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Vito Bardi in Consiglio regionale

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POTENZA – Via dalla presidenza della commissione Sanità del parlamentino lucano, la quarta, Massimo Zullino, ormai uscito dalla maggioranza sebbene ancora iscritto al gruppo consiliare della Lega. Dovrebbe restare a un esponente delle opposizioni, invece, la guida della seconda, Bilancio e programmazione. Solo che a sceglierlo, rompendo una prassi che dura da sempre, potrebbe essere la stessa maggioranza. Con la conferma del renziano Luca Braia, nonostante l’avversione dichiarata del resto delle minoranze. Per il soccorso prestato di recente in aula al governatore Vito Bardi.

Sono questi i movimenti che si vanno delineando in vista delle sedute delle 4 commissioni del Consiglio regionale, convocate domani per il rinnovo delle rispettive presidenze. Un provvedimento, quest’ultimo, atteso da oltre un anno, quando sono scaduti i mandati di presidenti, vicepresidenti e segretari di commissione uscenti, eppure rinviato di mese in mese. Prima a causa dello stallo sul rinnovo dell’ufficio di presidenza del Consiglio, sciolto soltanto a maggio, e poi per mancanza di un accordo tra i partiti. In primis della maggioranza.

A meno di sorprese, il voto previsto dovrebbe essere rinviato ancora una volta, sebbene soltanto di qualche giorno, data una richiesta in questo senso trasmessa venerdì della coalizioni uscita vincitrice dalle elezioni regionali del 2019 al presidente del Consiglio, il leghista Carmine Cicala.

I nodi da sciogliere, ad ogni modo, sono ormai evidenti. Dando per scontata la conferma alla guida della prima commissione, Affari istituzionali, del capogruppo del Carroccio Pasquale Cariello, come pure del coordinatore di Fratelli d’Italia, Piergiorgio Quarto, alla guida della terza, intitolata ad “Attività produttive, territorio, ambiente”. A tenere banco nella maggioranza, in particolare, c’è la ridefinizione degli equilibri interni, dopo l’addio ai salviniani annunciato da Zullino e Giovanni Vizziello, che ridurrebbe da 5 a 3 la composizione del relativo gruppo consiliare.

Per formalizzarlo, in realtà, i due ex dissidenti avrebbero acconsentito ad attendere il 1 gennaio, per evitare problemi di natura economica al personale dipendente dal gruppo. Dal punto di vista politico, tuttavia, lo strappo si è compiuto, e la Lega, che a inizio legislatura poteva contare su 6 dei 12 consiglieri eletti nelle liste che sostenevano la candidatura di Vito Bardi, avrebbe difficoltà a rivendicare la presidenza della quarta commissione per Gianuario Aliandro, oltre alla conferma alla prima di Cariello, di fronte alle aspirazioni di altri esponenti della maggioranza come Vincenzo Baldassarre e Dina Sileo. Tanto più che a ridurre ulteriormente la composizione del gruppo leghista potrebbe intervenire un chiarimento sulla collocazione politica dello stesso Cicala, assentatosi da riunioni e attività di partito dal passaggio con i meloniani del fratello Amedeo, sindaco di Viggiano.

Altrettanto complessa la partita per la seconda commissione, dove il presidente uscente, Braia, punterebbe alla conferma ma deve fare i conti con una serie di circostanze. Rispetto a 3 anni fa, d’altronde, lo scenario politico è cambiato non poco. All’epoca non esistevano i renziani e lui e Mario Polese ottennero, rispettivamente, la presidenza della Commissione e la vicepresidenza del Consiglio in quanto espressione di un unico partito, il Pd, che controllava 5 degli 8 voti di minoranza.

Oggi, invece, i voti a disposizione della minoranza sono 10 e il Pd può contare sul solo Roberto Cifarelli. Poi ci sono: il duo renziano Braia-Polese; quello composto dall’ex governatore Marcello Pittella, transitato in Azione, e l’ex candidato governatore Carlo Trerotola; quello degli ex leghisti Zullino e Vizziello; e quello dei pentastellati Gianni Leggieri e Gianni Perrino. Più un indipendente come l’ex M5s, Gino Giorgetti, appena rientrato tra i banchi del Consiglio dopo un’annosa disputa giudiziaria sull’assegnazione del suo seggio tra Tar e Consiglio di Stato.

Data la recente conferma di Polese e Leggieri nell’ufficio di presidenza del Consiglio, insomma, parrebbero ridotte al minimo le chance di un secondo mandato per Braia o di una nomina di Perrino. Anche se in caso di mancato accordo nella minoranza, su uno degli altri nomi, la maggioranza sarebbe pronta a ricompensare il renziano per lo spirito di responsabilità mostrato nelle ultime sedute del parlamentino lucano. Aiutandola a mantenere il numero legale in aula nonostante impedimenti giudiziari e defezioni tra i suoi.

Al momento del voto, quindi, i fedelissimi del governatore sarebbero pronti a esprimersi per Braia, accantonando la prassi l’astensione per permettere alla minoranza di auto-determinarsi rispetto alla conduzione di quella che un tempo era definita la commissione di controllo per antonomasia sull’operato dell’amministrazione regionale. E per questo veniva sempre affidata all’opposizione.

Tra i sostenitori del governatore si ragiona anche di un’urgenza contingente che giustificherebbe il superamento della prassi in questione. A stretto giro, infatti, ci sarebbe da approvare il bilancio previsionale della Regione, e per questo servirebbe che le commissioni siano pienamente operative. In caso contrario il rischio sarebbe una stretta alla spesa regionale che potrebbe compromettere, tra l’altro, l’erogazione del bonus gas alle famiglie lucane. Un provvedimento bandiera, oltre che un oggettivo sollievo per le tasche dei cittadini, che l’amministrazione parrebbe determinata a difendere a ogni costo.

Agli incarichi all’interno delle 4 commissioni consiliari, come pure nell’ufficio di presidenza del Consiglio e in giunta, sono collegate le indennità di funzione riconosciute ai consiglieri regionali. Un membro del parlamentino lucano senza incarichi, infatti, non riceve nemmeno un euro di indennità di funzione oltre ai 5.940 euro di indennità di carica “ base”, a differenza di un segretario di commissione (240 euro al mese lorde), un vicepresidente di commissione (405 euro), e un presidente di commissione (810 euro). La stessa indennità di funzione del presidente di una commissione è riconosciuta anche ai due segretari dell’ufficio di presidenza del Consiglio, e ai capigruppo. A salire ci sono le indennità riconosciute ad assessori e vicepresidenti del Consiglio (1.215 euro), al vicepresidente della giunta (1.350 euro) e ai presidenti di giunta e Consiglio (2.430 euro).

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