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La Questura di Potenza

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POTENZA – «Una mafia diversa… una mafia lucana», ma pur sempre una «mafia». Era questa l’immagine del sistema di potere costruito dall’ex sindaco di Ruoti, Angelo Salinardi muovendosi tra la politica del suo piccolo comune di origine, e gli affari nell’indotto dei principali stabilimenti di auto italiani: Melfi, Cassino e Torino.

A svelarlo è una conversazione registrata sul telefono del segretario regionale Uilm, Marco Lomio, dipendente dello stabilimento Stellantis di San Nicola di Melfi, mentre parla con una collega. Una conversazione che a detta del gip Antonello Amodeo: «lascia intendere in modo piuttosto efficace quale sia il ruolo e il potere che Angelo Salinardi esercita di fatto, mediante il ricorso sistematico e organizzato ai suddetti mezzi illeciti nei confronti delle persone che con lui hanno a che fare nel settore sia economico-imprenditoriale che politico-amministrativo».

Tutto sarebbe nato dalla preoccupazione di Lomio per le indagini in corso, dopo l’assunzione della moglie in alcune delle ditte controllate da Salinardi, alcuni presunti «regali» ricevuti. Per questo viene messo in guardia dalla collega rispetto all’idea di chiedere proprio all’ex sindaco di Ruoti di aiutarlo a reperire delle mascherine.

«Però diciamo che adesso è l’unico che ci sta risolvendo i cazzo di problemi», protesta allora Lomio. Sicché la collega rintuzza. «È così… allora perchè la Mafia prende potere, perché la Mafia veramente ti risolve i problemi in 4 e 4… 8». Un’affermazione a cui Lomio avrebbe replicato difendendo l’ex sindaco («va bene ma Salinardi non è mafioso»), prima di convenire sulla declinazione lucana del termine.

«Il quadro che ne emerge – chiosa allora il gip – e quello di un sistema illecito che ruota intorno al Salinardi, pronto ad affrontare e risolvere in modo sbrigativo “problemi” politico-economici al posto delle istituzioni, mediante strumenti che si pongono ben al di fuori dagli schemi legali (tanto che viene paragonato dagli interlocutori al sistema mafioso)».

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