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Una protesta per la sanità in Basilicata

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C’è il “buco” nei conti della sanità lucana e lo spettro di un piano di rientro “lacrime e sangue” al centro del nuovo consiglio regionale


POTENZA – C’è il “buco” nei conti della sanità lucana e lo spettro di un piano di rientro “lacrime e sangue” al centro del primo botta e risposta della legislatura regionale appena iniziata tra i consiglieri di minoranza neo-eletti e il governatore Vito Bardi. Ieri a riproporre il tema, a meno di 48 ore di distanza dalla conferenza stampa convocata a Potenza da 7 degli 8 nei-consiglieri, è stato Angelo Chiorazzo. Dopo le richieste di chiarimenti arrivate anche dai consiglieri di Pd e M5s, però, via Verrastro ha deciso di rompere il silenzio e fornire la sua versione dei fatti. Liquidando il tutto come un allarme ingiustificato, sia per l’entità minima del “buco” in questione, che non supererebbe i 50 milioni di euro, sia per le misure già adottate per coprirlo.

La denuncia di Chiorazzo ha riguardato, in particolare, le perplessità che espresse da non meglio precisati «tecnici nazionali» proprio rispetto alle misure approntate per far fronte al disavanzo nei bilanci delle aziende sanitarie lucane. Misure inserite in una serie di delibere adottate, da ultimo, il 30 aprile. Allo scadere del termine che la legge concede alle regioni per adottare in via ordinaria «i necessari provvedimenti di copertura» dei disavanzi di gestione dell’anno precedente. La stessa legge, infatti, prevede che a partire dal 1 maggio il presidente della giunta provveda senza consultare più l’assessore al ramo e gli altri componenti dell’esecutivo regionale. Assumendo il ruolo di commissario ad acta .

BUCO NELLA SANITÀ LUCANA, L’AFFONDO DI CHIORAZZO

Di qui l’affondo dell’esponente di Basilicata casa comune che ha parlato di un «governo amico (…) costretto a commissariare la sanità lucana, pur nominando lo stesso presidente di Regione commissario». E di un contrasto con «i tecnici nazionali» sull’utilizzo a copertura del disavanzo di 50 milioni di euro versati alla Regione dalle compagnie petrolifere a titolo di compensazione ambientale per le estrazioni in Val d’Agri. In dubbio, sempre a detta di Chiorazzo, ci sarebbe il fatto «che i fondi delle compensazioni, che maturerebbero in futuro, possano essere considerati “liquidi ed esigibili” come prevedono le norme». Per questo, a detta del neo-consigliere, il governatore starebbe «compulsando le compagnie petrolifere perché si prestino ad effettuare bonifici in anticipo, esponendosi alla richiesta di chissà quali contropartite».

Perentoria la replica arrivata, ieri in serata, dal Dipartimento salute della Regione, che ha parlato di «errate considerazioni da parte di determinate forze politiche». «La nomina a “commissario ad acta” del presidente Bardi è una nomina che scaturisce ope legis ai sensi dell’articolo 1 comma 174 della legge numero 311 del 2004 e non già da parte del governo». Così da via Verrastro hanno voluto smentire un atto di sfiducia della premier Giorgia Meloni nei confronti del governatore appena rieletto.

LA RISPOSTA DEL DIPARTIMENTO SALUTE DELLA REGIONE

Quanto alla situazione dei conti e del buco in sanità nel complesso, dal Dipartimento hanno evidenziato che «la Regione Basilicata non è in piano di rientro e non è stata commissariata per predisporre un piano di rientro, ma solo per trovare copertura alle spese ordinarie in quanto il disavanzo che è stato accertato dal tavolo adempimenti del Ministero economia e finanza è inferiore alla soglia del 4,5% del bilancio regionale». «Si tratta infatti – si legge ancora nella nota diffusa ieri in serata – di una nomina prevista per legge che ha l’unica finalità di conferire i poteri al Commissario nella persona del Presidente della Regione per consentirgli con un decreto ad acta di coprire le spese che sono ordinarie».

La più ampia rassicurazione, insomma, rispetto a quanto previsto dalla legge laddove il presidente di una regione con un “buco” nei conti della sanità, dopo essere stato nominato commissario ad acta, non riuscisse a trovare le coperture finanziarie necessarie. Perché a quel punto scatterebbe l’obbligo di predisporre un piano di risanamento dello stesso buco in sanità «di durata non superiore al triennio», da elaborare «con l’ausilio dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas)».

LA STRUTTURA DEL PIANO

Piano che deve contenere «le misure di riequilibrio sia sotto il profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza sia delle misure per garantire l’equilibrio di bilancio sanitario in ciascuno degli anni compresi nel piano stesso». Con tutta una serie di conseguenze automatiche come l’aumento dello 0,15% dell’imposta sui redditi delle imprese (Irap) e del 0,30% di quella sui redditi delle persone (Irpef), più il blocco automatico delle assunzioni e il divieto per di effettuare spese non obbligatorie, per le aziende sanitarie. Ma anche il rischio di un commissariamento vero, con la nomina di un esperto di «qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria» a fronte di un’inadempienza del governatore-commissario ad acta rispetto alla redazione del piano di rientro in questione, o alla sua concreta attuazione.

«Il presidente Bardi – conclude la nota di via Verrastro – nella sua funzione di commissario ad acta, ha tempo fino al 30 maggio per individuare le somme e porvi copertura con fondi peraltro già individuati ed impegnati. Proprio perché si tratta di un “commissario ad acta”, posto questo unico atto, cesserà le sue funzioni e tutto tornerà nell’ordinaria amministrazione».

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