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POTENZA – La scelta è ricaduta per necessità su un’udienza straordinaria di lunedì al posto di quelle ordinarie che vanno dal martedì al giovedì. Soltanto 6 giorni prima delle elezioni del 17-18 novembre per il rinnovo del Consiglio regionale. Ora nessuno nei corridoi del Palazzo di giustizia di Potenza è disposto a dirlo ad alta voce, ma è chiaro che il pensiero delle possibili strumentalizzazioni ha contato – e non poco – su questa decisione.

Dovranno comparire davanti al gup Tiziana Petrocelli il prossimo 11 novembre e non il 21 come si era appreso in un primo momento i 40 imputati nell’inchiesta sulla gestione dei rimborsi per le spese di segreteria e rappresentanza dei membri del parlamentino lucano e quelli per l’attività dei gruppi consiliari. Forse il più grosso scandalo politico-amministrativo che la Basilicata ricordi, tant’è che ad aprile ha spinto il presidente Vito De Filippo alle dimissioni e allo scioglimento anticipato del Consiglio. Lo avrebbe stabilito – a quanto si è appreso da fonti giudiziarie – lo stesso magistrato che dovrà valutare le richieste di rinvio a giudizio avanzate a luglio dai due pm titolari dell’inchiesta Sergio Marotta e Francesco Basentini.

A doversi difendersi dalle accuse di falso e peculato saranno 22 consiglieri in carica, tra cui l’intero ufficio di presidenza del Consiglio e la giunta regionale con l’aggiunta dell’unico assessore esterno. Gli altri hanno già lasciato le stanze di via Verrastro al termine della scorsa legislatura, o più di recente come nel caso di Rosa Mastrosimone (Idv) e Vincenzo Viti (Pd), dimissionari subito dopo gli arresti di marzo disposti proprio nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi dal gip Luigi Spina. Con loro era finito ai domiciliari anche l’allora capogruppo Pdl Nicola Pagliuca, per cui il gip in un secondo momento avrebbe optato per un più blando obbligo di dimora lontano dal capoluogo di regione. Stessa misura, quest’ultima, adottata anche nei confronti di Antonio Autilio (Idv), Paolo Castelluccio (Pdl), Agatino Mancusi (Udc), Alessandro Singetta (Misto), Mario Pici (Pdl) – il solo per cui lo stesso Spina avrebbe avuto un ripensamento sull’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza – , Mario Venezia (FdI) e Rocco Vita (Psi), più un ex come Vincenzo Ruggiero (Udc). Mentre per Franco Mollica (Udc) e altri quattro consiglieri della scorsa legislatura, Antonio Flovilla (Udc), Innocenzo Loguercio (Psi), Antonio Potenza (Pu) e Antonio Tisci (Pdl) è stato disposto il sequestro sui conti corrente delle somme contestate.

Oltre ai 16 destinatari dell’ordinanza di misure cautelari, chieste soltanto per chi è accusato di di essersi intascato in maniera indebita oltre 5mila euro, ci sono quelli a cui vengono contestate somme inferiori come il presidente della giunta regionale Vito De Filippo (Pd) e gli assessori Nicola Benedetto (Idv), Luca Braia (Pd), Roberto Falotico (Udc), Marcello Pittella (Pd) e l’“esterno” Attilio Martorano. O ancora il presidente del Consiglio Vincenzo Santochirico (Pd), e i consiglieri Giuseppe Dalessandro (Pd), Antonio Di Sanza (Pd), Franco Mattia (Pdl), Michele Napoli (Pdl), Pasquale Robortella (Pd), Luigi Scaglione (Pu) e Gennaro Straziuso (Pd). Infine gli ex onorevoli lucani: Pasquale Di Lorenzo (Fli), l’attua – le presidente dell’Ater di Matera Innocenzo Loguercio (Psi), l’ex assessore Vilma Mazzocco (Cd), Giacomo Nardiello (Pdci), l’attuale presidente dell’Asi di Potenza Donato Salvatore (Psi) e Antonio Tisci (Pdl).

Tra gli esempi di malcostume presi di mira dagli investigatori di carabinieri, finanza e polizia c’è una varietà di spese personali rimborsate con i fondi di segreteria e rappresentanza a disposizione dei consiglieri e quelli per l’attività politica dei gruppi: circa 2.600 euro al mese, più altri 1.200 per ogni componente del gruppo da rendicontare a posteriori depositando scontrini e fatture. Si va dall’orsetto di peluche ai cd musicali acquistati in autogrill, passando per il singolo caffè, le caramelle e prodotti da forno di ogni tipo, il noleggio di un auto in Costa Smeralda in altissima stagione, soggiorni a Ponza, settimane bianche, pernottamenti in albergo con accompagnatrici imprecisate, pranzi in Costa Azzurra o in occasione di ricorrenze familiari tipo il compleanno del coniuge, la finitura e la levigatura del parquet in alcuni locali privati, i mignon di domenica, il cenone di capodanno e il pranzo di ferragosto. Poi ci sono i collaboratori “fantasma” che hanno smentito di aver ricevuto le somme dichiarate nei contratti depositati, o di aver mai lavorato per il consigliere in questione, oppure – in un caso – hanno ammesso di averlo fatto ma all’insaputa del marito che di quel dubbio rapporto di lavoro non sapeva nulla, né avrebbe dovuto saperlo. Quindi una montagna di fatture e scontrini ritoccati con l’aggiunta di un numero a penna a destra o a sinistra dell’importo originale: a volte aggiungendo 300 euro, e a volte soltanto 2. Schede benzina “gonfiate”, fatture fotocopiate e rimborsate più volte, altre per spese già rimborsate con le indennità di missione, altre per spuntini in varie parti d’Italia allo stesso momento e altre ancora per francobolli disconosciute da chi dovrebbe averle emesse.

In totale si tratta di circa 200mila euro, ma i numeri nelle prossime settimane sono destinati a essere rivisti. Restano infatti da sommare gli esiti delle ultime verifiche sulla contabilità dei gruppi e da giugno a oggi l’elenco degli indagati si sarebbe già allungato per ricomprendere l’attuale presidente di Acquedotto lucano spa, Rosa Gentile, a causa di un pranzo per gli auguri di Natale con funzionari e impiegati del dipartimento Infrastrutture della Regione, rendicontato per intero come «spesa per l’esercizio del mandato senza vincolo di mandato» nonostante ci fosse chi aveva pagato per sé. D’altra parte gli investigatori avrebbero già integrato i loro calcoli in considerazione di chi ha depositato più fatture di quelle rimborsate, come evidenziato in alcune memorie difensive depositate all’indomani della chiusura delle indagini.

Assieme ai 34 politici è stato chiesto il rinvio a giudizio anche di sei persone per reati collegati: il commercialista Ascanio Emanuele Turco, l’albergatrice Donata Santoro, i ristoratori Antonio Sanrocco e Rosa Amoroso, e i tabaccai Serena e Francesco Marino. Inoltre risulta iscritto nel registro degli indagati anche uno stretto collaboratore di De Filippo, Nicola Brenna, che era stato indicato come il responsabile dell’acquisto “sospetto” di francobolli contestato al governatore dimissionario.

Nei prossimi giorni dovrebbero partire le notifiche con l’avviso di fissazione dell’udienza per tutti gli interessati.

l.amato@luedi.it

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