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di EGIDIO DIGILIO*
IL confronto politico o meglio quello che si riesce a percepire dai giornali regionali e dagli sparuti incontri che sinora si sono svolti, sia nel centrosinistra che nel centrodestra e nel centro, non esce dai soliti, vecchi e ritriti schemi di alleanze e di personalismi. 
Persino Angelo Sanza, neo dirigente nazionale di Centro Democratico e quindi folgorato sulla via di Damasco dalla strategia dell’alleanza con il centrosinistra, si sente autorizzato a dare lezioni di politica. 
A me pare di vivere un clima surreale e sicuramente molto distante dai problemi veri della gente e dall’emergenza che è prima di tutto sociale e civile che vive la nostra regione. Intanto, non c’è consapevolezza che ci aspetta un autunno caldo di rivolte sociali che rischiano di intrecciarsi al voto regionale, mentre la confusione giorno dopo giorno sembra aumentare. 
Ma noi intendiamo esserci e sforzarci di dare il nostro contributo per la creazione di un fronte di alternatività e diversità che sappia, innanzitutto, valorizzare merito, questione morale, territorio, battaglia sociale, valori tradizionali che sappia quindi piacere e non solo piacersi. 
È il combinato disposto di istinto e abitudine alla politica che in passato ha consentito di interpretare fasi davvero ardue e di trasformare tanti momenti di crisi in opportunità: la riscoperta di quella vena è il portato più interessante della fase che si è aperta, e il più promettente.  
La nostra bussola dunque punta sempre ai temi sociali. Noi non abbiamo smarrito la strada del rilancio della politica del centrodestra. 
Siamo noi a chiedere ai nostri alleati a Roma come a Potenza quali sono i progetti, i valori, le proposte per andare avanti e con idee chiare: compito del fronte di alternativà e di diversità  non può essere quello di limitarsi a costruire un cartello “tutti contro il Pd-centrosinistra” ma di offrire idee sostanzialmente alternative nel modello di Basilicata sino al 2020 e nel metodo di gestione.
 Anche il tema del ricambio della classe dirigente regionale non dobbiamo lasciarlo nelle mani di chi nel centrosinistra ne fa solo una questione di propaganda. 
Questo non significa che non abbiamo ancora da discutere sul metodo per individuare il nostro candidato Governatore e che pertanto non ci attende uno sforzo corale per cercare nuove strade da quella dell’incontro tra partiti.
 In sintesi: dobbiamo riprendere il filo del nostro racconto, rilanciare un percorso tracciato nel solco di “un certo modo di intendere l’Italia”, con il coraggio delle idee e del cambiamento, pronti ad affrontare le sfide della competizione e dello sviluppo, con una forte attenzione alla solidarietà sociale. Per questo non basta una “trincea di destra”: occorre una visione radicalmente alternativa all’idea di consenso che il centrodestra ha elaborato in questi anni, consenso come adesione a un progetto di cambiamento, come espressione di cittadinanza attiva. Siamo orfani di una casa, della casa della destra italiana, ma non credo nel progetto di una nuova destra nazionale, di una “cosa nera”. Non siamo rottamatori come Renzi, ma serve un passaggio di testimone, servono volti nuovi. Per questo è necessario dare vita ad un’accademia della formazione politica per una nuova classe dirigente.
Ed illuminanti appaiono proprio le parole di Giorgio Almirante, a proposito di passaggi generazionali, eredità politiche e staffette:  «Siamo caduti e ci siamo rialzati parecchie volte. E se l’avversario irride alle nostre cadute, noi confidiamo nella nostra capacità di risollevarci. 
In altri tempi ci risollevammo per noi stessi, da qualche tempo ci siamo risollevati per voi, giovani, per salutarvi in piedi nel momento del commiato, per trasmettervi la staffetta prima che ci cada di mano, come ad altri cadde nel momento in cui si accingeva a trasmetterla».
*coordinatore Fli

IL confronto politico o meglio quello che si riesce a percepire dai giornali regionali e dagli sparuti incontri che sinora si sono svolti, sia nel centrosinistra che nel centrodestra e nel centro, non esce dai soliti, vecchi e ritriti schemi di alleanze e di personalismi. Persino Angelo Sanza, neo dirigente nazionale di Centro Democratico e quindi folgorato sulla via di Damasco dalla strategia dell’alleanza con il centrosinistra, si sente autorizzato a dare lezioni di politica. 

 

A me pare di vivere un clima surreale e sicuramente molto distante dai problemi veri della gente e dall’emergenza che è prima di tutto sociale e civile che vive la nostra regione. Intanto, non c’è consapevolezza che ci aspetta un autunno caldo di rivolte sociali che rischiano di intrecciarsi al voto regionale, mentre la confusione giorno dopo giorno sembra aumentare. 

Ma noi intendiamo esserci e sforzarci di dare il nostro contributo per la creazione di un fronte di alternatività e diversità che sappia, innanzitutto, valorizzare merito, questione morale, territorio, battaglia sociale, valori tradizionali che sappia quindi piacere e non solo piacersi. È il combinato disposto di istinto e abitudine alla politica che in passato ha consentito di interpretare fasi davvero ardue e di trasformare tanti momenti di crisi in opportunità: la riscoperta di quella vena è il portato più interessante della fase che si è aperta, e il più promettente.  

La nostra bussola dunque punta sempre ai temi sociali. Noi non abbiamo smarrito la strada del rilancio della politica del centrodestra. Siamo noi a chiedere ai nostri alleati a Roma come a Potenza quali sono i progetti, i valori, le proposte per andare avanti e con idee chiare: compito del fronte di alternativà e di diversità  non può essere quello di limitarsi a costruire un cartello “tutti contro il Pd-centrosinistra” ma di offrire idee sostanzialmente alternative nel modello di Basilicata sino al 2020 e nel metodo di gestione. Anche il tema del ricambio della classe dirigente regionale non dobbiamo lasciarlo nelle mani di chi nel centrosinistra ne fa solo una questione di propaganda.

 Questo non significa che non abbiamo ancora da discutere sul metodo per individuare il nostro candidato Governatore e che pertanto non ci attende uno sforzo corale per cercare nuove strade da quella dell’incontro tra partiti. In sintesi: dobbiamo riprendere il filo del nostro racconto, rilanciare un percorso tracciato nel solco di “un certo modo di intendere l’Italia”, con il coraggio delle idee e del cambiamento, pronti ad affrontare le sfide della competizione e dello sviluppo, con una forte attenzione alla solidarietà sociale. 

Per questo non basta una “trincea di destra”: occorre una visione radicalmente alternativa all’idea di consenso che il centrodestra ha elaborato in questi anni, consenso come adesione a un progetto di cambiamento, come espressione di cittadinanza attiva. Siamo orfani di una casa, della casa della destra italiana, ma non credo nel progetto di una nuova destra nazionale, di una “cosa nera”. Non siamo rottamatori come Renzi, ma serve un passaggio di testimone, servono volti nuovi. 

Per questo è necessario dare vita ad un’accademia della formazione politica per una nuova classe dirigente.Ed illuminanti appaiono proprio le parole di Giorgio Almirante, a proposito di passaggi generazionali, eredità politiche e staffette:  «Siamo caduti e ci siamo rialzati parecchie volte. E se l’avversario irride alle nostre cadute, noi confidiamo nella nostra capacità di risollevarci. In altri tempi ci risollevammo per noi stessi, da qualche tempo ci siamo risollevati per voi, giovani, per salutarvi in piedi nel momento del commiato, per trasmettervi la staffetta prima che ci cada di mano, come ad altri cadde nel momento in cui si accingeva a trasmetterla».

*coordinatore Fli

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