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POTENZA – Un «cavallo di razza indomabile». Se proprio si dovesse descrivere Marcello Pittella si potrebbe partire dalla definizione che da di se stesso in relazione non solo al suo presente politico, ma anche agli anni di militanza socialista fino all’approdo nel Pd. Il candidato governatore della coalizione di centrosinistra, nella redazione del Quotidiano, non si tira indietro neanche a domande scomode. Ammette con una certa durezza che «sì» lui di raccomandazioni ne ha fatte. Discute di petrolio come risorsa «spesso sottovalutata dai cittadini» e ritorna abbondantemente sugli ultimi mesi, dalla candidatura alle primarie fino alla vicenda della lista Pittella. Si parte proprio da questo appunto, dalla certezza di essere più che “gladiatore” «un coraggioso. Perché ho deciso di presentare alla Basilicata un’impostazione diversa sul sistema di scelta della classe dirigente. Mi sono messo in discussione anche forzando la mano. Ho condotto una battaglia più o meno solitaria. Quando vinci le primarie contro una parte dello stesso partito è evidente che hai una sorta di rigurgito. Sarebbe stato utopico pensare che dopo le primarie sarebbe andato tutto liscio».

Pittella, quindi, non racconta di illusioni di unità, lo ammette subito e lo specifica anche quando parla della sfiorata esclusione della lista del presidente. «La notte prima – dice – ho controllato i documenti. Erano completi. Certo è che l’assenza di questa lista avrebbe colpito in termini elettorali in maniera negativa. Ma alla fine il messaggio che ho espresso è quello di una coalizione inclusiva. Il che significa anche che, come Pd, si rinuncia ad una parte. È un approccio nuovo che per chi, me compreso, ha governato la regione per 20-30 anni ha portato a delle resistenze».

E qui sta il primo dubbio sulla coalizione. Non ci saranno problemi di governabilità? Duopoli? Veti incrociati?

«La Basilicata – dice Pittella – se non invertiamo la rotta non ce la fa. Siamo obbligati a dare fondo a tutte le nostre energie per mettere in campo progetti e programmi. Non possiamo avvitarci ancora su logiche interne. Non serve a nessuno, né a chi le pratica né agli altri. Se c’è questa consapevolezza faremo un lavoro, che non farà miracoli, ma invertiremo un percorso».

Pittella però non nasconde le sue responsabilità sulla passata gestione politica, nonostante adesso faccia riferimento al cambiamento. «C’è un tempo per modificare il proprio atteggiamento. Possiamo recuperare un nuovo approccio, il che non significa crearci una nuova verginità. Ognuno di noi deve flettersi al nuovo corso, alle nuove esigenze».

Queste nuove esigenze riguarderebbero la nuova, frammentaria, composizione sociale della Basilicata. E c’è un punto di partenza, il reddito sociale.

«È un argomento da approfondire. Possiamo anche pensare ad una sorta di contratto di inserimento, una forma non assistita che accompagni nel mondo del lavoro. Non è facile, abbiamo bisogno di idee e soprattutto di disponibilità economica. D’altronde se non ci sono i soldi per gli ammortizzatori sociali una soluzione va trovata».

Lavoro e petrolio, prima indiscutibile risorsa per aumentare le potenzialità della Basilicata.

«Questa risorsa – dice Pittella –  determina imprenditoria e occupazione. La chimica verde la dobbiamo fare in Basilicata e il nostro compito è chiedere il governo e alle compagnie di mettere lavorare su questo. Fino ad oggi l’opinione pubblica non sembra aver capito il ritorno economico possibile con una risorsa come questa».

E poi c’è il capitolo della formazione, un covo di sprechi e un punto debole della passata amministrazione.

«Molte cose andranno riviste. Dobbiamo, certamente, fare ammenda sulla vicenda “Ponte per l’occupazione”, che non ha dato i risultati sperati. A noi adesso spetta fare una selezione vera e non politicizzata e una formazione che abbia ricadute immediato. Se portiamo al tavolo tecnico anche università e scuole possiamo invertire il meccanismo. Con i fondi Fse dobbiamo sbloccare tutto quel meccanismo che oggi è solo sulla carta. E l’indotto petrolifero deve generare delle figure professionali qui».

Eppure la Basilicata, oggi, ha bisogno soltanto di buona amministrazione, qual è la ricetta per questo?

«La politica deve mettercela tutta, abbandonando qualche vecchio vizio. La comunicazione è fondamentale e poi le regole: trasparenza, accesso, opendata. E poi favorire l’autonomia dei canali informativi, nel bene e nel male. E poi ridiscutere sulla funzione dei partiti, una discussione vera».

Tipo Prima Persona?

«No. Quello non è un partito è un’associazione. Bisogna coinvolgere i singoli, le associazioni, le parrocchie. Il partito deve vestire questi panni, vale anche per il prossimo governatore».

Eppure, nonostante si parli di rivoluzione, di cambio di pratiche, di meritocrazia, sul programma non c’è nulla sulla questione delle nomine politiche negli enti subregionali.

«No, tutto questo è una precondizione. Per primo serve riorganizzare la macchina amministrativa, i dipartimenti, le funzioni. Tutto questo va ricostruito. E poi dobbiamo promuovere il merito e le competenze. Come le realizziamo? Con prove selettive. Alla politica bisogna affidare soltanto il ruolo di predisposizione degli atti. Sul resto non deve entrare. Capisco che la politica è anche mediazione, ma se diventa una regola non abbiamo fatto neanche un pezzo di rivoluzione».

E sulla vicenda Asi e Consorzio di Bonifica?

«L’avevamo presentata la legge sul comparto agricoltura, ma non è stata approvata. Ora serve portare a sintesi i vari soggetti che parlano lingue diverse. È chiaro che il consiglio regionale è sovrano, io non sono un monarca».

Ritornando sul petrolio, ci si chiede se ci sarà un assessore specializzato in questo.

«Non necessariamente. Penserei più ad un dipartimento alla Finanza e alla programmazione».

Eppure negli ultimi mesi di vita il consiglio regionale si è congelato, questa frenata può avere creato dei problemi, magari sulla perdita di partite di fondi europei. Questa cosa preoccupa?

«Sono preoccupato moltissimo, consapevole che la situazione non è florida, dovremo approvare, in caso, la finanziaria entro dicembre. Entro 20 giorni un presidente dovrà presentare la relazione programmatica, varare i 4 dipartimenti e gli accompagnatori e poi chiudere il bilancio. Facendo anche attenzione a punti delicati come precari, consorzi, mobilità, cassintegrati».

C’è paura che ci siano carte nascoste nei cassetti?

«No non temo questo ma serve qualcuno che si studia le carte. Non posso avere idea di tutto nel dettaglio. Ho bisogno di farmi accompagnare».

E poi si passa inevitabilmente alla questione di rimborsopoli. Sulla vicenda dello scontrino “ritoccato” da 23 a 223 euro c’è una perizia calligrafica in corso.

«Io non ho ritoccato quella ricevuta, ma non voglio neanche dare responsabilità ad altri. La responsabilità è mia pur sapendo di non averla ritoccata. Non sono avvezzo a queste cose e non le farei mai anzi ho sempre speso più di quanto rimborsato. Mi dispiace ritrovarmi in un tritacarne pur non essendo direttamente coinvolto. L’unico metodo è chiedere la perizia calligrafica. Poi parliamoci chiaro: mi vado a rovinare la vita per 200 euro? Penso di no, non credo di poter meritare questa cosa. Eppure ci si trova in una specie di frullatore e ne devo pagare le conseguenze».

E ora i controlli vanno rafforzati, quindi.

«Abbiamo già ridotto le indennità, se dobbiamo fare ulteriori accorgimenti per ogni margine di discrezionalità dobbiamo farlo. Ho già uno stipendio ridotto di non poco. Ci si batterà sull’obbligo di rendicontazione perché è giusto che i controlli vengano rafforzati. Dovremo tentare di non avere a che fare con nessun tipo di rendicondazione, di non avere spese. Quindi o rimborso forfettario o zero».

Si dimetterà in caso di rinvio a giudizio?

«Assolutamente no, perché prima di tutto c’è il giudizio popolare. E poi, in caso, per 200 euro preferirei andare avanti nel processo fino alla fine».

Ma i punti oscuri sono tanti: il concorsone sugli esperti Por Fesr, i contratti di specializzazione e lo spostamento, il 28 agosto, di 10 milioni di euro dalle graduatorie per le piccole e medie imprese del materano a favore del centro di Cyber security Maratea.

«Il tema dell’accompagnamento all’utilizzo dei fondi Fesr è un tema vero e reale e le competenze vanno salvaguardate attraverso una selezione incolore e insapore in totale trasparenza. Ne sarò in grado? Mi auguro di sì. La giunta regionale ha immaginato una proroga. Sui contratti di specializzazione, io ho visto la delibera e non ho visto nulla di strano. Normalmente le delibere sono affidate al proponente. In genere le specializzazioni sono indicate in base alle esigenze del mercato. Possono partecipare alle borse di studio tutti i cittadini italiani. Oggettivamente è così. La questione del fondo sulle Pmi è altra cosa: quei dieci milioni sono un’anticipazione di spesa, risorse rimodulate dai vecchi Fas che possono essere destinate alle Pmi. Si tratta di un vecchio progetto che stava seguendo la precedente giunta. C’è stata una accelerazione per portare a casa risultato e quella  delibera ha semplicemente spostato risorse come anticipazione. Se non dovesse esserci altra via non avremo difficoltà a ripristinare quelle risorse».

Ma se la rivoluzione è Pittella e Pittella è anche nel Pd è vero anche che è questo partito la causa del cattivo governo della regione.

«C’è stata un’identificazione forse un po’ forzata. Forse perché il Pd è stato troppo pervasivo, per questo ora fa bene a cedere un pezzo di sovranità. E ovvio che la responsabilità c’è. Sono figlio del sistema ma il mio approccio è un po’ atipico. Sostanzialmente ero una sorta di cavallo da domare e indomabile».

Che tempi ci sono per un eventuale accorpamento degli enti subregionali?

«Dobbiamo prenderci il 2014 per capire se gli enti sono utili e in che modo riformarli. Sel, per esempio, merita un approfondimento maggiore, anche “Sviluppo Basilicata”».

Si è chiusa una diatriba con il Pd, si può seminare di nuovo o nei prossimi mesi ci sarà qualche fibrillazione?

«Non credo che ce ne saranno, sarebbe irresponsabile nei confronti della Basilicata. Io credo che nel 2010 fu commesso un errore di valutazione, perché quando non dai riscontro e ritorno ai cittadini che votano un cortocircuito lo crei. La storia degli esterni per risolvere problemi interni, non fu una scelta da me giudicata positiva. E non perché io dovessi fare l’assessore, ma perché non si teneva conto del risultato elettorale. Ho avuto risultato facendo il jolly, il membro di commissione, vicepresidente, segretario, tre mesi capogruppo poi presidente di un’altra commissione. Da soldato agisco così, da militante di partito».

Certo nessuno si aspettava dal Pittella del passato una comunicazione così fisica.

«Che io sia sempre stato un atipico lo sanno tutti. È una caratteristica che va un po’ governata. L’ho fatto perché così sono fatto io.

Dopo il “gladiatore” è arrivato anche il “taumaturgo”. A Bernalda ha addirittura soccorso un signore.

«Ma lì la situazione è stata particolare. Avevo partecipato ad un comizio e contemporaneamente c’era Tabacci. Così sono andato lì, quando sono salito sul palco un uomo è inciampato e ha battuto la testa. Io d’istinto ho lanciato il microfono in aria e sono andato a soccorerlo. Fortunatamente niente di grave».

Quando ha capito di aver superato i concorrenti delle primarie?

«Al Don Bosco. La dimensione del Don Bosco non me l’aspettavo, tant’è che a molti collaboratori avevo sconsigliato quella sede».

Chi butterebbe dalla torre e chi lascerebbe con sé tra Lacorazza, Folino e De Filippo?

«Butterei tutti e tre insieme a me pur tenendo nascosto un paracadute. Lo farei per far provare loro l’ebbrezza di cadere».

Ha mai raccomandato qualcuno?

«Sì. Ma non ne vado fiero. La raccomandazione non è un metodo di interlocuzione semplice vanno sempre a discapito degli altri.

C’è bisogno di rompere il paradigma del cittadino morso dal bisogno che ti chiama. Allo studio ho la fila delle persone delle madri e dei padri che non riescono a far mangiare i propri figli. Io mi rendo conto di cosa significa, ma mi auguro di non doverne fare in futuro».

Tra Lacorazza e Polese chi sceglierebbe?

«Lacorazza per esperienza. Perché interpreta autorevolmente un pezzo di storia politica e perché con le elezioni provinciali ha avuto esperienza di contatto con la gente. Mario è un ragazzo capace e deve maturare anche sul piano amministrativo. Deve fare il suo percorso graduale.

E la candidatura di Loguercio e Robortella?

«In quella notte frentica non l’ho neanche vista quella di Loguercio. Quella di Robortella è differente. Un giovane per, quanto figlio di un consigliere regionale, penso che gli si possa dare la possibilità di competere, non mi sono posto il problema che fosse il figlio. Ho pensato che non fosse una staffetta generazionale».

Chi avrà più voti, la lista del Pd o quella del presidente?

«Il Pd, certamente».

Come vede gli altri candidati?

«Non c’è molto programma e molta volontà e idee nei programmi, ma forse perché non c’è un’esperienza consumata di amministrazione. È vero che la Basilicata merita un approfondimento sul programma di tutti. Se alziamo gli steccati e stiamo sul fronte degli slogan non combiniamo nulla.

Ultimo aspetto è quello dell’acqua imbottigliata con il canone più basso d’Europa.

«Lo abbiamo fatto per un motivo. Questo settore è in difficoltà e non ha bisogno di essere appesantito da canoni salati. Se possiamo alleggerire i produttori secondo me facciamo bene».

v.panettieri@luedi.it

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