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L'ex magistrato Alberto Iannuzzi

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Dopo la proposta di candidatura alle regionali in Basilicata, l’ex giudice Alberto Iannuzzi spiega il passo indietro, dovuto a «divergenze».


POTENZA – È stato l’accentuarsi delle «preesistenti divergenze» sulla designazione del candidato governatore del fronte progressista in costruzione sull’asse Pd-M5s a spingere l’ex presidente vicario della Corte d’appello di Potenza, Alberto Iannuzzi, a ritirare la sua disponibilità alla candidatura. Mentre era in corso la burrascosa riunione della direzione regionale del Partito democratico conclusasi con la “cacciata” degli emissari di Elly Schlein, che si opponevano a una nuova dichiarazione di sostegno «senza se e senza ma» alla candidatura del re delle coop bianche lucane, Angelo Chiorazzo. Già bocciata dalla maggior parte dei possibili alleati.

Lo ha voluto mettere in chiaro, ieri in una nota diffusa alla stampa, lo stesso Iannuzzi. Dopo giorni di ricostruzioni tendenziose rivolte a mettere in discussione persino la disponibilità inizialmente offerta ai referenti regionali del Movimento 5 stelle, che erano in cerca di nomi da proporre ai possibili alleati per la guida della nascente coalizione. Con una chiosa, in risposta a una domanda rivoltagli del Quotidiano del Sud, su cosa farebbe adesso quell’offerta gli fosse riproposta.
«Non mi sentirei di dare una disponibilità». Ha dichiarato l’ex magistrato. «Mi occorrerebbe tempo per capire, non avendo mai fatto politica in precedenza. E non vorrei che la mia candidatura possa apparire come una trovata dell’ultimo momento. Non ho garanzie anche per quanto riguarda la coesione della coalizione di centrosinistra. E non c’è stato modo di avviare una discussione sul programma che è importante. Questi tempi ristretti non mi consentono di fare una valutazione compiuta delle condizioni per potermi candidare».

«Sin dall’inizio – così Iannuzzi nella sua nota -, pur dando la mia disponibilità ad iniziare un dialogo, all’interno di un percorso volto a verificare l’esistenza delle condizioni. Affinché detta possibilità si concretizzasse in una candidatura, essendo io pienamente consapevole delle difficoltà del percorso e della gravosità dell’impegno che avrei dovuto assumere, ho posto, quale condizione pregiudiziale imprescindibile, la condivisione della mia candidatura da parte di tutta la coalizione, all’interno di un programma di rinnovamento. Un programma in grado di dare una risposta fattiva ai problemi della collettività regionale. In particolare delle fasce deboli, al fine di assicurare a tutti i cittadini i diritti ed i servizi essenziali in materia di sanità, lavoro, ambiente, con una particolare attenzione ai problemi dei giovani. A tal fine ho rappresentato l’esigenza che la mia eventuale candidatura fosse espressione di un’istanza proveniente dalla società civile e non fosse percepita come espressione di una parte politica».

«Purtroppo – prosegue l’ex presidente vicario della Corte d’appello di Potenza – ho dovuto constatare che, sin dal momento in cui è uscito sulla stampa il mio nome, si sono accentuate alcune preesistenti divergenze proprio sulla individuazione del candidato presidente all’interno dello schieramento politico che avrebbe dovuto condividere la mia disponibilità a candidarmi. In particolare, in occasione della direzione regionale del Pd di sabato scorso tale divergenza a me è apparsa difficilmente colmabile e di rilevanza tale da rendere difficile la possibilità di condurre in tempi ragionevole ad un programma condiviso intorno alla mia candidatura».

Sempre in relazione alle regionali in Basilicata, l’ex giudice Iannuzzi ha colto l’occasione per ringraziare, nuovamente, i sottoscrittori dell’appello a prima firma di Gildo Claps, fratello di Elisa e fondatore dell’associazione Penelope, «che, cogliendo la mia disponibilità a mettermi al servizio dei cittadini ed evidenziando la credibilità del mio impegno, hanno inteso sostenere la mia possibile candidatura». Più tanti altri che «hanno condiviso e sostenuto spontaneamente la mia possibile candidatura».
Quindi ha voluto precisare quanto dichiarato in occasione del passo indietro compiuto, su una possibile incandidabilità per effetto dei divieti introdotti con la riforma Cartabia. Tesi rilanciata, a Un giorno da pecora, su Radio1, dallo stesso Chiorazzo. «Trattandosi di una normativa recente, in relazione alla quale non ho rinvenuto precedenti specifici della giurisprudenza amministrativa, la questione è ancora aperta e piuttosto controversa». Ha spiegato l’ex presidente vicario della Corte d’appello.

«A tal riguardo, occorre considerare che dal 1 marzo scorso io sono in pensione, essendo stato collocato in quiescenza. Vale a dire che sono ormai un ex magistrato, vale a dire un cittadino libero da vincoli di appartenenza all’ordine giudiziario. Pertanto, la norma contenuta nella legge Cartabia, che stabilisce l’ineleggibilità dei magistrati, e quindi il divieto di candidarsi per ricoprire alcune cariche elettive, tra le quali, quella di presidente della giunta regionale, entro tre anni dalla cessazione del servizio, sembrerebbe che non trovi applicazione nei confronti dei magistrati in quiescenza, come me, dal momento che richiede, ai fini della operatività della limitazione all’esercizio del diritto, costituzionalmente garantito, all’elettorato passivo, il possesso, al momento in cui si candida, della qualità di magistrato».

«Tuttavia – ha proseguito l’ex giudice Iannuzzi – ragioni di prudenza, legate al rischio che il recepimento di una diversa ed estensiva applicazione della norma anche agli ex magistrati, vanificasse la mia candidatura, con effetti deleteri sull’esito elettorale non solo della coalizione ma dell’intero governo regionale, in uno con il venir meno della condizione politica primaria sopra esplicitata, mi hanno indotto a declinare l’invito a candidarmi».

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