indolore?
«Non ci sono state dimissioni da Schiuma. Schiuma è andato via per la regola Cencelli perchè c’erano in maggioranza frange eversive e dicevano che “la giunta deve essere espressione del Consiglio”. Ad esempio, e parto dalla cosa più immorale, Delicio (che avrei tenuto senza dubbio) “quanti consiglieri ha?” nessuno? e allora non può fare l’assessore. Così per Zoccali e Schiuma. C’era una sorta di tribunale di guerra».

Lei è stato considerato il “miglior ministro degli Esteri” che la città poteva avere. Nel governo all’interno non c’è stata un uguale percezione. L’esempio simbolico è quello dell’inaugurazione di Matera 2019, universalmente apprezzata. Ha avvertito questa situazione?
«Io ho avvertito la fragilità delle mie giunte. Io non vado dietro ai social. Noi abbiamo avuto un difetto di comunicazione ma abbiamo avuto problemi costanti. Io hoperso il 50 per cento del tempo a ricucire vasi rotti. Ma la prevalenza di obiettivi e visioni non potevano essere mortificate dalle guerre interne ad alcuni partiti».

Quale è la prospettiva futura?
«Oggi Matera ha chiuso la collaborazione per la Casa delle Tecnologie, quella diventerà fucina di ricerca e sperimentazione sul capitolo dell’intelligenza artificiale. Con una serie di start up incredibile che si collegheranno intorno all’hub di San Rocco che vogliamo rilanciare e questo significa occupazione e ruoli. Poi Matera deve diventare area di alta formazione, un centro di riferimento per i nuovi percorsi formativi e creare qui manodopera qualificata.
Ad esempio l’Isia è il prototipo della qualità del prodotto tecnologico per la qualità del design che vuole fare di Matera centro di riferimento del Sud. Poi abbiamo creato il centro di cinematografia, c’è la scuola sul patrimonio culturale. Le nuove residenze artistiche del 2021 saranno a Matera e in particolare a La Martella. Queste sono le officine della cultura che abbiamo portato a casa. Ed è per questo che non posso abbandonare il campo per tenere i rapporti di questo lavoro».

Teme che questi tasselli che sono un incastro anche per la scelta di un Museo autonomo vengano in qualche modo meno nel passaggio di mano?
«Il museo è una cosa molto importante. Noi siamo stati equiparati agli uffizi come fatto autonomo. Questi risultati sono il frutto di un lavoro e di un rispetto. Le scelte fatte non possono essere riviste. Dovranno violare accordi e patti fatti. L’obiettivo è che Matera deve ospitare da 300-350 giovani che vengono a studiare a Matera da tutta Italia e nel tempo deve diventare internazionale. E andranno a dormire nel vecchio convitto nazionale che avrà 150 posti nella foresteria che verrà realizzata. Queste relazioni maturate con il lavoro chi le dovrà mantenere? Questi trapezisti che avevo in maggioranza che passano da una maggioranza all’altra senza rete come Lapolla o Bianco?».

Sindaco, ha risultati portati a casa in extremis?
«La balena Giuliana per la quale abbiamo avuto l’autorizzazione ad aprire le casse dopo una guerra tra soprintendenza e direzione generale».
I lavori pubblici sembrano aver cambiato marcia negli ultimi mesi. Effetto elettorale a pochi mesi dal voto?
«Non è questo. Si era immaganizzata tanta miscela rimasta inespressa e si è trovata un nuovo assessore, il sindaco e un nuovo dirigente l’architetto Gravina che hanno pensato ai progetti e non alla manutenzione. C’erano risorse ferme per andar dietro alla spigolatura dei cittadini che inseguivano l’ufficio tecnico».

Ci sono i soldi della Tangenziale?
«No, sono nel Cis Basilicata. Penso che nell’ambito dei 220 milioni del Cis Basilicata gli 11 della Tangenziale per Matera saranno grasso che cola».

Tra gli obiettivi c’è anche il Parco della Storia dell’Uomo?
«Io devo dire che, anche se il soggetto attuatore non è il Comuna ma Invitalia, il primo tassello ultimato e fruito, cioè il Vicinato a Pozzo, ha vinto il premio Spina».

Invitalia doveva velocizzare e risolvere i progetti e i problemi e accelerare i percorsi ma molto ancora non si è visto?
«Invitalia ha un nome e cognome: Domenico Arcuri. Invitalia deve fare ancora interventi ad Aia del Cavallo. Invitalia è un’investitura del Governo nazionale che doveva risolvere in poco tempo ciò che il Comune di Matera non era in grado di risolvere. In realtà non hanno risolto nulla».

Sul personale sindaco molti problemi?
«Noi abbiamo fatto i concorsi. Abbiamo assunto 54 persone a tempo indeterminato e 78 a tempo determinato e ce ne sono altri 18 nel fabbisogno di quest’anno».

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