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Le parrocchie lucane

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I vescovi delle diocesi della Basilicata scrivo al governatore Vito Bardi per chiedere l’estensione alle parrocchie del bonus gas

POTENZA – Estendere lo sconto sulle bollette del gas alle 274 parrocchie lucane. Tutte in crescenti difficoltà economiche a causa del caro prezzi e del crollo delle offerte dei fedeli seguìto alla comparsa del covid 19.

È questa la richiesta indirizzata nelle scorse settimane al governatore Vito Bardi in un’accorata lettera dei vescovi delle 6 diocesi lucane: Antonio Caiazzo (Matera-Irsina); Ciro Fanelli (Melfi); Giovanni Intini (Tricarico); Salvatore Ligorio (Potenza -Muro Lucano -Marsico Nuovo); Vincenzo Orofino (Tursi-Lagonegro); e Francesco Sirufo (Acerenza).

I 6 monsignori hanno fatto riferimento alla legge approvata lo scorso agosto dal parlamentino lucano, e intitolata “Misure regionali di compensazione ambientale per la transizione energetica e ripopolamento del territorio lucano”.

Al suo interno, infatti, si istituisce un contributo sulle bollette delle «utenze domestiche dei residenti nella Regione Basilicata», e «delle pubbliche amministrazioni regionali, esclusi gli enti pubblici economici e le società partecipate, e degli enti locali regionali». Lasciando “a secco” imprese, attività commerciali, uffici, e quant’altro. Inclusa la più ampia categoria delle strutture ecclesiastiche in cui rientrano i 1.006 «edifici di culto» censiti in Basilicata da www.chiesacattolica.it, sito ufficiale della Conferenza episcopale italiana.

I VESCOVI DELLA BASILICATA CHIEDONO A BARDI L’ESTENSIONE ALLE PARROCCHIE DEL BONUS GAS

Contattato dal Quotidiano del Sud, il direttore delle Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale della Basilicata, don Giuseppe Abate, ha tenuto a precisare che la richiesta indirizzata al governatore non fa riferimento a tutti e 1.006 gli «edifici di culto» censiti, ma soltanto alle 274 parrocchie enumerate dal portale “BeWeB – Beni Ecclesiastici in web”, dell’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei. Quindi chiese e locali annessi come oratori e aule adibite al catechesi dei fedeli.

Non avrebbero considerato, invece, strutture diverse, che pure fanno parte dell’ingente patrimonio immobiliare della chiesa in Basilicata, e risultano adibite agli usi più disparati. Come il complesso del Seminario maggiore interdiocesano di Potenza, che ospita anche un albergo molto quotato per la posizione, la disponibilità di parcheggi e il rapporto qualità-prezzo. O quello dell’istituto Principe di Piemonte, sempre a Potenza, dove sono presenti, tra l’altro, un cinema, palestre, sale convegni e diversi campi sportivi noleggiabili senza difficoltà.

«Abbiamo comunicato al presidente della giunta regionale soltanto le utenze delle parrocchie con i relativi codici identificativi». Ha assicurato don Abate. «Così in Regione possono fare tutte le verifiche del caso. Non abbiamo indicato le strutture che hanno altri introiti».

A QUANTO AMMONTANO LE BOLLETTE DELLE PARROCCHIE

Quanto all’entità delle bollette in questione, il direttore delle comunicazioni della Conferenza episcopale lucana ha spiegato che si tratta si cifre superiori a quelle di una famiglia media, ma non troppo. «Perché nelle parrocchie il riscaldamento viene acceso solo negli orari in cui vengono frequentate. Non per tutta la giornata».

«Noi continuiamo a fare attività – ha aggiunto ancora don Abate – ma le offerte sono decisamente calate dopo il covid. Abbiamo continuato a pagare le bollette anche durante la pandemia. Quando in chiesa non veniva nessuno e le offerte si sono azzerate. Se non fosse stato per il contributo ricevuto dalla Conferenza episcopale italiana non ce l’avremmo fatta».

A oggi, insomma, i soli all’interno della chiesa lucana a godere, legittimamente, del bonus gas sarebbero i singoli sacerdoti intestatari delle utenze gas delle canoniche in cui hanno fissato la loro residenza. D’altronde la piattaforma telematica per richiedere lo sgravio della componente “di consumo” delle bollette necessita della presenza di una fornitura di gas e della corrispondenza tra il suo titolare e una persona fisica residente nei locali raggiunti da quella fornitura. Requisiti evidentemente impossibili da soddisfare nel caso di oratori, e ancor più chiese e aule sacre, per i quali per altro la semplice idea di una persona fisica residente rasenterebbe la blasfemia. A meno dell’auspicato “miracolo laico” del governatore.

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