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POTENZA – C’è anche la ‘ndrangheta nell’ultima inchiesta della mobile di Potenza sui traffici di droga sull’asse Melfi-Pignola: un’iscrizione “illustre” nel registro degli indagati che rimanda all’antica alleanza tra il clan “del castello” e la mala di Siderno, che avrebbe architettato anche un piano per uccidere il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri.
Antonio Stefano è accusato di spaccio di cocaina assieme a Massimo Cassotta, Dario D’Amato, Michele Morelli, Giuseppe Caggiano, Giovanni Battista Ardoino e due collaboratori di giustizia: Alessandro D’Amato e Saverio Loconsolo.
Sono stati proprio loro a fare il suo nome con gli investigatori della Dda di Potenza svelando il canale che dalla Locride portava la cocaina in Basilicata.
“L’andavamo a prendere a Siderno la cocaina!” Ha raccontato D’Amato ad agosto del 2010. “E andavamo da Macrì. Io andavo prima… per incontrare Macrì, andavamo prima in un pescivendolo che sarebbe il cugino di questi Macrì, si chiamava Antonio (ndr, Antonio Stefano) ci prelevava da là e ci portava a casa sua”.
Loconsolo, che di viaggi ne ha fatto qualcuno in più, è stato più preciso, anche sui rapporti tra i pignolesi di Saverio Riviezzi e i melfitani Cassotta, e tra questi e i calabresi: “Tra Riviezzi e Cassotta vi era un rapporto di fratellanza. Riviezzi era nella mia copiata mentre i Macrì di Siderno facevano parte della copiata dei Cassotta”. In altri termini Riviezzi era uno dei suoi padrini, e Macrì un padrino dei suoi padrini.
“In merito alla droga gestita dal clan Cassotta – ha spiegato agli inquirenti a luglio dell’anno scorso – devo dire che la droga trattata era prevalentemente cocaina e che il principale fornitore era il clan Macrì di Siderno in base a trattative iniziate da Marco Ugo (…) Io andavo a prendere la droga da Antonio Stefano. Di solito mi recavo a casa sua e quando lo trovavo andavo presso la pescheria gestito dallo Stefano in società con Giuseppe Coluccio”.
Poi c’era un altro fornitore di Gioiosa Ionica “tale Lorenzo Loccisano”, che era stato a sua volta “indicato da Macrì”.
Ma chi sono Antonio Stefano e Giuseppe Coluccio? D’Amato parla del primo come “un cugino di Macrì”, ma le cronache lo ricordano come genero del defunto boss, Vincenzo Macrì, nipote ed erede di “u zzi ‘Ntoni”, capobastone dell’omonima cosca, e padrino del “Siderno group”, una maxi-‘ndrina attiva tra Canada e Australia.
Mentre Giuseppe Coluccio, di Marina di Gioiosa Ionica è considerato il capo di una cosca che per anni ha trafficato coca dalla Colombia attraverso i porti del Venezuela ed è stato arrestato a Toronto nel 2008.
Stefano avrebbe fatto da “cardine” tra il gruppo del suocero e quello di Coluccio. Nel 2012 per effetto di una condanna definitiva per mafia gli sono stati confiscati beni per un valore stimato di oltre 2 milioni di euro, inclusa una “villa hollywoodiana” da 2mila metri quadri, a Siderno, che al catasto risultava inesistente.

l.amato@luedi.it

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