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MELFI – Lo scriviamo subito a scanso di ogni equivoco: Pierpaolo Festa deve rispondere per quanto ha fatto in un tribunale italiano. Ma la sua vicenda ha un altro risvolto. E da quasi un mese (il 13 settembre è la data dell’arresto in Germania) che è in un carcere straniero. In questo lasso di tempo ha potuto vedere fugacemente solo i genitori (una ventina di minuti in tutto e separati da un vetro) poi solo qualche telefonata e basta. Solo, in un carcere straniero, in una cella con un marocchino.

Lo avevamo scritto in tempi non sospetti che ci sarebbe voluto del tempo prima che il trentenne accusato di aver investito due bambini e poi essere scappato senza prestare soccorso, potesse far ritorno in Italia. Il pubblico ministero che sta indagando sull’accaduto Antonella Mariniello da giorni ha proceduto a chiedere l’estradizione alle autorità tedesche. Ma nonostante siano passati diversi giorni, ancora non è arrivata nessuna risposta. Di sicuro non è arrivata ai familiari del ragazzo.

Da quanto si è potuto apprendere si starebbe attendendo l’ok dal Ministero della Giustizia tedesco. Certo poi dovrà essere stabilito il “come” verrà rilasciato: da uomo libero, ai domiciliari o in un carcere italiano? Tutte problematiche che saranno affrontate quando arriverà l’ok per l’estradizione. L’accaduto ha suscitato molto clamore nella comunità melfitana. Soprattutto perché le persone investite erano bambini (un fratello e una sorella).

Il presunto investitore avrebbe giustificato la fuga con la paura della reazione della gente. Per questo sarebbe scappato, viaggiando tutta la notte, prima di essere fermato dalla polizia tedesca il 13 agosto nella tarda mattinata prima di Monaco di Baviera. L’auto del ragazzo – una Peugeout 207 grigia – quando è stato fermato, portava ancora i segni dell’impatto e gli agenti tedeschi hanno trovato tracce ematiche e peluria che presumibilmente sono riconducibili all’incidente. Inoltre sottoposto all’alcol test, i suoi valori sarebbero oltre quelli previsti dalla legge.

Questo ovviamente non vuol dire che al momento dell’impatto, il trentenne fosse ubriaco. Di certo avrebbe viaggiato tutta la notte con il telefono spento. Dietro il fermo del ragazzo c’è stato un grande lavoro di intelligence nel segno della sinergia tra gli agenti del commissariato e quelli della compagnia dei carabinieri di Melfi. Diversi testimoni sono stati ascoltate, ma soprattutto sono state visionate innumerevoli telecamere private poste nell’area di via Foggia. Determinante ai fini dell’individuazione dell’auto è stato quello installato presso la locale Caserma dei Carabinieri.

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