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POTENZA – Il macchinario per la radioterapia venduto nel 2016 al San Carlo di Potenza per 2.231.868 euro era stato effettivamente già utilizzato in una clinica «in Svezia». Proprio come rilevato anche dall’azienda ospedaliera, che nel 2018 ha avviato la risoluzione del relativo contratto, da quasi 9 milioni di euro in 8 anni, che prevedeva il passaggio di proprietà del macchinario, nuovo, e il suo impiego da parte di personale specializzato messo a disposizione dalla ditta appaltatrice.


E’ quanto emerge dall’esito dell’inchiesta aperta, all’epoca, dalla procura di Potenza, che ieri ha portato al sequestro di 529.400 euro nei confronti della Foralì srl di Parma, del suo attuale legale rappresentante, il parmigiano Carlo Quinto Degano, e degli ex Ignazio (79) e Stefano (49) Alì, entrambi di Catania.
Nei loro confronti le accuse sono di truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e falsità ideologica.


Stando a quanto accertato dai carabinieri del Nas, da capitolato di gara, l’acceleratore lineare sarebbe dovuto essere «di ultima generazione», oltre che nuovo. Quello installato e tuttora in funzione a Potenza, invece, sarebbe stato datato 2008. I 529mila euro sequestrati, quindi, sarebbero la «differenza tra la somma pagata dalla Foralì per l’acquisto del sistema usato e quanto liquidato dall’azienda ospedaliera».


La direzione del San Carlo, contattata dal Quotidiano del Sud, ha comunque rassicurato sull’efficienza del macchinario che è identico a quello utilizzato in numerosi altri ospedali, e ha confermato la pendenza del contenzioso davanti al Tribunale di Potenza sulla risoluzione del contratto con Foralì.


Ieri sulla vicenda è intervenuto anche il segretario regionale della Cgil, Angelo Summa, ricordando i rilievi formulati fin da principio sull’affidamento all’esterno della radioterapia del San Carlo. Quanto accaduto, dunque, sarebbe solo «l’ennesima testimonianza di quanto il sistema sanitario lucano abbia bisogno di trasparenza e legalità».
l.a.

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