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Angelo Chiorazzo durante la convention

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Commozione davanti alla folla per Angelo Chiorazzo, che ha presentato la propria campagna elettorale in vista delle regionali 2024 in Basilicata

POTENZA – È davvero “una storia nuova” quella di Angelo Chiorazzo, l’imprenditore che dal mondo delle cooperative con la sua Auxilium ha deciso di candidarsi alla presidenza della Regione Basilicata e che ieri ha presentato la propria campagna elettorale al Park Hotel? O una storia già sentita sottoposta a chirurgia plastica?

La risposta definitiva può darla solo il tempo, ma qualche elemento lo si può già cogliere facendo attenzione ai particolari e ai simboli.

In estrema sintesi, si può sicuramente dire che c’era molta gente (diverse centinaia di persone) a gremire la sala e le sue propaggini; e che l’entusiasmo dei presenti è stato palpabile.

Le principali prese di posizione: Chiorazzo – dopo una veloce carrellata di interventi – ha annunciato che si dimetterà dalla Auxilium per evitare accuse di conflitto d’interesse, si è detto disponibile alle primarie se il centrosinistra le vorrà, ha chiesto il confronto con chi della possibile coalizione di centrosinistra (i Socialisti, Azione, ufficialmente il M5S) ancora non lo ha accettato e ha esposto le sue idee politiche.

IL RITUALE

Un tempo bastava guardare le prime file per capire quali nomi importanti fossero presenti a un incontro elettorale. Ieri no: nessun posto riservato. E quindi “quelli che contano” si sono dovuti accontentare: in seconda fila c’erano l’ex sottosegretario Vito De Filippo, il segretario Uil Vincenzo Tortorelli, l’ex sottosegretaria Mirella Liuzzi (M5S); l’ex presidente di Regione e parlamentare Tonio Boccia, l’ex senatore Carlo Chiurazzi, il presidente del Potenza calcio Donato Macchia, il consigliere regionale Luca Braia in terza; altri come l’ex presidente della Provincia di Potenza Nicola Valluzzi, in piedi.

Per non parlare di pesi supermassimi come l’ex ministro Roberto Speranza o l’ex viceministro Filippo Bubbico, sperduti nelle retroguardie.

In prima fila, solo giovani. Il che però svela il gioco: se ci sono solo giovani vuol dire che quei posti erano riservati (ovvio l’intento di svecchiare l’immagine della politica). D’altronde l’apparato organizzativo aveva riservato molti dei posti nelle prime file, occupati con borse e giacconi strategici. L’idea è buona ma il “posto libero” non era poi così libero.

I CINQUESTELLE

Piccola parentesi per il Movimento Cinquestelle: dissolte le utopie di purezza iniziali e snervata la carica rivoluzionaria, la decisione su Chiorazzo rischia di diventare un cuneo che ne intacchi la coesione.

La presenza di alcuni personaggi di primo piano (Liuzzi, il sindaco di Matera Domenico Bennardi, il consigliere comunale di Potenza Marco Falconeri) disorienta un elettorato già confuso. Non si capisce se c’è un no, un sì oppure ognuno deciderà per sé.

LE PAROLE

La prima persona a prendere il microfono – sotto la supervisione del giornalista Massimo Brancati – è Marina Bianchi, esperta di ambiente (risulta già candidata con Sinistra Verde al Parlamento nel 2022), che lamenta la mancata lungimiranza della classe politica finora «nell’intraprendere un discorso intergenerazionale» e si chiede perché l’Unibas non offra un percorso di studio proprio sull’ambiente.

Poi Egidio Basile, esponente storico del Pd («Ma sono lontano dalla politica da 20 anni», dice), ex commissario antiracket, una vita passata nella scuola. Parla proprio di istruzione e tra le altre cose rimprovera un ex presidente di Regione: «Proposi la Scuola estiva di matematica e scienze. E De Filippo non me la diede». L’interessato dal posto sorride.

Nel frattempo arriva in sala il segretario del Pd lucano, Giovanni Lettieri. Un cappotto spostato e può sedere nel suo posto “libero”.

È la volta di Lucia Vaccaro, infermiera laureatasi pochi anni fa, chiamata a lavorare dall’Asp quando comincia il Covid. Turni da 12 ore per sette giorni alla settimana, ricorda. Poi, dopo 36 mesi di contratti a tempo, il ritorno fra i disoccupati «nonostante abbia vaccinato fino a 350 persone al giorno e nonostante le rassicurazioni dei vertici dell’Asp». Vaccaro si scaglia contro il «sistema aziendalistico» della sanità e sottolinea: «La qualità del lavoro è qualità dell’assistenza ai cittadini».

Sul palco Angelo Andrisani, imprenditore agricolo, fondatore della FruttItalia, azienda di famiglia a Metaponto trasformata in una realtà che porta prodotti freschi in 24 ore sui banconi della Lombardia. Andrisani chiede una migliore distribuzione dell’acqua per irrigazione e immagina che il Metapontino si trasformi «nella Silicon Valley dell’ortofrutta».

Mirna Mastronardi racconta la sua esperienza di donna guarita dal cancro e che ora vive con 800 euro al mese e una figlia adolescente. È stata candidata alle “parlamentarie” del Pd, ha fatto parte dell’assemblea nazionale del partito.

Fondatrice dell’associazione “Agata – Volontari contro il cancro”, è stata nominata Cavaliere al Merito dal Presidente della Repubblica. È sicura che la sanità lucana faccia affidamento «su un personale straordinario», ma anche che abbia molti problemi da risolvere.

Situazione confermata da Stefano Mele, giovane di Calvello che parla dalla sua sedia a rotelle e chiede di «puntare di più sulla disabilità». Ha militato fra i Giovani Democratici, ricorda l’importanza di lottare sempre per diventare protagonisti della propria vita e racconta di una bella amicizia con il candidato.

LE LACRIME

Chiorazzo sale sul palco. Neanche comincia a parlare e singhiozza. Non gli risulterà facile superare la commozione.
Comincia con i primi anni (Senise e i suoi vicoli, la partenza per l’università a 19 anni con «quattro borsoni, tante speranze, pochi soldi»).

Altri singhiozzi. «Finalmente un presidente che si commuove», grida qualcuno. Considerandolo quindi già eletto. Applauso, uno fra i tanti che punteggeranno l’intervento del candidato. Qualche fazzoletto tirato fuori (con ampio sventolio di tessuti) anche fra il pubblico.

«Sono sposato con Giovanna. Ho tre figlie: Giulia, Antonella e Paola». Poi il successo: una cooperativa che parte da 9 soci e oggi ne ha 2.500. Chiorazzo assicura di non avere altro interesse «se non quello della Basilicata».

Le successive dichiarazioni di Chiorazzo profumano di retorica, quella della quale nessun candidato sembra poter fare a meno: la «fiamma della speranza», «ogni cuore che batte in questa terra è una risorsa preziosa, un contributo unico al tessuto vibrante della nostra società».

E così, fra visioni di un «mondo migliore», di «passi avanti», di una «Basilicata che torni a essere protagonista in Italia e in Europa», i battimani si sprecano. Poi, l’affondo critico: «E’ per questo che dobbiamo mandare via il peggiore governo che la Basilicata abbia avuto». Uno scroscio d’approvazione.

Il discorso viene insaporito da un aneddoto: il dirigente generale dell’università Luigi Mancino, potentino, che invita il giovane rappresentante studentesco a farsi onore come lucano nella vita, al pari di un altro lucano, Antonio Luongo (segretario del Pd morto l’8 dicembre di otto anni fa e rimpianto da tutti).

IL NEMICO

E ancora promesse solenni di impegno, appelli a «fare squadra», dichiarazioni belligeranti contro «questa destra egoista» che ha «supinamente accettato il progetto del regionalismo differenziato e lasciato che la massima assise si esprimesse liberamente» e che «nella sanità in cinque anni ha nominato fiduciariamente e poi sostituito 30 alti dirigenti, abbastanza improvvisati peraltro. Nessuno di questi era lucano».

Alcuni veti che considera imprescindibili: il petrolio («Abbiamo già dato: i programmi avviati vanno conclusi ma poi basta»), l’eolico «e le rinnovabili impattanti sul territorio». No secco anche al nucleare e al deposito di scorie radioattive.

E sui bonus gas e idrico – che la destra ha messo sul tavolo elettorale come punti da giocarsi – ricorda che non possono diventare «il piatto di lenticchie per cui svendere il territorio. Non avere uno stipendio e pagare 20 euro in meno l’acqua non è un risultato».

LE PROMESSE

Di orizzonti di gloria e invocazioni alla causa comune ce ne saranno a iosa. Forse è più interessante guardare fra gli intenti operativi (al di là dei «tessuti vibranti» che non si sa bene cosa siano). Soprattutto alla luce di una frase, citata, di Alcide De Gasperi: «Cercate di promettere un po’ meno di quello che pensate di realizzare se vinceste le elezioni».

Le promesse di Chiorazzo non sembrano in linea con l’invito dello statista trentino. Vediamole.

Lavoro: «Non può essere precario: i diritti sono sempre pieni, non a metà».

Sanità: «Accessibile e di alta qualità. Tecnologie all’avanguardia e formazione del personale che non dev’essere mai precario, mai. Basta alle liste di attesa».

Ora, vagheggiare una Basilicata in cui, entro cinque anni, il lavoro non sia più precario e la sanità supertecnologica e di alta qualità, in cui si torni a un tempo evocato (ma che si fa fatica a ricordare) in cui gli indici sanitari erano «secondi dietro alla Lombardia», sembra una promessa che si colloca decisamente al di là della linea di confine stabilita da De Gasperi.

Cosa vuol dire promettere che il lavoro non sarà più precario? Quali risorse ha a disposizione un presidente di Regione perché il livello contrattuale e retributivo di una regione salga nell’Eden delle certezze occupazionali?

E cosa vuol dire promettere una sanità da fiaba a fronte di una dipendenza oramai cronica e tossica delle casse regionali dalle entrate petrolifere che ne reggono la spesa ordinaria da decenni (anche l’ateneo lucano ne trae motivo di sussistenza)?

Ecco, da un imprenditore come Chiorazzo – che si sedeva a tavola con Giulio Andreotti, a cui papa Francesco affida l’organizzazione di iniziative di primo piano, che si è fatto dal nulla – ci si aspetterebbe una o due proposte davvero concrete, un’idea diversa, potentemente operativa, non il florilegio di bei compitini sul futuro che poi la storia di solito s’incarica di segnare con la matita blu.

Questo il giudizio che – nell’entusiasmo generale, davvero partecipato e pieno, va detto – si coglieva qui e lì, come il leggero odore di naftalina di qualche cappotto blu tirato fuori per l’occasione. La narrazione della “storia nuova” – no ai posti riservati, no agli interventi dei soloni locali, no all’eccesso di partitismo per andare incontro ai «problemi della gente» – in fondo non è così nuova.

LIRICA

E anche il finale si affida a un sempreverde: di Rocco Scotellaro Chiorazzo cita un verso di “Sempre nuova è l’alba”: «Ma nei sentieri non si torna indietro». Lirica immortale, autore eccelso. Ma non proprio una storia nuova.

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